Fatti e opinioni

La destra, la sinistra e Star Trek - Parte seconda


La mia risposta è: il buon senso. Tutto qui? Lo so, sembra insopportabilmente banale. Provo a rispondere in un altro modo: la flessibilità. Sto peggiorando le cose? Cercherò di dare un significato a queste parole alquanto trite. Sul buon senso, in realtà, c'è poco da aggiungere: si tratta proprio di quell'attitudine che ci permette di affrontare la vita di tutti i giorni, orientandoci soprattutto in quelle circostanze in cui non sono applicabili schemi consueti. Quanto alla flessibilità, chiarisco subito che non la intendo nella specifica terribile accezione in cui la parola viene correntemente utilizzata nell'ambito del mercato del lavoro, sinteticamente traducibile con l'espressione “lavorare di più e in peggiori condizioni per essere pagati di meno”. La intendo nel suo significato letterale, etimologico: “che si può flettere”; un significato che poeticamente è rappresentato dalla canna di bambù (o, se lo preferite, da un arco da tiro o da una lamina di acciaio...). Si tratta della capacità di uscire – di nuovo – dagli schemi consueti alla ricerca della soluzione migliore. In politica è il coraggio di fare quello che è necessario senza lasciarsi intrappolare da vincoli ideologici o di schieramento. Personalmente credo che nel mondo ci siano molti casi che possono essere portati ad esempio, ma non stenderò un elenco perché, piuttosto, devo rispondere ad alcune domande che vanno al cuore della questione: ma se bastano un po' di buon senso e di flessibilità, che fine fanno le differenze? Non rischiamo di precipitare in un buio fitto in cui tutti i gatti sono bigi? Non cadiamo in uno scialbo qualunquismo, in un'anonima “diligenza del buon padre di famiglia”? È possibile si possa ridurre a questo il governo di uno stato? Le differenze ci sono. E chiarisco subito che non prendo in considerazione quell'invenzione tutta italiana del “centro” politico che, lungi dal rappresentare un moderatismo in definitiva astratto (per inciso, un governo che soddisfi tutti è impossibile), si prefigge il solo scopo di realizzare un'occupazione permanente di poltrone, alleandosi ora con gli uni, ora con gli altri (vedi la irridente teoria “dei due forni” enunciata dal sempiterno Giulio Andreotti). Destra e sinistra, conservatori e progressisti... Negli Stati Uniti d'America ci sono repubblicani (che sarebbero di destra) favorevoli all'aborto e democratici (che sarebbero di sinistra) che sono ferocemente contrari. A Bologna ha destato scalpore l'inopinato piglio “autoritario” del sindaco Sergio Cofferati, come pure, a suo tempo, suscitò forti polemiche il “decisionismo” di Bettino Craxi. D'altra parte la politica di Benito Mussolini ha storicamente al suo attivo diverse iniziative sociali. Allora, queste differenze? Io non mi fido delle ideologie, per la ragione (lo ripeto) che sono troppo rigide per adattarsi ai cambiamenti della società. Tuttavia credo che esistano degli orientamenti che, come una bussola, guidano gli uomini verso destra o verso sinistra (continuiamo pure ad utilizzare queste due categorie per comodità). Il principale, a mio parere, è basato sulla fiducia: fiducia nella capacità dell'uomo di progredire, di migliorarsi. L'applicazione di questo criterio produce numerose conseguenze: chi ha fiducia nel genere umano si batterà perché tutti abbiano accesso all'istruzione, che è essenziale per avere una sufficiente comprensione del mondo e, quindi, quell'autonomia di giudizio che è indispensabile per la crescita personale. Chi la fiducia non l'ha preferirà indirizzare le risorse verso una élite destinata ad assumere il ruolo di guida. Infatti è proprio la sfiducia che induce a credere nella necessità di un leader (o più di uno; comunque pochi) che imponga un progetto politico e sociale perché sa (per innato genio o mandato divino o nobiltà di nascita eccetera) che cosa è bene per la popolazione incapace, per natura, di emanciparsi. Chi ha fiducia, invece, rifiuterà ogni forma di autoritarismo e sosterrà il principio di parità, tipico delle democrazia, ritenendo che tutti debbano concorrere alla determinazione degli indirizzi della vita collettiva. Non credo che siano necessari altri esempi (molti se ne potrebbero ancora portare). Ovviamente anche questo è uno schema a cui sfuggono parecchie variabili. Una per tutte: come si concilia con la fiducia la dittatura del proletariato propugnata dal comunismo? La definirei una interpretazione estrema del concetto di maggioranza in democrazia, ma non c'è dubbio che si tratta, comunque, dell'imposizione di una idea del mondo. Non è solo questo, naturalmente, ma è un argomento che non intendo affrontare qui. Quello che mi sembra evidente è che, da qualsiasi parte la si guardi, non c'è una mappa in grado di mostrarci tutte le strade, un'enciclopedia che ci dia tutte le risposte. Le ideologie meno che mai: sono vecchie, obsolete, sorpassate dagli avvenimenti, dal progresso, dai cambiamenti che corrono veloci in progressione geometrica. Le rivoluzioni hanno fallito, storicamente. Non so come ci si possa ancora aspettare controprove: tutte le volte che c'è n'è stata una è finito regolarmente, senza eccezioni, che la minoranza incaricata di gestire il potere per conto del popolo ci ha preso gusto e, in breve, è diventata nemica del popolo. D'altra parte il capitalismo mostra da tempo la corda, inutilmente appellandosi alle virtù del “mercato”, come se il mercato fosse un'entità capace di regolare miracolosamente la vita economica e sociale, mentre non è altro che l'applicazione brutale della legge della jungla alla convivenza umana. Ma che cosa c'entra tutto questo con Star Trek? (continua...)