NEMO

SULL'ISOLA CON ARTURO


Spero che questi post non vengano letti (dai pochi che oseranno farlo, vista la paurosa lunghezza) come una ridicolizzazione de L’isola di Arturo che è un’opera molto seria e appassionante. È il mio modo di scrivere che sembra prendere certe cose alla leggera, ma credo che sia comunque utile.Certo sarei molto sciocca, o molto limitativa (e limitata e limitante, diciamole tutte) se dicessi che il romanzo è incentrato tutto su un complesso edipico. E infatti non lo dico.Preferisco citare le parole del grande critico Cesare Garboli: “…tutto quello che avviene nell’isola di Arturo potrebbe dirsi una tempesta in un bicchier d’acqua, se il bicchiere non fosse poi così miracolato, nelle sue umili dimensioni, da detenere una capienza appunto planetaria”.Insomma in poche pagine, su di un’isola piccolissima, un ragazzo prova sentimenti che accomunano tutti gli uomini, vive tutte le esperienze, ed anche di più, degli adolescenti. Prova i primi conflitti amorosi, le prime delusioni d’amore, la gelosia per la nascita di un fratellastro, che tra l’altro, ha le caratteristiche fisiche che Arturo ha sempre sognato di avere, biondo, occhi azzurri come il padre Wilhelm e, la delusione maggiore, il crollo del mito paterno.Tutti gli adolescenti, chi di più e chi di meno, attraversano questa fase in cui i genitori, considerati degli essere infallibili durante l’infanzia,  diventano esseri mortali, capaci di sbagliare e forse anche più degli altri: crollano tutte le certezze di quando si è bambini. Si vede il mondo con occhi nuovi.Quando Arturo si apre a questo nuovo orizzonte, a questo nuovo modo, disincantato di vedere le cose, la stretta e piccola Procida non gli basta più, ha bisogno di un orizzonte diverso anche geograficamente.Quando Arturo lascia l’isola, termina la storia. La Morante ha voluto raccontare un pezzo della vita di Arturo: il destino del protagonista finisce quando la vita di un uomo dovrebbe iniziare. Cosa succederà ad Arturo, nessuno lo saprà mai. Si innamorerà di una brava ragazza? Troverà un lavoro dignitoso? Chi lo sa. Il bello di certe storie è che contengono un inizio nella fine, ma purtroppo non ci è dato di soddisfare tutta la nostra curiosità di lettori, che si affezionano al personaggio e ne vorrebbero conoscere la storia fino alla fine.Il futuro di lui è pieno di interrogativi ed è confuso al massimo. La scrittrice è stata brava a lasciarci così…che rabbia però!Avrei voluto che fosse tornato da Nunziata che comunque l’amava tanto, e lui se n’era accorto, ma purtroppo lei aveva rifiutato la possibilità esterna di amarlo in un modo diverso da quello materno, e si è limitata quindi a provare vergogna e timore verso questo sentimento che la rende adultera e perciò degna di ogni cristiano disprezzo.Se fosse finito così il libro, io e qualche altro lettore saremmo rimasti soddisfatti? Chi potrebbe mai dire che sarebbe stata la scelta migliore? In fondo le cose sperate, che non hanno la conclusione in apparenza logica, sono le migliori.Questo senso l’afferrai l’anno scorso leggendo L’educazione sentimentale di Flaubert. Giusta allora l'affermazione di Bertrand Russell:“La mancanza di qualcosa che desideriamo è una parte indispensabile della felicità”.