Incursioni

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Lo sbarcoNo, non morirò. Poserò traversine e il trenomi saluterà quando le luci si faranno flebilie i cactus dalla notte passeranno ai miei occhi.Inonderanno persino la baracca del capostazionei fari che portano lontano, lontano dal miosorriso ebete.Tornerà la speranza e un viaggio che ho troppo spesso nel fegato mi lascerà rinascere,molto tempo passato a bere e altrettantoa sognare si confonderanno e le palpebrecaleranno lentamente per condurmi proprio in quella direzione. Sai,ne ho ricevuto d'avventura prima di installarmi nel deserto, brividi, gioie,alcuni amori importanti, finestre sfasciate,grammi di morfina;Poso il piccone e mi dirigo verso Wilsone la sua catapecchia, entro pulendomigli stivali e osservo la tabella degli orari.Il mio destino è in una riga e in certi numeriche mi riforniranno di sostanza pulita fino al mio approdo. Ora è notte. Ancora cinque ore per salutare il calderone (il mio calderone)della grande metropoli, gigante con i forti,debole con i sensibili. Pago il mio bigliettosolo andata e ascolto Wilson sproloquiareche gli mancherò, che gli mancherannoquelle radici nel cielo, che crescevano ogni volta che sorridevo o imprecavo forte. Ma ci sono momenti dove sparpaglirancori a marcire e ti entusiasmi su una linea diretta. Ancora poche ore all'albamentre pieghi la testa ed espelli un lieve russare, increspato di sogni, bugnato di umidità silenziosa.