ARCHEOLOGIA NUOVA

Teofanie cosmografiche (III parte)...


... L’originale profilo policircolare che avvolge e determina la tipologia di proiezione del mappamondo valtellinese, si è sostenuto più e più volte, è inequivocabilmente riconducibile alla medesima sagomatura “palliografica”[1] impiegata dal Waldseemuller per incorniciare la sua carta del 1507. Questa ormai è storia. A seguito d’ulteriori indagini, nondimeno, la nostra ricerca partita dal mappamondo murale lombardo, raggiunge acuti toni sacri, apprezzabilmente subliminali, inaspettatamente universali.[2] Il Medio Evo vede utilizzare i mappamondi come vere e proprie pale d’altare o, si è già detto, quali mirate integrazioni iconografico-didascaliche, scelte per ornare pagine di preziosi salteri. Le immagini geografiche, diventano pregiati sottofondi d’accompagnamento, stimolano le menti dei fedeli attraverso la “materializzazione” visiva d’episodi citati nelle sacre scritture. I mappamondi, percepiti come veri e propri emblemi religiosi, erano impregnati della stessa carica simbolica consueta sia in altre raffigurazioni sacre più ricorrenti, sia nei testi a queste abbinati. Di fronte a rappresentazioni geografiche tanto consistenti, il fedele avvertiva, potente e simultanea, duplice spinta emotiva: a raccogliersi in preghiera e, contemporaneamente, ad aprirsi, a “viaggiare” con la sua mente verso il mondo. L’immagine del Cristo, spesso sovrastante le rappresentazioni cosmografiche in discorso, riprende posture classiche specifiche del “Cristo Pantocratore”. La figurazione sacra del Cristo Pantocratore, solitamente, è dipinta nel catino absidale delle chiese medievali. Cornice caratteristica all’immagine del Cristo, diviene la figura geometrica della cosiddetta “mandorla mistica”. Speciale involucro ellissoidale a racchiudere l’immagine divina, intenso simbolo sia della “Maiestatis Domini” sia della “Regina Coelis”, Fig.1, Cristo Pantocratore.                                                         ossia di Maria, nel primo cristianesimo la mandorla o amigdala, assume intonazione, per dir così, “esoterica”. La nuova religione”, infatti, nei difficili momenti aurorali della sua comparsa, utilizza la “mandorla”, splendida metafora geometrico-simbolica riferente all’Acqua, per trasmettere valori e contenuti del tutto propri. L’amigdala diverrà, di qui per sempre, anche la “vesica piscis”, diretto richiamo al noto “ICHTHYS”, acronimo di: Iesous CHristos THeou Yiòs Soter, ossia Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore.[3] La “vesica piscis” ha modellato semplice, ma quanto mai efficace a livello simbolico. Si ottiene geometricamente intersecando due circonferenze. Ora, in qual modo l’antica simbologia religiosa qui considerata, rientra nel percorso d’indagine intrapreso? Per qual motivo la “mandorla” o “vesica piscis”, custode di precisi linguaggi figurativi religiosi, si trova riecheggiata in alcune particolari carte geografiche, come quella realizzata nel 1507 da Martin Waldseemüller e quella, seriore, dipinta nella Sala della Creazione? Qual è, se esiste, il nesso tra “amigdala”, “vesica piscis” e “mantello”? [1] A forma di mantello, mariano in questo caso, come si vedrà oltre.[2] Claudio Piani, Diego Baratono, La carte dévoillée du Palazzo Besta, Actes du colloque: Saint-Dié-des-Vosges, Baptise les Ameriques, annex, pp.71-81, Musée Pierre-Noël, Saint-Dié-des-Vosges, 2008. [3] Si veda a questo proposito: Le Abbazie ed il segreto delle Piramidi. L’Esagramma, ovvero le straordinarie Geometrie dell’Acqua, Diego Baratono, 2004, Genova, pag. 89 e segg.