ARCHEOLOGIA NUOVA

Teofanie cosmografiche (VII parte)...


...Waldseemuller.[1]                                               L’azzardo nostro è volere dimostrare l’esistenza della simbologia sacra del mantello, celata da oltre cinque secoli, fra i tratti sinuosi di una delle più importanti carte rinascimentali conosciute. In altri termini, si è fermamente convinti che le puntuali sintesi iconico-cosmografiche rintracciate, oltre ad essere raffinatissima elaborazione di una o più “occultae mentis” posizionate a livello di retroscena nel contesto di questa vicenda, conservano strutture semantiche tutt’altro che trascurabili. Anzi. I contenuti sono rivelatori del diretto coinvolgimento tra chi, in qualche modo, ripristinando certa continuità storica ricodifica primordiali simbologie sacre proiettandole nelle profondità narrative del documento cardine per la storia della geografia, ossia la carta del Waldseemüller, e chi perpetua “tradizioni sapienziali” dai contenuti non sempre allineati con la cultura ufficiale del momento, ossia il mondo umanistico fiorentino. La nostra chiave di lettura trova, infatti, favorevole riscontro in certi significativi passaggi epistolari ed in precise raffigurazioni pittoriche, testimonianza di contatti intercorsi, fra il mondo culturale umanistico italiano e quell’erudito Fig. 6 Ghirlandaio, Madonna della Misericordia, 1472-73.           operante a Saint-Dié-des-Vosges agli inizi del secolo XVI. Oltre alla lettera datata ottobre 1507 inviata da Renato II al cardinale Francesco Soderini, fratello del gonfaloniere Pier Soderini, ritrovata in questi ultimi anni dal professor Benoit Larger,[2] l’ipotesi di stretto rapporto fra Saint-Diè e Firenze, si mostra stillare copioso, ad esempio, dalla collazione tra quanto scrive Amerigo Vespucci nella sua lettera a Pier Francesco de Medici, di cui si riporta l’originale datato Siviglia 28 luglio 1500, la “Nota d’una letera scrive Amerigo Vespucci….”, e l’introduzione della “Cosmographiae introductio” stilata dal cosmografo vosagense Martin Waldseemüller nel 1507: “… Ho acordato, Magnifico Lorenzo, che, così come v’ò dato conto per letera di quanto m’è ocorso, mandarvi due figure della descrizione del mondo fate e ordinate di mia propria mano; e sapiate che sarà una carta in figura piana e uno apamondo in corpo sperico…”.“…con l’aiuto dei libri di Tolomeo secondo una copia greca e aggiungendo le quattro relazioni di Amerigo Vespucci, ho preparato una rappresentazione del mondo in sfera solida e piana…”. Da questo passo, ma non è l’unico, emerge un’informazione preziosa. Gli eruditi lorenesi sembrano aver preso spunto per il loro testo, proprio dalle lettere autografe d’Amerigo. I pregiati manoscritti, si deve ricordare tuttavia, non erano certo disponibili a chicchessia, nella Firenze dell’epoca.[3] Altro elemento indicativo nell’insieme, è il dipinto fatto realizzare sempre dai Vespucci a Firenze nella chiesa d’Ognissanti. Realizzato dal Ghirlandaio intorno al 1472, curiosamente a vent’anni esatti dalla scoperta ufficiale del “Nuovo Mondo”, il dipinto oltre a presentare evocativi connotati religiosi cari ai fiorentini, ripropone il motivo simbolico ricorrente in questo studio: la “Madonna della Misericordia” ed il suo “mantello”. Sotto il manto della figura mariana compaiono, disposti in modo da configurare evocative, quanto elusive, disposizioni geometriche, dodici personaggi: Sant’Antonino più undici rappresentanti della famiglia Vespucci. Tra questi fa capolino, giovane ed imberbe, Amerigo. Il volto del giovane Amerigo presenta caratteristiche uniche, ben riconoscibili. I suoi tratti fisionomici, infatti, sono perfettamente sovrapponibili a quelli del volto, ora invecchiato, dell’Amerigo Vespucci rappresentato in cartiglio in alto a destra, nel mappamondo murale del 1507 del Waldseemüller. Non esistono altre immagini del navigatore fiorentino con stessi identici tratti identificativi.[4] Come spiegare, dunque, la notevole “coincidenza” figurativa? Per quanto noto, è possibile che gli eruditi lorenesi acquisiscano il bozzetto riproducente Amerigo in maturità, direttamente a Firenze, dalla famiglia stessa del navigatore. E’ possibile, seconda ipotesi, che in seguito a spostamenti in Italia dell’umanista Matthias Ringmann, gli alsaziani vengano a conoscenza dell’insolita rappresentazione mariana presente a Firenze, nella chiesa di Ognissanti. [5] Colpiti dall’insolita immagine mariana definita dal Ghirlandaio, ne realizzerebbero copia. Si spiegherebbe così, la sorprendente sovrapponibilità geometrica intercorrente tra la sagoma del mappamondo vosagense ed il contorno del manto della Vergine, realizzato dal Ghirlandaio per il casato Vespucci. La terza ipotesi potrebbe pensarsi commistione delle due precedenti. Il profilo del manto mariano, dunque, si rivela essere il software, che suggella gesta narrative cosmogoniche antiche, quelle di Ferecide, che riconducono al “terzo giorno della Creazione”. E’ anche forte richiamo, nondimeno, a quel 25 aprile del 1507, giorno in cui, per la prima volta, agli occhi degli uomini si dischiudono orizzonti geografici certo nuovi, ma inspiegabilmente già definiti, misurati, quasi perfetti. Si tratta di un “Mondus novus” per cui sarà coniato il toponimo “America”, inglobato maternamente in un grembo palliografico dissimulato sì, ma trasudante, in ogni caso, forti connotati simbolico-persuasivi.[6] La scritta impressa sullo stilobate ai piedi della Vergine ideata dal Ghirlandaio per i blasonati Vespucci, in effetti, esalta il significato mitopoietico e pedagogico del momento creativo in parola. L’iscrizione latina recita: “della misericordia di Dio è piena la terra”. Significativamente, il salmo poche righe dopo descrive anche il “terzo giorno della Creazione”.[7] [1] Claudio Piani, Un rebus in soluzione: l’affresco geografico del ciclo della creazione, in V Settimana della cultura, Palazzo Besta di Teglio, nuove proposte di studio, Archivio di Stato di Sondrio, 2003, A Teglio nella Sala della Creazione di Palazzo Besta, in Settimanale della Diocesi di Como, Cronaca Sondrio cultura, p.30, Como, 2003. [2] Benoit Larger, Les gymnase vosgien et ses réseaux: le cardinaux. Lettre de procuration de René II, roi de Sicilie et duc de Lorraine à Francois Sodérini, cardinal de Sainte Suzanne, Actes du colloque: Saint-Dié-des-Vosges, Baptise les Ameriques, annex, pp. 82 - 87, Musée Pierre-Noël, Saint-Dié-des-Vosges, 2008.[3] Luciano Formisano, Iddio, ci dia buon viaggio e guadagno, ms. 1910, Codice Vaglienti, pp. 20 - 22, Firenze, 2006.[4] Esistono impianti iconografici similari, con immagini di personaggi illustri, nello “studiolo” del Duca Federico da Montefeltro risalenti alla seconda metà del secolo XV. Si tratta, quindi, d’iconografie coeve al dipinto del Ghirlandaio realizzato per la chiesa d’Ognissanti. E’ inevitabile pensare ad una circolazione continua d’idee nel periodo. [5] I contatti finora qui evidenziati con l’Italia da parte del cenacolo dei Vosgi attraverso la figura dell’umanista Matthias Ringmann, sono comprovati dalla lettera di Gianfrancesco Pico della Mirandola, nipote di Giovanni Pico, scritta e indirizzata a Matthias Ringmann, ed inserita dallo stesso, nell’edizione tolemaica edita a Strasburgo nel 1513. Nell’epistola datata 29 agosto 1508 si attesta che Pico fornisce al Ringmann, partito da Strasburgo in direzione di Novi Ligure, dove allora risiede il nipote di Giovanni Pico, un codice geografico greco che permette una migliore traduzione dell’opera di Claudio Tolomeo in via di realizzazione. Il codice è riferibile attualmente al Bav.Vat.Gr.191. Ringmann da Novi ligure prosegue verso Ferrara dove incontra un altro letterato, Lilio Gregorio Girali. Questo non è il primo viaggio in Italia del Ringmann. Nel novembre del 1505, infatti, aveva già incontrato Gianfrancesco Pico nella città di Carpi. E’ dopo questa sua visita, che Ringmann decide di proseguire verso Firenze per allacciare rapporti con la famiglia Vespucci? Entrò nella chiesa di Ognissanti per visitare le tombe degli avi di Amerigo rimanendo colpito dall’immagine affrescata della Madonna della Misericordia che li sovrasta, suggerendola in seguito a Gautier Lud, fervente mariano, Lud, infatti, fu colui che nel 1494 introdusse la festa della presentazione della Vergine al Tempio, per utilizzarla come modulo strutturale del planisfero del 1507? Ricordiamo che Ringmann era in animo giusto per recepire particolari stimoli religiosi. Nel 1504, infatti, studia a Parigi nel collegio del cardinale Le Moine: essendo allievo dell’umanista Jacques Lefèvre d’Etaples, abbraccia le idee spirituali-mistiche della devotio moderna. Questo movimento riformista avvicina il credente attraverso un percorso spirituale misericordioso, che lo porta ad immedesimarsi con la figura stessa del Salvatore, secondo una visione della religione molto più personale. Da sottolineare inoltre l’opera in “Sintagma de musis” pubblicata nel 1511dallo stesso Ringmann. Frutto dell’incontro con l’umanista ferrarese Lillio Girali, partendo dalle notizie che gli antichi greci e latini davano sul nome e sull’origine delle Muse, Ringmann, in questo suo lavoro chiarisce la questione sul perché le virtù morali, le qualità intellettuali, le scienze e i tre continenti del Vecchio Mondo abbiano sembianze e nomi femminili. Esempio, quindi, illuminante di come l’alsaziano fosse sensibile alla tematica della raffigurazione retorica della donna come imprescindibile utero da cui tutte le arti e le virtù morali ebbero forma ed origine. [6] Giorgio Mangani, Amerigo Vespucci e la meditazione cartografica, Riv. Geogr. Ital., 112, pp.523-540, Firenze, 2005, si segnalano a riguardo in questo studio, le note (4) e (7) dove Mangani sottolinea alcuni passaggi fondamentali, basandosi proprio sulle ipotesi da noi prospettate a partire dal maggio 2003, in merito alle quali la sagoma proiettiva della grande carta murale stampata a Saint-Dié-des-Vosges nel 1507, possa celare un ermetico messaggio simbolico caritatevole, ossia misericordioso. [7] Salmo 33, 5. Altro salmo molto interessante in questa prospettiva è il 104, Inno a Dio creatore, dove esplicitamente si parla di manti e drappi in relazione all’atto creativo.