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L'atroce passione


di Vittorio Messori  La passione e la morte di Gesù sono le due prime tappe di quello che la Chiesa chiama “il Mistero Pasquale“ e che si conclude con la gioia della Resurrezione. Molti maestri del cinema si sono confrontati con questo mistero, ma il progetto di Mel Gibson è certamente il più radicale. La sua intenzione, infatti, è stata quella di mostrare sino in fondo, senza nulla nascondere, che cosa sia stato il calvario di Gesù. Il risultato è stato tale da emozionare il mondo. Ci sono state, però, anche voci di dissenso.Tra queste, quelle di alcuni ambienti ebraici, soprattutto americani. Talvolta prima ancora di vedere il film, qualcuno ha esternato il timore che potesse rinfocolare vecchie ed odiose ostilità. E’ indubbio che la storia del cristianesimo è stata segnata non dall’antisemitismo razziale, che è il frutto velenoso della modernità postcristiana, ma dall’antigiudaismo, cioè dalla avversione   religiosa verso il popolo ebraico, considerato responsabile della morte di Gesù. Riproporre la passione in tutta la sua  brutalità, non rischiava di alimentare quella avversione? In realtà, nel film è chiarisimo che ciò che grava sul Cristo e lo riduce in quello stato non è la colpa di questo e di quello, bensì il peccato di tutti gli uomini, nessuno escluso. All’ostinazione del Sommo Sacerdote nel chiedere la condanna, fa da   contrappeso il sadismo inaudito dei carnefici romani. Alla viltà di Pilato si oppone il coraggio del membro del Sinedrio che grida che quel processo è illegale. Se ebrei sono i membri del gruppo di potere che chiede la condanna, sono ebrei Gesù stesso, la madre, gli apostoli, le pie donne, i protagonisti di tanti episodi di pietà tenera e solidale. Per una singolare coincidenza, quest’anno la Pasqua giudaica e quella cristiana coincidono. Ma allora, per dirla con Mel Gibson stesso: <<Ho voluto solo riproporre il messaggio di un Dio che è amore. E che amore sarebbe se escludesse qualcuno?>>