Der Steppenwolf

Antoine Volodine - Terminus radioso


  "E con quale obiettivo, in quale direzione, mi chiederai? Ora ti rispondo... Tutti abbiamo dei sogni. Anche in mezzo allo spazio oscuro, continuiamo a funzionare così, nella speranza e nel sogno... È il nostro destino di animali dotati di coscienza... Che ci piaccia o no... Prima della vita, ma soprattutto dopo, che lo vogliamo o no, avanziamo così, nel sogno... E in più, molto spesso siamo abitati dal sogno di un sogno..." Un libro difficile da definire, da incasellare, da ascrivere ad un genere, si potrebbe definirlo distopico, e sicuramente la realtà che ci propone va ben oltre ogni paura, qualcuno lo ha definito ucronico, perché altera la storia che ci racconta, l'autore lo appartenere al post-esotismo, io direi sicuramente surreale forse delirante, terribile e allo stesso tempo affascinante, certo non un romanzo da leggere per rilassarsi. "Continuavano ad avanzare, ma quando si stendevano in terra per passare la notte, si chiedevano se non fossero già morti. Se lo chiedevano sul serio. Non avevano elementi per riuscire a darsi una risposta." Ci troviamo in una Russia, o per meglio dire nella Seconda Unione Sovietica post-apocalittica, in un epoca indefinita, una immensa terra desolata, devastata dalle esplosioni nucleari, in cui la vita non sembra più è più quella che conosciamo, le regole che la governano non sono più quelle che dovrebbero governarla, la natura non sembra è più quella di una volta e addirittura il tempo non è più quello che conoscevamo. "Soldati e detenuti barcollano, e all'improvviso non sanno più se sono esausti, stregati, malati, o già deceduti. [...]. Alcuni di loro, malgrado il decesso, continuavano a stazionare in servizio attivo attorno ai contenitori, alle pompe e alle turbine, senza più lamentarsi per le atroci scottature, ma finendo per intralciare gli sforzi dei vivi." La condizione di vita e di morte, non è più definibile, il confine fra le due è infatti ormai più che sottile, è indefinibile; solo le piante prosperano inghiottendo tutto quello che trovano sul loro cammino, è impossibile tener traccia di tutte 'nuove'  le specie nate dopo il disastro. "Vassilissa Marachvili aveva vagato per qualche giorno con un gruppo di partigiani, poi la resistenza si era dispersa, poi si era spenta. Allora, insieme a due compagni di sventura - Kronauer e Iliuchenko -, era riuscita a evitare gli sbarramenti innalzati dai vincitori ed era entrata nei territori vuoti. Una ridicola recinzione ne vietava l'accesso. Lei l'aveva superata senza un brivido. Non sarebbe mai più tornata dall'altra parte. Era un'avventura senza ritorno, e loro, tutti e tre, lo sapevano. Si erano ficcati in quella situazione lucidamente, consapevoli di fare propria in tal modo la disperazione dell'Orbisa, di sprofondare insieme alla città nell'incubo finale." I tre soldati in fin di vita, avvelenati dalle radiazioni, affamati e assetati  si sono si avventurano nella steppa contaminata, dominata ormai da una natura pericolosa  e mutante. Vassilissa jn fin di vita ha bisogno di bere, così Kronauer, si allontana dal gruppo in cerca di acqua. "Certo, la radioattività l'aveva resa appena iridescente al buio, ma soprattutto aveva bloccato nelle sue carni il processo di invecchiamento e, stando a ciò che Nonna Udgul avvertiva nel profondo, l'aveva bloccato per sempre. Tali fenomeni non presentavano però soltanto dei vantaggi e, nello specifico, l'avevano segnalata all'attenzione delle autorità che le avevano chiesto numerose volte, e non senza irritazione, per quale motivo non si decideva a morire. Il Partito non riusciva ad accettare che lei rifiutasse di raggiungere i compagni di bonifica nella tomba. Si era dunque discusso di una nota di biasimo nei suoi confronti che, pur archiviata come assurda e addirittura odiosa, figurava ormai nel suo fascicolo e lo macchiava" Il suo vagare lo porterà infine ad approdare  in un "centro abitato", Terminus Radioso.Questo piccolissimo centro è il regno di due personaggi assolutamente fuori da ogni schema e da ogni logica, Nonna Udgul, vecchia eroina del partito, resa immortale dalle radiazioni,  per cui non si sa esattamente quanti anni possa avere, che presidia il sito in cui una pila atomica è sprofondata nel terreno e che alimenta l'intero villaggio, e Soloviei, uno sciamano dotato di strani poteri, come quello di riportare in vita le persone, di assumerne le sembianze, di leggerne i pensieri, e di trasformare la vita in sogno  o forse in incubo, e il sogno in vita, e che vede nel soldato Kronauer una possibile minaccia all'equilibrio del villaggio, inoltre è il padre della tre ragazza che li vivono, a cui il padre è legato e che pensa possano essere insidiate dal nuovo arrivato. "«E mi chiedi perché dovresti farmi del male?» riprese la figlia di Soloviei. «Beh, non vale neanche la pena di farmela, questa domanda. Tutti gli uomini cercano di fare del male alle donne. È la loro specialità». «La mia, no» si difese Kronauer. «È la loro ragion d'essere su questa terra» filosofeggiò la figlia di Soloviei. «Che lo vogliano o no, è quel che fanno. Dicono che è una cosa naturale. Non riescono a controllarsi. E come se non bastasse, lo chiamano amore»" In questo,  surreale, violento, visionario, il tempo perde i suoi ritmi e contorni, e  come i confini che separano la vita dalla morte non so più facilmente percettibili. Leggere questo romanzo è lasciarsi prendere dal delirio, scivolare sul surreale senza porsi troppe domande, o la dove volessimo porcele, chiederci se davvero  o se quando trasformeremo il nostro pianeta in questo modo. Già perché questa distopia allucinante, ci distrae in tanti modi dall'assunto di partenza, abbiamo distrutto il mondo.  Nonostante tutto, la scrittura coinvolge, la trama cattura, anche se non ha un procedimento sempre lineare, se si cerca la chiarezza, beh, si resterà confusi, ma se si ama il genere se le distopie ci affascinano e una scrittura visionaria ci coinvolge, allora è consigliatissimo! "Adesso Schulhoff e Kronauer aspettavano la sera, o l'inverno. Ma né la sera né l'inverno sopraggiungevano.«T'ha cavato un occhio» disse Kronauer.«Ma chi?».«Il corvo» disse Kronauer.«Ah, era lui» fece Schulhoff. «Pensavo fossi tu».«Ah no» negò Kronauer.La sua voce era malferma. Non sapeva bene. Bofonchiò un altro diniego.«Tu o lui, poco importa» disse Schulhoff. «Al punto in cui siamo».«Mi seccherebbe se pensassi che sono stato io» disse Kronauer.«Non penso niente» disse Schulhoff. «Aspetto la fine». "