Der Steppenwolf

Didò Sotiríu - Addio Anatolia


     "    "La figura di Manolis Axiotis, il narratore del libro, simboleggia il contadino dell'Asia Minore arruolato nei battaglioni di lavoro durante la guerra del 1914-18, che in seguito ha vestito la divisa dell'esercito greco, e che ha assistito alla catastrofe del suo popolo, che ha vissuto la prigionia e la vita difficile del profugo, che per quarant'anni ha lavorato come portuale e sindacalista, e che infine ha combattuto nella Resistenza.    Un giorno è venuto a trovarmi e mi ha consegnato un quaderno con le sue memorie. Da quando era andato in pensione, si era messo a riportare, con la sua scrittura incerta, gli eventi di cui era stato protagonista negli ultimi sessant'anni.    Sono stati testimoni oculari come lui a offrirmi il materiale necessario a scrivere questo romanzo. A guidarmi è stata soltanto la volontà di ricostruire un mondo perduto per sempre. Affinché i vecchi non dimentichino e i giovani possano valutare rettamente. I tesori del popolo scompaiono o vengono imbalsamati negli archivi storici. "Gli occhi dei morti non versano lacrime", recita un proverbio dell'Asia Minore."Didò Sotiríu Questo è quanto ci racconta Didò Sotiríu  nell'introduzione alla prima edizione di questo romanzo  che facendo scoprire un pezzetto di storia che per quanto vicina, a noi è sconosciuta.La vicenda ha inizio nei primi anni del '900, dove la voce narrante, Manolis Axiotis,  comincia a raccontarci della sua infanzia, della sua numerosa famiglia e dello stile di vita che conducevano nel suo paese natale. "Fino all'età di sedici anni non sapevo che cosa volesse dire portare un paio di scarpe o indossare un vestito nuovo. A mio padre l'unica cosa che importava era ampliare la sua proprietà fondiaria e coltivare ulivi e fichi. Quanto a mia madre, ebbe quattordici gravidanze, ma soltanto sette figli sopravvissero, quattro dei quali se li portarono via le guerre.[...]Se il paradiso esiste, il nostro paese, Kirkintzès, era la cosa che gli assomigliava di piú al mondo. Le nostre case sfioravano la dimora celeste di Dio, poste com'erano sulla cima di monti boscosi da cui era possibile ammirare tutta la fertile vallata di Efeso, che ci apparteneva per intero fino al mare, lontano molte ore di marcia, ed era ricoperta da alberi di fichi e da uliveti, da campi di tabacco, di cotone, di frumento, di mais e di sesamo. " Un vero idillio, una vita serena, magari dura ma che da' soddisfazioni e permetteva di sognare,  vedremo come Manolis muove i primi passi nella vita, cercando di trovarsi un lavoro a Smirne, lontano dalla famiglia, ma accrescendo notevolmente le sue esperienze, scoprendo un mondo non è sempre come sembra ne come immaginava e che il male, la corruzione, il malaffare dilagano un po' ovunque, ma la sua voglia di vivere e di sognare è intoccabile, e lui cerca di sfuggire alla vita che gli si offre facile e falsa, per restare legato ai propri principi. Tutto ciò viene interrotto dall'inizio dei conflitti, a ottobre 1912, inizia la Prima guerra balcanica, sorprendendo il nostro protagonista ancora giovanissimo e ponendo fine alla pace e al clima da sogno che viveva. "Quando mio padre si rese conto che ormai conoscevo perfettamente le quattro operazioni aritmetiche e che sapevo leggere e scrivere, mi chiamò e mi disse: "Manolis, prepara i bagagli. Tra pochi giorni ho intenzione di mandarti a Smirne. È tempo che tu conosca il mondo, impari i segreti e le astuzie del commercio, e frequenti mercanti, bottegai e artigiani"." Da quel momento, senza soluzione di continuità, il nostro protagonista vivrà  guerre per 11 anni, con alterne vicende e con continui cambiamenti di fronte.Dopo le due  guerre balcaniche alla fine delle quali la Grecia si annette la Macedonia meridionale con Salonicco, l'Epiro con Ioànnina e tutte le isole del Mar Egeo, salvo il Dodecanneso, posto sotto il controllo italiano, e le isole di Tènedos e Imbros, di fronte ai Dardanelli, che restano sotto la sovranità turca,  c'è la prima guerra mondiale, le Grecia si schiera con l'Intesa. "Il suo villaggio era molto arretrato, come tutti quelli abitati dai turchi. Non avevano mai sentito parlare di medici né di maestri di scuola. Se qualcuno si ammalava, inviavano un messaggero a chiamare lo hoca di un villaggio vicino, distante tre ore di marcia a cavallo. "Hoca", diceva il messaggero, "uno di noi è malato, ha questo e quest'altro. Cosa bisogna fare per guarirlo?". Lo hoca si prendeva la testa tra le mani e cominciava a riflettere sui precetti del Corano. E quando trovava il rimedio alla malattia in questione, lo trascriveva su un foglio di carta. Il messaggero pagava il disturbo, prendeva il foglio, tornava al suo villaggio e lo consegnava all'ammalato, il quale, per guarire, doveva inghiottirlo!" Alla fine, con il  Trattato di Sèvres la Grecia si annette la Tracia orientale e ottiene l'amministrazione di Smirne.Ma intanto i Giovani Turchi di Kemàl, da Ànkara, attendono di passare al contrattacco, e la spedizione greca in Asia Minore si conclude con una disfatta catastrofica e la vittoria finale di Mustafà Kemal e dei Giovani Turchi.Nel 1923 si ha il Trattato di Losanna. La Grecia perde la Tracia orientale, Smirne e le zone circostanti, e accoglie oltre un milione di profughi che vivevano nell'Asia Minore sin dai tempi di Omero; 400.000 turchi vengono trasferiti in Anatolia. Le conseguenze sociali, politiche, economiche e culturali di questa catastrofe si faranno sentire in Grecia per tutto il decennio successivo e oltre. "La gente aspettava il matrimonio di Stratís per distrarsi, per mangiare, per bere, per danzare, per ridere un po'. L'uomo è fatto cosí, aspira a un briciolo di gioia anche nei momenti piú difficili della vita." Noi vivremo tutte queste vicende, e soprattutto l'orrore che le accompagna, con gli occhi del nostro protagonista sperando, soffrendo sognando con lui, disperandoci e odiando la guerra in tutte le sue forme e rendendoci conto di quanto possa essere crudele e cattivo l'uomo, la peggiore delle bestie, e chiediamo scusa al mondo degli animali.Leggeremo di genocidi, come quello degli armeni, forse il primo della storia moderna, e di stravolgimenti che ancora oggi segnano la politica e la geografia del mediterrano! "E fu cosí che centinaia di migliaia di greci e di armeni esalarono il loro ultimo respiro sulle cime innevate dei monti o sulle distese roventi del deserto..." Un libro in cui si soffre, ci si commuove, si spera che un giorno forse riusciremo  finalmente a vedere, ad aprire gli occhi e a riconoscerci come fratelli, come tutti figli dello stesso pianeta senza confini di etnie o di religioni! ""Per me", disse, "quelli che non hanno voglia di pensare e si trincerano dietro la loro indifferenza sono soltanto dei criminali. Tu, Axiotis, hai una colpa ancora piú grave. Credi che la Storia la scrivano i generali e i politici. Chiudi gli occhi e ti tappi le orecchie, e ti trasformi in una ruota che altri fanno rotolare verso il precipizio. Solo che tu non sei una ruota, perdio, ma il popolo. Devi renderti conto di quello che succede se vuoi cambiare le cose"." La scrittura precisa e puntuale ci accompagna facendo scivolare le pagine una dopo l'altra senza che ce ne accorgiamo,Ci fa rivivere i sapori di una volta che forse per molti sono solo chiacchiere, ma che comunque fanno parte del nostro immaginario!Molto consigliato! "Al tramonto tornava a casa senza fermarsi al caffè. Prendeva la bottiglia di rakí, beveva alcuni sorsi generosi e mangiava il cibo preparato dalla mamma. A volte dava un bello scappellotto a un paio di noi e poi andava a dormire, sfinito, e russava cosí forte che faceva tremare tutta la casa. Non c'era verso di farlo parlare, neppure nei giorni di festa. Nessuno di noi osava aprire bocca in sua presenza. Per questo avevamo imparato a esprimere tutti i nostri sentimenti, la rabbia, il dispiacere, l'astuzia e la gioia, con lo sguardo. Soltanto la domenica, quando la famiglia intera si riuniva a tavola, se si sentiva di buonumore mi ordinava di alzarmi (mio padre, infatti, mi considerava un po' l'intellettuale di casa) e di recitare il Pater noster. Non capivo un accidente delle parole di questa preghiera, tanto che un giorno dissi a mia madre: "Sai, mamma, paterno so che cosa significa, ma questo ster mi confonde le idee..."."