Donne in ascolto

Post N° 56


SE LAVORA SOLO LUI, IL CONTO CORRENTE DI FAMIGLIA E' DEL MARITO
di Francesca BrunatiMILANO - Se in famiglia il marito è l'unica fonte di reddito, appartiene esclusivamente a lui il denaro depositato sul conto corrente cointestato anche alla moglie casalinga, con la quale è sposato in regime di comunione dei beni e dalla quale si è separato. E' quel che emerge da una sentenza, di recente impugnata, con cui il Tribunale di Milano ha assolto un uomo, padre di due figli, dall'accusa di violazione degli obblighi di assistenza familiare dopo che la ex moglie, in separazione di fatto e prima dello scioglimento del matrimonio, aveva prelevato una cospicua somma dal conto comune per le esigenze di casa. Il tribunale, inoltre ha anche sostenuto che frasi del tipo "mantenuta", "sei grassa, chi ti vuole", sebbene contrarie al buon gusto, sono irrilevanti ai fini del reato di maltrattamenti. La vicenda per la quale l'uomo, denunciato dalla moglie, è finito imputato anche per maltrattamenti in famiglia, va dall'autunno del 2003 all'estate del 2005. Lui, libero professionista, e lei, impiegata in congedo dal lavoro per seguire i due bimbi ancora piccoli, uno dei quali malato. La moglie nei ritagli di tempo dà una mano al marito: piccoli lavoretti svolti da casa, come la battitura di elaborati o la redazione di fatture. I due cominciano a litigare in modo pesante. Il matrimonio va alla deriva fino ad arrivare, per volere di lei, alla richiesta di separazione. Lui, su invito della moglie, a luglio di tre anni fa se ne va. Lei nel giro di due mesi e con più operazioni, preleva da uno dei due conti correnti di famiglia 76 mila e 500 euro circa, cifra che, come ha più volte ripetuto in seguito, è servita per il menage dei piccoli. Anche perché il marito, da quando cambia casa, non versa più un euro per il mantenimento dei due bimbi e il rimborso di un prestito bancario. Per questo e per i litigi anche violenti, la moglie lo denuncia e lo fa finire sotto processo. Lo scorso giugno il giudice monocratico della terza sezione penale Michele Montingelli, oltre ad aver assolto l'ex marito e padre dall'accusa di non aver pagato gli alimenti ai figli minorenni "perché il fatto non sussiste", ha derubricato il reato di maltrattamenti in famiglia in percosse, lesioni, ingiurie e un singolo episodio di violenza privata, condannandolo a 40 giorni di carcere sostituiti con una multa di 1520 euro e a 3 mila euro di risarcimento. Nell'assolvere l'uomo il giudice ha ritenuto che, come più volte ha sottolineato, "le disponibilità di denaro esistenti sui conti correnti intestati ai coniugi fossero, in epoca antecedente allo scioglimento della comunione, ed in linea con l'attuale orientamento della Suprema Corte, di esclusiva proprietà" di lui. Proprio perché il denaro era "di pertinenza" del marito, i prelievi effettuati, sebbene depurati del 20 per cento a titolo di retribuzione per l'aiuto dato al marito nell'ambito della sua professione (la somma residua è di circa 61.600 euro), sono andati a "sostanziare - prosegue la motivazione - una condotta contraddistinta da rilevanza penale" (appropriazione indebita o sottrazione di cose comuni). E non solo. Il giudice ha stabilito che la cifra prelevata era anche "oggettivamente idonea a consentire" i mezzi di sussistenza ' calcolati in 1600 euro mensili - per i figli e il rimborso del finanziamento sia per i mesi in cui non sono stati versati gli alimenti sia per i mesi successivi fino al pareggio tra debito e credito. ''Risulta pertanto del tutto smentito" che l'ex marito "abbia fatto mancare, in questi ultimi due anni e 10 mesi i mezzi di sussistenza ai figli minori, posto che - continua - egli ben sapeva, ovviamente, come nella disponibilità della moglie fossero entrate somme, in realtà di sua proprietà, del tutto idonee a soddisfare tali esigenze". "Si pensi in definitiva ' sottolinea il giudice ' quanto potrebbe essere arduamente sostenibile non solo sul piano del diritto ma anche sotto un profilo di buon senso comune, poiché in ultima analisi sfociante in un incoraggiamento alla realizzazione di condotte illecite", sostenere che l'ex marito "dopo essere stato espropriato di somme indubbiamente di sua pertinenza" per una cifra "tale da permettere abbondantemente di garantire ai figli i mezzi, avrebbe dovuto duplicare il contributo, iniziando a versare mese per mese ciò che la moglie si era già assicurata per anni". La sentenza è stata impugnata dalla Procura generale di Milano (che tra l'altro censura la valutazione delle espressioni "sei una mantenuta" e "sei grassa, chi ti vuole") e dalla ex moglie e madre dei due piccoli assistita dall'avvocato Laura Panciroli. Il legale, nel suo ricorso, ha tra l'altro evidenziato: "Il giudice pare voler ignorare come tutte le risorse in comunione siano destinate a soddisfare le esigenze del nucleo famigliare e costituiscano patrimonio comune". Cosa ne pensate?Secondo me rispetto al discorso del mantenimento è giusto che 70.000 vadano a coprire il dovuto almeno per qualche tempo; ma arrivare a dire che i soldi guadagnati dal marito sono sua esclusiva proprietà, nonostante la comunione dei beni, è assurdo e offende tutte le donne casalinghe che passano così da "mantenute". Inoltre sminuire la violenza domestica è gravissimo, non vorrei offendere nessuno ma non è che il giudice sia un pelino maschilista? un abbraccio a tutti. M.