DestraSociale

Almirante


Quale fu il contributo del leader del Movimento sociale italiano, Giorgio Almirante, alla Repubblica italiana? Dalla svolta di Fiuggi che segnò la fine dell'Msi, Alleanza nazionale sembra aver dimenticato le proprie radici contrariamente a quanto fatto dalle sinistre. A riportare la polemica attorno alla memoria delle proprie radici che da tempo anima il dibattito tra i "vecchi" ed i "nuovi" del partito, Franco Servello, editorialista del "Secolo d'Italia". Abbiamo sentito Eugenio Guccione, docente di Storia delle Dottrine politiche alla facoltà di Scienze politiche.Almirante, dalla Repubblica Sociale alla guida del Movimento sociale, da lui fondato. Quanto grande fu il contributo del "fucilatore", come lui stesso si definiva, alla costruzione della Repubblica? Giorgio Almirante, grazie alla sua personalità forte, anche se impulsiva, fu un esponente politico che, nei momenti di crisi della democrazia, seppe imporre a se stesso e ai suoi collaboratori tale e tanto buonsenso da evitare che la situazione nazionale precipitasse nel caos. Egli, forgiatosi moralmente e culturalmente alla scuola del Fascismo, comprese sempre che il maggiore pericolo per l’Italia fosse il comunismo. E tutte le volte che intuì il rischio dell’affermazione del P.C.I. non ebbe tentennamenti ad allearsi con quei partiti o con quei governi, che, seppure suoi avversari, erano disposti a fare resistenza contro la minaccia rossa. Alla storia degli anni ’70, che ebbero Almirante tra i maggiori protagonisti, non appartiene soltanto il suo tentativo di riportare il Fronte della Gioventù alla piena e responsabile legalità, ma anche il suo progetto di dare vita a una «grande destra istituzionale», il suo appoggio all’elezione di Giovanni Leone alla presidenza della Repubblica, il suo ripetuto sostegno al governo centrista presieduto da Giulio Andreotti, nonché la convocazione di una «Costituente di destra». Il tutto all’insegna dell’anticomunismo e della «difesa dei valori nazionali e cristiani». La «Costituente di destra», come è noto, fu, lì per lì, un grosso fiasco, ma tracciò le linee del futuro dell’MSI e anticipò i nostri tempi.Franco Servello ricorda il leader dell'Msi come "l'alchimista capace di una sintesi mirabile tra passato e futuro". Quanto risponde Giorgio Almirante a questa descrizione? In fondo negli anni ottanta sfidò apertamente il Fronte della Gioventù imponendo, nel corso di un congresso nazionale, Gianfranco Fini come segretario nazionale del movimento. I risultati di quella scelta oggi si vedono, nel bene e nel male. E con ciò intendo tutte le contraddizioni interne che An continua a portar in sé.Ritengo che l’articolo di Franco Servello sia storicamente condivisibile e abbia valore di testimonianza per il fatto che l’autore fu per decenni vicino ad Almirante. La scelta di Gianfranco Fini deve essere vista, a mio parere, come un’ipoteca almirantiana sull’avvenire dell’MSI e della destra italiana in genere o, se si vuole, come un vero e proprio investimento per la realizzazione di un progetto più volte sognato e rinviato. Che sia stata una scelta politicamente valida, sia per la destra, sia per l’Italia, è dimostrato dai fatti. Va detto che Fini ha dato corpo all’anima moderata di Almirante, tanto d’avere tolto dal ghetto il suo partito e d’averlo portato al governo guadagnandosi la fiducia degli alleati e la stima di non pochi avversari. Almirante diceva "Non rinnegare, non restaurare". In realtà, osserva Servello, i vertici di An si trovano rispetto al proprio passato in una situazione opposta a quella della sinistra che "rivendica le sue radici". Lei cosa ne pensa?In politica l’adeguarsi alla realtà o, meglio, andare con i tempi è spesso problema di sopravvivenza. Nel momento in cui si scoprono nuovi valori sociali sarebbe scorretto e addirittura immorale non tenerli in conto o, peggio, combatterli. Lo stesso Almirante, che non rinnegò mai il suo passato fascista, ebbe a manifestare il proprio grande apprezzamento per la democrazia, che da giovane, come egli era solito dire, non aveva avuto modo di conoscere. Va interpretato alla luce di questo sentimento il suo motto “Non rinnegare, non restaurare”. Non vedo, quindi, nulla di strano nell’odierno atteggiamento degli ex-missini, che, seppure convinti della funzione storica del Fascismo quale antidoto al comunismo, partecipano alla crescita della nuova democrazia, ben diversa dalla precedente allevata, tra un compromesso e l’altro, sotto fantomatici e illegali “archi costituzionali”. Diverso e anacronistico è, invece, l’atteggiamento di certa sinistra che, rivendicando le proprie radici ideologiche, si illude, dopo il crollo del Muro di Berlino, di riproporre paradisi artificiali di tipo marxiano. Se Almirante si rifece all'esperienza di Salò, Togliatti si intratteneva con Stalin. Due figure con meriti e ombre di pari livello. Cosa si può "salvare"?. Più che tentare profezie su sviluppi che appartengono a posizioni personali e a fatti contingenti è opportuno cogliere dal passato ciò che ancora di esso, magari come correttivo, possa servire per il presente. Solo in questa prospettiva uomini come Almirante o come Togliatti, ognuno per la propria parte, riescono ancora a dire qualcosa rispettivamente alla destra e alla sinistra o alla politica in genere. Tra l’esperienza di Salò e quella del Cremlino, intanto, non c’è bisogno di attendere il giudizio della storia per capire dove, per la portata degli eventi e per lo spargimento di sangue, stessero le maggiori responsabilità. Francesco Distefano(4 novembre 2004)rev anme