The city of Dite

7/4/'300 (10)


Io stava come 'l frate che confessalo perfido assessin, che, poi ch'è fitto,richiama lui, per che la morte cessa.Ed el gridò: «Se' tu già costì ritto,se' tu già costì ritto, Bonifazio?Di parecchi anni mi mentì lo scritto.(Inf XIX, 49-54)La mirata vis polemica di Dante è sapiente, leggera nei versi sopra riportati: tra i simoniaci, papa Niccolò III scambia il poeta per il pontefice Bonifacio VIII. Il primo si meraviglia di come "lo scritto", ovvero il libro dell'avvenire che i dannati sono in grado di leggere, gli abbia mentito (la morte di Bonifacio risale al 1303 e com'è noto i fatti della Commedia si svolgono nel 1300) ma l'equivoco è quasi naturale: avendo la testa confitta in una profonda buca i simoniaci non vedono l'esterno. L'allegorica pena per la cupidigia terrena (vicinanza ai possedimenti tanto ricercati in vita), l'inversione fisica che riflette il capovolgimento tra spirito e materia che questi personaggi operarono in Terra si scagliano per penna di Dante contro il papato che tanto lo perseguitò, consegnando i vicari di Dio ad una sorte risibile e quindi doppiamente infernale.   In immagine: "Il papa simoniaco" di William Blake.