ARCHEOLOGIA NUOVA

Teofanie cosmografiche (V parte)...


L’ermetica rappresentazione amigdalica è tanto efficace, da essere ancora utilizzata, nel 1457, nel famoso planisfero denominato “Atlante genovese”, per via delle simbologie araldiche contenute, appartenenti alla nobile Fig.2 Mappamondo a mandorla, Ranulf Higden.      famiglia degli Spinola.[1] Era tradizione abbastanza consueta, dunque, concepire certe carte geografiche come moduli figurativi dai contenuti religiosi non sempre “in chiaro” per modalità d’espressione. Il linguaggio simbolico adottato, spesso è criptico. I contenuti, tuttavia, risultano “decrittabili” ed “operativi”, nel momento in cui si riesce ad individuare la versatile chiave di lettura, il software, a sua volta in grado d’attivare i differenti hardwares coinvolti, ossia mappamondi a forma di clamide, Cristi Pantocratori e Madonne Misericordiose, riducendo il tutto ad unico, comprensibile linguaggio. Per quanto conosciamo, la “Creazione del Mondo nel suo terzo giorno” è il potente software di riferimento da utilizzare in quest’ambito culturale. Si può aggiungere, inoltre, che la carta di Palazzo Besta, presentando tutti i tratti simbolici sin qui messi in evidenza, Fig.3, Atlante genovese, 1457.  appartiene, a fortiori, al medesimo genere simbolico-descrittivo. L’azione primigenia che innesca l’“Atto” per eccellenza, è dar forma, plasmare e controllare una matrice primordiale indefinita. L’atto è autoreferenziale, nel senso che assume tutta la sua efficacia ed energia nel momento in cui il Creatore, manifesta a se stesso l’opera finita in ogni suo dettaglio, compiacendosi del lavoro ultimato. La materia a questo punto è riconoscibile, fisicamente localizzata nello spazio e di conseguenza nel tempo. Disparate rappresentazioni fotografano questo momento fondante: riportano ad antichi topoi, presenti nelle più remote tradizioni, da quell’egiziana fino a quella greca per proseguire fino a quell’ebraica, attraverso miti e leggende. In proposito, episodio mitologico particolarmente interessante tra i numerosi che hanno attirato la nostra attenzione, è certo l’elaborazione mitopoietica del filosofo presocratico greco Ferecide di Siro, del secolo VI a.C. Le sue idee, sono raccolte nell’opera cosmografica: “La caverna dei sette anfratti”. Il racconto, attraverso azione sacrale molto suggestiva e particolare, celebra le nozze mistiche tra Zeus e la Terra, Ctonia, in seguito Gea. L’avvenimento sancisce nuovo ordine cosmico. La divinità, incontra Ctonia, la Terra, ancora informe da plasmare e identificare. Le depone quindi sulle spalle un mantello ricamato, ideale “strumento pedagogico”, dove compaiono le terre, i monti, i mari e le città: “…per lui fanno le case, molte e grandi. E dopo che le ebbero portate a termine, tutte, assieme ad arredi e a servitori maschi e femmine, e a tutte le altre cose necessarie, ecco, quando tutto risulta pronto, fanno le nozze. E quando giunge il terzo giorno delle nozze, allora Zas fa un manto grande e bello, e su di esso intesse in vari colori Terra e Ogeno e il palazzo di Ogeno … volendo invero che le nozze siano tue, con queste ti onoro. Ma a te salve da me, e tu con me congiungiti. Ecco come furono per la prima volta – dicono – i riti del disvelamento: da ciò prese poi origine la consuetudine, sia per gli dèi sia per gi uomini. Ed ella gli ribatte,ricevendo il manto da lui…”.[2] Nel frammento papiraceo del III - IV secolo d. C., scoperto nel 1897 da Grenfell e Hunt, è descritta particolare ed enigmatica rappresentazione cosmogonica. La potenza plasmante del manto geografico intessuto da Zeus, nell’avvolgere la massa terrena, realtà immanente ma indistinta ed offuscata, informe ma incorrotta, rappresentata appunto da Ctonia, darà vita al cruciale processo formativo. La grezza spazialità sferoidale acquisirà, attraverso l’omaggio onorifico del “mantello”, potente atto sacro, le sembianze di Gea, ossia della Madre Terra. Avverrà, la metamorfosi, proprio il terzo giorno, secondo progetto precostituito di chi ha già in mente, il chiaro disegno cosmografico da realizzare. Il mito di Ferecide delle nozze tra Zas e Ctonie, prima che fosse ritrovato il frammento citato, era parte di testimonianza lasciataci da Diogene Laerzio: “ Zas orbene e Tempo furono sempre, e Ctonie: ma a Ctonie toccò il nome di Terra, dopo che Zas la onorò dandole la terra in dono”. Clemente Alessandrino (150-215 d.C.), ecclesiastico greco profondamente intriso di pura spiritualità neoplatonica, substrato mistico-culturale questo, ripreso nel secolo XV proprio a Firenze da Argiropoulo, Cusano, Ficino, Pico della Mirandola, nei suoi “Stromata”,[3] riecheggia lo stesso mito: “…un mantello grande e bello, e in esso raffigura Ge e Ogeno e le case di Ogeno…”. [1] Osvaldo Baldacci, L’ecumene a mandorla, in Geografia n°23, settembre-ottobre, pp.132-138, Roma, 1983.  [2] Papiri greci, II II, IV secolo d.C.[3] Tessuti, stoffe, tappeti.