Der Steppenwolf

Cario Alianello - L ’alfiere


 "Le fucilate cominciarono subito. I Cacciatori, che s'erano sparpagliati a catena fra i sassi e le stoppie, avevano aperto il fuoco contro quel formicolar d'uomini, lassù, dall'altro lato del vallone, e tiravan calmi, a comando, dopo la prima scarica troppo precipitosa."  Il romanzo segue le vicissitudini di Pino Lancia, alfiere nell'esercito Borbonico, dalla battaglia di Calatafimi 15 maggio 1860, contro le camicie rosse sbarcate in Sicilia fino alla caduta di Gaeta 13 febbraio 1861, data che segna la  fine del Regno delle Due Sicilie  ad opera dell'esercito Sabaudo.La spedizione dei Mille sbarca in Sicilia e risale lo stivale senza molte difficoltà benché il rapporto di forze sia decisamente a favore dei borbonici, viene messa in evidenza la scarsa volontà di resistere, l'inaffidabilità dei generali borbonici, e il frequente tradimento da essi perpetuato. L'alfiere Lancia, duro e puro, anche se liberale nell'animo, rimarrà fedele al giuramento fatto al suo re Francesco II di Borbone, sino alla fine, a dispetto di ogni convenienza, coerente oltre l'immaginazione. La storia si dipana tra guerra e amore, il nostro eroe vive altre distinte storie che ci accompagnano insieme a personaggi vari e diversi che danno vita ad una commedia umana intensa e sorprendente, un giovane francescano che lasciato il convento per unirsi a Garibaldi si ritrova a servire come tenente nelle file borboniche, un  camorrista che resta leale ad oltranza, uomini coraggiosi e uomini pavidi schierati da entrambe le parti. Perché se la guerra la "fanno" i "Re", a combattere sono gli uomini, e gli uomini trascendono spesso il colore che vestono. "Chi è il nemico vero del mio paese?" pensava Pino. "Garibaldi e i piemontesi che vengono di fuori e a tutti i costi ci vogliono regalare questa benedetta libertà, che chi sa che gli pare e il mondo resterà sempre quello che è, o quelli che ci hanno governati sino a ora e han voluto, pei loro fini, e han tollerato il sopruso, il raggiro, la corruzione? E si procede vedendo il regno delle due Sicilie disfarsi e  nascere l'Italia. Anche in questo romanzo, Alianello ci racconta "l'unificazione". Classico dalla prospettiva poco noto  dei "vinti", dei "traditi", di quelli che non sapevano che farsene di quella "libertà" che Garibaldi voleva portare e di quelli che in essa speravano, sognando qualcosa che non era, perché non si è mai contenti e si spera sempre in qualcosa di migliore, così anche nel "Meridione" c'era chi sognava  l'Italia. Il romanzo si ferma alla resa di Gaeta, e poco indaga su quanto succederà nel '61 e sul brigantaggio, come non dà molto rilievo al contesto internazionale. "Far carriera! Eccola la parola magica! Questo è il verbum di tutti noi, signori ufficiali... E anche voi, anche voi, caro Pino, a vostro tempo!... Eppure no, ché mi sembrate un giovane onesto; ma la corruzione prenderà anche voi. Per forza. La carriera! In principio erat verbum e altro non c'è. Fa bisogno d'inchinarsi? Forza, a chi ha la schiena più elastica! C'è da finger di capire? Tutti sapientoni. C'è da finger di non capire? E tutti stan lì, idioti e soddisfatti. È la parte che sanno far meglio.»" Mostra in parte la debolezza del Re Francesco, incapace di organizzare  o di gestire una guerra che avrebbe dovuto vincere facilmente e la forza della Regina, che benché Austriaca di Nascita, forse è la più meridionalista! Viene a galla il senso profondamente religioso e cattolico dell'autore che spesso lascia spazio alle dissertazioni del frate francescano per esporre il suo pensiero. L'autore di origini lucane dedica spazio al paese della madre, Tito, ambientandovi parte della storia enarrandone alcune tradizioni! Ben scritto e molto avvincente è sicuramente un libro consigliato, sia per la sua qualità intrinseca che per quel poco di chiarezza che fa su un periodo oscuro della nostra storia.Nel 1956 la RAI ne ricavò una miniserie televisiva! "«Brutta cosa» disse, «figlio mio, nascere napoletani!» «E perché, papà?» «Perché siamo vecchi, figlio. Questo è un popolo vecchio: epperciò scettico, indulgente, pronto a transigere. Le grandi cose, le grandi virtù, gli ideali gli si son logorati fra le mani in tanti secoli e han perduto quel lustro, quel brillìo, quella certezza che attrae e fa smuovere la gente giovane. «Non c'è più una virtù vergine, qui da noi; e agli uomini noi non crediamo più. A nessuno. Ma li perdoniamo d'essere uomini, purché ci lascino ridere di loro. Non c'è rimasta che la fede in Dio, perché Dio è troppo alto lassù, non corruttibile. E anche questa i liberali ci vogliono togliere... maledetti fessi! Come potrà vivere questo popolo se non gli rimane una sola certezza? "