Alla tavola rotonda

A furor di popolo


  A furor di popolo, il vincitore della Sezione FUORI GARA del Gioco Letterario CREPI IL LUPO  E'PRIMOSIRE ! Ho vinto un concorsino letterario e non ho pubblicato il mio racconto vincente sul mio blog. Non l'ho pubblicato perchè il mio blog è cos' poco visitato che mi era sembrato inutile farlo: sono molti di più quelli che l'hanno letto sul blog di Elly nei racconti fuori gara: http://sites.google.com/site/scrivolando/-crepi-il-lupo---i-racconti-fuori-gara di quelli che l'avrebbero letto sul mio blog.Poi ho pensato che sarebbe potuto sembrare un atteggiamento snob.Non lo è, che il mio racconto sia stato scelto dalla maggior parte di chi ha votato mi ha fattp molto piacere ed anche molto pensare, sulle mie qualità di meccc.. pardon, scrittore.Perciò lo pubblico ora, ecco, qui di seguito. Pachito dal Tin, argentino, non era mai stato bello, nemmeno da giovane. Piccolo di statura, aveva un viso grinzoso come una mela vizza, le gambe storte, le spalle strette ed il petto che sembrava concavo. Ma Pachito non era solo argentino, Pachito era anche italiano, anzi no, era il risultato di una notte nella quale suo padre, veneto di Fontanelle, vicino Treviso, aveva dormito con una bella gaucha, più spagnola che amerinda, sotto le stelle, avvolti nella stessa coperta. Pachito dal Tin era suonatore di bandaneon, la sala da ballo dove suonava non era un grande locale, ma aveva una grande palla sospesa al centro, tutta specchietti per riflettere le luci nei vaporosi capelli di donne danzanti e le dita di Pachito erano magiche come fatte apposta per i tasti del bandaneon. Quella era la sua ultima sera di suonatore di bandaneon, la sua faccina di mela vizza non andava più bene nemmeno per quel'orchestra da sala dei sobborghi. Era insieme l’ultima notte dell’anno e sua ultima di suonatore di bandaneon, aveva suonato la notte di Natale ma non avrebbe più suonato per la Befana che tutte le feste porta via. La folla di capodanno danzava, parecchie pancette e qualche calza smagliata, una vertigine di abiti multicolori nelle figure del tango. Pachito suonava il suo strumento, quando al centro della pista comparvero due figure che sembravano una sola, fusi nel tango. La coppia, capitata lì per chissà quali percorsi della notte di festa, dava l'idea di avere già un discorso iniziato e lo continuava, al suono del bandaneon, lei bruna, piccola e flessuosa sembrava volare fra le mani di lui, alto e biondo come un tedesco e la sensualità sprigionata da quei due si spandeva nella sala pervadendo ballerini e musicisti. E cresceva la passione, nelle gambe che danzavano, nelle braccia che stringevano, nelle mani che toccavano e si toccavano. L'orchestra suonava e le dita di Pachito dal Tin volavano sui tasti generando toni, suoni e sensualità. Fu lì che d'un tratto il tempo si fermò. Non si fermò per tutti nello stesso momento: prima si fermò una coppia lui piccolo e lei più alta e si fermò anche il contrabbasso.Poi il violino, il gomito alto, l'archetto sulle corde e cinque coppie sul lato destro della sala, immobili nella figura del tango e poi si fermò il pianoforte, il medio premuto su un do diesis e otto coppie in fondo alla sala. Poi rimasero solo loro quattro: la coppia sensuale, Pachito ed il bandaneon. E Pachito dal Tin, argentino ma veneto, concepito in una notte di stelle del millenovecentoquattordici, da una gaucha più spagnola che amerinda ed un veneto biondo e alto che sembrava un tedesco, premeva i tasti del suo bandaneon che si allungava come per inspirare l'aria che faceva volare la coppia sensuale. E piangeva, Pachito dal Tin, piangeva perchè la musica soffiata fuori dallo strumento gli rientrava dritta nell'anima e nuovamente usciva dalle sue dita che danzavano sui tasti, piangeva perchè nelle sue dita vibravano la speranza ed i capelli al vento di suo padre, sul vapore da Genova a Buenos Aires e piangeva perchè sulle note danzava lo spirito dei suoi parenti di Fontanelle che lui non aveva mai visto e piangeva anche perchè non sapeva dove fosse Fontanelle e nemmeno Treviso. Suonava e piangeva Pachito per la fatica di suo padre e di tutti gli immigrati in Argentina che avevano scelto l'America del Sud invece degli Stati Uniti e così avevano fatto molta fame e poca fortuna. Suonava, Pachito dal Tin, nel tempo fermo della sala da ballo di periferia, unico suonatore, uomo orchestra, con tutta la passione dei suoi nervi e della sue dita per quella coppia sensuale, belli come nella fotografia e piangeva lacrime salate che scendevano per le guance vizze e sulla sua ultima giacca da orchestrale facendo riflessi nuovi sui vecchi lustrini. Piangeva per le donne belle che non lo avevano amato e piangeva anche per i capelli biondi di suo padre nel vento del vapore, da Buenos Aires a Fontanelle, con sbarco a Genova e mai tornato, a riprendere sua madre e lui. Piangeva e suonava, Pachito dal Tin, nel tempo fermo di Buenos Aires, nella sua ultima notte di suonatore di Bandaneon.   L'immagine di Pachito dal Tin mi è venuta in mente guidando in autostrada, fra Pontremoli e Sarzana, che fosse figlio di un immigrato temporaneo, mi è stato ispirato dalla storia del nonno di una persona che conosco: era già sposato in Italia ma si è sposato anche in Argentina ed ha avuto due figli, è tornato in Italia dopo pochi anni e si è scordato della moglie e dei figli argentini. Complessivamente deve aver avuto dieci figli, argentini compresi.Il nome dal Tin, l'ho scelto fra i più comuni di Fontanelle, fonte Google.Ho anche pensato: niente male per un meccanico.