ARCHEOLOGIA NUOVA

Operazione"Sfingi 2007"


Il tutto si condensava, infine, quasi a sorpresa, intorno a quella peculiare, euritmica paleogeometria esagrammatica dalle caratteristiche uniche, che avevo appena individuato e ricostruito, e sulla quale pareva plasmarsi tutto il plateau di el–Giza … e non soltanto questo …[1]  (fig 2: “La ricostruzione della paleogeometria sacra utilizzata dagli Egizi Antichi per realizzare le loro straordinarie opere. E’ parte integrante ed imprescindibile del pensiero religioso della civiltà egizia.” immagine “RA”)  (fig.3: “Il bastone Uas, è lo strumento sacro utilizzato per tracciare la Geometria egizia” immagine “Uas”)               - Un dettaglio da prendere in seria considerazione - Era tutto così eccessivo, così contrastante. Era quasi l’immagine speculare della terra che aveva formulato e custodito il codice genetico di un impianto intellettuale forse unico nel suo genere … Luci ed ombre. Caos ed ordine. Isfet e Maat. In ogni caso, il contesto di riferimento così configurato e riorganizzato era suggestivo per assumere tutto un altro sapore. L’insieme, invero, era tutto fuorché misterioso …  Un dettaglio, o meglio, un mito in particolare, ritenevo meritasse d’essere indagato. Si trattava dello speciale, oscuro fascino che sprigionava, e circondava, l’episodio mitologico dedicato ad “Aker”. Aker, nel variegato pantheon egizio, raffigurava una divinità del regno dell’oltretomba. In origine, la divinità in discorso si rappresentava con un doppio corpo di leone contrapposto. Nel tempo queste sue caratteristiche si andarono sviluppando e raffinando. Ad un certo punto assunsero i magnifici e sorprendenti connotati ibridi di leone con testa antropomorfa. Si tratta degli ingredienti caratterizzanti la nota ricetta figurativa che ha dominato e dominerà per chissà quanto tempo ancora el–Giza e la fantasia degli uomini: la Sfinge. Gli attributi principali di questa figura mitologica erano ben definiti. La divinità era la Terra, il terreno, il sottosuolo. Di conseguenza “Aker” concerneva pure tutto il significato spirituale associato alla morte (ed alla rinascita) che ciò comportava per l’uomo. La figura mitologica in discorso, secondo la maggior parte degli studiosi, è d’antichissima origine, forse ancora più arcaica di quella considerata per Geb, la Terra, padre di Osiride … L’immagine di “Aker” è molto particolare. Si scopre variare nel momento in cui gli uomini di pensiero egizi percepiscono come concreta l’idea che il Sole s’immettesse nella Terra al Tramonto, entrando fisicamente nell’Orizzonte Occidentale, ossia ad Ovest. Il Sole, imboccando, per dir così, la “caverna notturna”, il mondo ctonio, ossia Aker appunto, avrebbe provocato il buio sulla superficie della Terra stessa. Dopo aver viaggiato tra i pericoli del territorio sotterraneo, l’astro sarebbe però uscito all’Alba, all’Orizzonte Orientale, perciò ad Est, generando quindi la Luce del nuovo Giorno. In questo senso Aker esprime anche il ciclo della vita. E’ la connessione tra i due mondi, materiale e spirituale, vegliando sia l’anima sia il corpo del defunto nella sua nuova esistenza. La derivazione concettuale immediatamente successiva, delinea Aker come la terra entro cui corre il tunnel della notte. Rappresenterebbe pertanto, anche l’imprescindibile raccordo tra l’Est e l’Ovest, i punti cardinali dove il Sole sorge e tramonta. Tutto questo movimento ciclico si svolgerebbe sotto lo sguardo vigile delle due teste dell’Aker. Appare indiscutibile la connessione con i racconti recuperati dell’Am Duat, dove si descrive il viaggio crepuscolare da Ovest ad Est del Sole, ossia il viaggio dell’astro diurno nel mondo di Osiride. Secondo quanto riportato nella quinta ora notturna della Duat, Aker protegge la caverna di Sokar, stabilendo così indiscutibilmente un solido legame del dio della Terra con la tradizione osiriaca. In origine Aker era rappresentato come una striscia di terra con una testa antropomorfa collocata di profilo ad ogni estremità. Successivamente, la striscia di terreno venne sostituita da corpi leonini uniti nel mezzo e le teste umane sostituite da quelle proprie dei felini. L’immagine così assunse le fattezze dei due leoni seduti dai dorsi contrapposti. Aker assume inoltre i peculiari lineamenti di Sfinge, quando al capo leonino si sostituisce la figura della testa umana. E’ interessante osservare che, in ogni caso, le due metà sono sempre contrapposte.  Una parte, infatti, guarda ad Oriente, il dominio della Luce da dove sorge il Sole. L’altra metà, invece, punta l’Occidente, il regno dell’oscurità dove la nostra stella tramonta, iniziando il suo pericoloso viaggio nei cieli della Duat, l’oltretomba. Nel tempo le due teste teriomorfe divennero i due guardiani delle porte dell’aldilà. Tale idea, sviluppata, portò direttamente i pensatori egizi ad estendere il concetto ai due leoni guardiani. Secondo Brugsh, eminente archeologo, il simbolismo dei due leoni e di Aker in particolare, poteva possedere anche una valenza, un’attribuzione astronomica, vincolata in ogni caso sempre e comunque al sorgere del Sole ed al suo ciclo. Si è detto in precedenza, che la mentalità degli Egizi Antichi era duale. E’ interessante allora osservare, a netta conferma di ciò, che secondo le concezioni religiose della cultura faraonica, le estremità della galleria rappresentate dalla figura di “Aker”, sono sorvegliate ciascuna da un proprio leone guardiano. Ognuno di questi, poi, assume una sua connotazione specifica: Sef (Ieri) e Duau (Oggi) sono i due Akeru che sostengono l’Orizzonte Akhet, come si evince chiaramente dal “Libro per uscire alla Luce”.[2] La funzione di guardiani svolta dagli Akeru è descritta anche nei “Testi delle Piramidi”, legando però questa funzione solo alla figura del Faraone. E’ solo al Faraone, infatti, che gli Akeru apriranno le porte della Terra per consentirgli il passaggio nell’Aldilà. Per tutti gli altri trapassati, gli Akeru saranno un ostacolo da superare. Con ogni probabilità, la caratteristica di guardiani, deriva anche dal fatto che nella mitologia, Aker imprigionò le spire del serpente cosmico Apopis dopo che Iside ne fece a pezzi il corpo. Aker divenne quindi il protettore di Osiride. Rwty i “Due Leoni” era la divinità principale venerata a Leontopolis. Ora, è chiaro credo, qual è il genere di potenziali conclusioni che si possono trarre da quanto sin qui esposto … (fig.4: “L’immagine più nota degli Akeru. Si tratta di Rwty, i “Due Leoni.” immagine “RWTY”) (fig.5: “ancora un’immagine degli Akeru, tratta dalla lapide detta “del sogno”, che si trova ai piedi della Sfinge. La lapide venne eretta da Tutmosi IV, faraone della XVIII dinastia, Nuovo Regno, intorno al XVI sec. a.C. immagine “Sphinx dream’s stele”)            -La spedizione - Dopo nove anni di studi e d’attese estenuanti, vedo finalmente concretizzarsi l’evento tanto atteso. Si tratta del classico giorno fatidico. In base ad una recente foto satellitare di un punto preciso della piana di el-Giza, riesco ad individuare quattro punti che hanno caratteristiche straordinarie. Misurati in scala, definiscono un’area che incredibilmente rispecchia in modo fedele la stessa dimensione e forma dello scasso dove è collocata la Sfinge che si conosce. Il parallelogramma individuato tramite i quattro punti caposaldo, è pressappoco grande quanto un campo di calcio. E’ chiaro, tuttavia, che la sua esistenza, o meglio, che l’esistenza dei quattro punti capisaldi, deve essere dimostrata sul campo. Ragionando però sui fatti mi convinco ancor di più della bontà della mia idea. Da una semplice rappresentazione mentale, coerente finché voluto, ma derivata soltanto secondo pochi episodi mitologici ed alle poche scoperte realizzate, ora mi trovavo invece a contemplare uno spazio fisico realmente esistente nel punto preciso che avevo indicato. L’emozione, insieme alla consapevolezza che, in ogni caso, non si poteva (e non si può) ancora parlare di scoperta, era in ogni caso sicuramente potente. E’ l’intervento, prima che di uno sponsor, di un caro amico ed illuminato mecenate moderno, ( Adalberto Armani sponsor appunto del progetto non si può definire in altro modo), a consentirmi di realizzare quest’impresa. I presupposti, nondimeno, sono critici. Secondo Carlo Dellarole, il geologo, elemento della spedizione e forte sia dell’esperienza professionale sia del fatto che in quei luoghi vi fosse già stato come turista, infatti, i punti individuati sulla carta potrebbero non esistere nella realtà. Del resto, secondo le sue osservazioni non esistevano neanche zone particolarmente adatte ad ospitare un’eventuale seconda Sfinge. Ero preoccupato, chiaramente, ma confidavo anche nel fatto che gli Egizi Antichi, essendo gente pragmatica, avessero mantenuto intatta la peculiarità di non descrivere nulla di quanto non avessero mai potuto osservare nella realtà. Ad ogni modo sabato 26 Maggio 2007, intorno alle 7 e 30 del mattino, quelli che potevano sembrare dieci semplici turisti, erano al Cairo, sulla piana di el-Giza. L’impatto “dal vivo” con le Piramidi, è potentissimo. La sindrome di Stendhal non perdona. Rimaneva intatta, in ogni caso, l’idea che mi ero fatto su queste straordinarie costruzioni: erano (sono) il modo più semplice ed efficace per rappresentare idealmente sul terreno, la goccia d’acqua, non già il raggio di sole.  Esiste la prova che gli Egizi Antichi hanno avuto in mente questo tipo di rappresentazione e non altro. E’ data, in una buona misura, dalla piramide romboidale, a doppia pendenza, esistente a Dashur. Eretta da Snefru su progetto di suo figlio Nofer-maat, in questa prospettiva non rappresenta un errore di calcolo, piuttosto il difficile tentativo di avvicinarsi quanto più possibile alla forma caratteristica della goccia d’acqua. [1] E’ doveroso ricordare che non solo ho recuperato questo straordinario sistema paleogeometrico (che risulta parte integrante della coscienza religiosa elaborata dagli Antichi Egizi), ma anche l’importantissimo strumento utilizzato per tracciarla: si tratta del misconosciuto bastone “Uas”. Per ulteriori precisazioni concernenti la paleogeometria in discorso (già questa, in ogni caso, si può considerare una grande scoperta, a prescindere da tutto il resto) e la possibile definizione della piana di el – Giza, si consulti il mio testo precedentemente citato: “Le Abbazie ed il segreto delle Piramidi. L’Esagramma, ovvero le straordinarie Geometrie dell’Acqua”.[2] Si è già detto e si ribadisce, che questo è il vero “titolo” e così si dovrebbe chiamare anche in base a quanto ho scoperto e di cui si dirà successivamente, di quello che si conosce come il funereo e tristo “Libro dei Morti”.