ARCHEOLOGIA NUOVA

Teofanie cosmografiche (IV parte)...


...Il simbolo della “mandorla mistica”, riferisce di tentativi mirati a fondere e dissimulare, anche attraverso innovative dimensioni geografiche, trascendenza ed immanenza, creatore e creazione. Per intendere meglio il discorso occorre abbandonare per un attimo la visione iconografica cristiana medievale, e risalire nel tempo, a quando visse il greco Strabone d’Amasia (64 a.C. - 20 d.C.), storico e geografo tra i più importanti dell’antichità. Nei diciassette libri della sua autorevole e vasta opera sulla “Geographia”, Strabone descrive più volte il mondo quale grande isola a forma di clamide. Per Strabone, che: “… lo schema dell’ecumene abbia forma di clamide è assolutamente chiaro, dal momento che le estremità orientali e occidentali si rastremano a ugnatura, battute dall’Oceano, e diminuiscono di larghezza …”. Strabone, nel passo citato estratto dal “Libro II”, utilizza il preciso termine “clamide”. Il significato del vocabolo “clamide”, equivale a “pallio”, in pratica, a “mantello”. Il capo d’abbigliamento in parola, sorta di corto mantello, era indossato dagli antichi guerrieri greci tessalici; di fattura semicircolare si portava sulla spalla sinistra. Strabone insiste in merito alla peculiare forma ellittica data ad alcuni mappamondi, con sagomatura riconducibile appunto alla foggia della clamide; ma perché utilizzare un siffatto termine di paragone? Tecnicamente, il modulo geometrico della mandorla-clamide, è funzionale, forse, a migliore trasposizione su piano bidimensionale, delle coordinate sferiche tridimensionali ricavate “misurando” il mondo reale. Strabone, invero, si sofferma frequentemente sulla similitudine intercorrente tra rappresentazione geometrica e mantello. Ciò induce a ritenere le riflessioni del geografo greco, come sarà meglio confermato in seguito, contenere ben altri e più carsici riferimenti iconografici e simbolici. Questi riferimenti, dopo la debita ricodifica, sono confluiti in altri orizzonti culturali. Peculiari correlazioni tra allegorie sacre cristiane ed alcune carte geografiche sembrerebbero confermare l’idea. Il profilo a guisa di mandorla, rappresenterebbe dunque, per il primo mondo cristiano, la stilizzazione del simbolo acquatico dell’ICHTHYS, del “pesce cristico”. L’amigdala racchiude, letteralmente, testimonianza di tentativi sincretistici orientati da un lato a stigmatizzare e dall’altro ad assorbire e ricodificare, modelli simbolici molto più arcaici, legati originariamente al potente, indelebile culto della “Magna mater”, al suo fertile organo sessuale, apertura imprescindibile dalla quale erompono forme di vita sempre nuove. Il simbolo ittico cristiano dell’“ICTUS”, del “pesce eucaristico”, include percorsi metonimici facilmente rintracciabili. Partendo da archetipi primordiali totalmente muliebri, questi evolvono ramificando sia nella simbologia “al maschile” del Cristo Pantocratore, sia mantenendo l’antica allusione “al femminile” fiorendo nel dolce richiamo mariano. La raffigurazione in parola, in ogni caso, non è esclusiva delle iconografie sacre medievali. La cosa è alquanto curiosa, poiché la geometria amigdalica si ritrova involucro d’alcune raffigurazioni zodiacali, come riscontrabile nel “Très Riches Heures” del Duca di Berry, del 1413, ed inoltre, già cornice per alcune rappresentazioni geografiche del secolo XIV. Queste ultime, realizzate dal monaco inglese Ranulf Higden, rappresentano capitolo a se stante, nello scenario cartografico medievale. Il motivo che ha indotto il religioso a realizzare tali carte geografiche, tuttavia, non è ancora del tutto chiaro. Potrebbe essere ipotesi plausibile, che il monaco inglese, veduti casualmente arcaici manufatti geografici di forma ellissoidale, sia rimasto colpito dalle inusuali fattezze utilizzate. Il religioso intuisce, forse, che gli antichi adoperavano forme e moduli iconografici identici a quelli codificati poi dal mondo cristiano. Per il monaco recuperare la versione greca dei mappamondi a forma d’amigdala-clamide, rimaneggiarne il contenuto allegorico originario sostituendolo mediante iconografie dal tenore cristiano come la “vesica piscis”, effigie del Cristo, sembra diventare atto spontaneo, forse perché a lungo meditato. I mappamondi medievali a forma d’amigdala-clamide, secondo nostro ragionamento dunque, suggellano nel loro interno elevati e delicati concetti sincretistici, che riportano indietro nel tempo, a primigenie tradizioni mitico-simboliche assimilate, rivalutate e trasfigurate in nuovi emblemi religiosi. Al contempo, nondimeno, i mappamondi medievali rimangono veri e propri strumenti di lavoro al servizio di più pragmatiche attività mercantili, mestieri scanditi a loro volta da un’imprescindibile, irrinunciabile unità di misurazione temporale: la lunghezza dell’“amen”. Spazio religioso e dimensione del quotidiano, forse per la prima volta, vengono a trovarsi armonicamente integrati.