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Post n°89 pubblicato il 02 Aprile 2009 da amministratore_blog

e non  solo i mari azzurri dei Caraibi: i paradisi fiscali possono essere più vicini di quello che si pensa.
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Una delle armi messe in campo dai governi occidentali per combattere la crisi economica in atto è la lotta ai paradisi fiscali, vale a dire quei paesi che, con normative troppo elastiche, consentono di tenere nascosti gli effettivi titolari di conti correnti o i veri proprietari di società.

Nessuno può dire se la mossa potrà avere effetti rilevanti sulla crisi, ma, nell'ottica di una generale moralizzazione dell'economia, è stata salutata dall'opinione pubblica come un intervento positivo.
Quando si pensa ad un paradiso fiscale vengono in mente generalmente gli alpeggi svizzeri o le spiagge bianche dei Caraibi, ma le cose si dimostrano essere un po' più complicate di così
Leggendo infatti un recente articolo dell'Economist,  la malattia sembrerebbe essere molto più vicina al cuore dell'impero di quanto generalmente si pensi.

Da uno studio effettuato da un ricercatore australiano (Jason Sharman della Griffith University)  emerge che la principale fonte di truffe ed evasioni fiscali, non sono i paradisi off shore, bensì gli stati di common law (USA e Regno Unito in testa), in cui é possibile costituire società senza alcun controllo sull'identità reale dei "beneficial owners", richiesto non solo dalla normativa UE antiriciclaggio, ma anche dalle equipollenti norme di diritto statunitense.

La questione ha anche ricadute politiche, dato che il primo ministro lussemburghese, che ha dovuto ingoiare l'abbandono del segreto bancario da parte del suo paese, ha posto esplicitamente la questione dei paradisi fiscali statunitensi.

In effetti, in molti stati USA, e così pure in Gran Bretagna, non c'è nessun controllo preventivo sulla identità dei soggetti che costituiscono una società, nè sulla attendibilità dei dati riguardanti la società stessa che è possibile ricavare dalle varie "companies house", ossia l'equivalente di common law del nostro Registro Imprese.

È emblematico quanto si legge sul sito del registro imprese di Sua Maestà Britannica

"Companies House is a registry of corporate information. We carry out basic checks to make sure that documents have been fully completed and signed, but we do not have the statutory power or capability to verify the accuracy of the information that corporate entities send to us. We accept all information that such entities deliver to us in good faith and place it on the public record. The fact that the information has been placed on the public record should not be taken to indicate that Companies House has verified or validated it in any way."

TRAD: "Companies House è un registro di informazione societaria. Noi conduciamo controlli di base per essere sicuri che i documenti siano stati pienamente completati e firmati, ma non abbiamo il potere legale o la capacità per verificare l'accuratezza dell'informazione che  le entità societarie ci inviano. Noi accettiamo tutte le informazioni che tali entità ci spediscono in buona fede e le pubblichiamo sul pubblico registro. Il fatto che l'informazione sia stata collocata sul pubblico registro, non vale ad indicare che la Companies House l'abbia verificata o convalidata in alcun modo."

Con tanto di successivo disclaimer

"The information available on this site is not intended to be comprehensive, and many details which may be relevant to particular circumstances have been omitted. Accordingly it should not be regarded as being a complete source of company law and information, and readers are advised to seek independent professional advice before acting on anything contained herein. Companies House cannot take any responsibility for the consequences of errors or omissions."

TRAD: "L'informazione disponibile su questo sito non intende essere completa e molti dettagli che possono essere rilevanti per particolari circostanze sono stati omessi. Di conseguenza, il sito non deve essere considerato come una fonte completa di diritto e informazione societaria e i lettori sono avvertiti di ricercare consulenza professionale indipendente prima di agire in relazione a qualcosa contenuta qui. Companies House non assume nessuna responsabilità per le conseguenze di errori o omissioni."

Insomma, come direbbero a Roma: "famo a fidasse", il che può forse andar bene in tempi normali, ma comincia pericolosamente a far scricchiolare tutto l'edificio quando le cose vanno male e si scopre che l'opacità delle procedure e la scarsa trasparenza degli attori economici possono aver contribuito, non certo da sole, al gran casino nel quale siamo tutti capitati.

A questo proposito il mio editor (Alberto) mi fa notare che occorre  distinguere "la trasparenza delle procedure e degli atti (di bilancio e non solo) delle società con la trasparenza riguardo ai beneficiari. I primi - e solo i primi - sono necessari al funzionamento di una sana economia di mercato. I secondi sono necessari al governo per "meglio tassare" individui, collegando i loro redditi individuali con quelli delle società che possiedono; oppure servono alla polizia per combattere il riciclaggio."
Insomma, la trasparenza dei bilanci sarebbe cosa buona e giusta, mentre la trasparenza dei beneficiari avrebbe dei trade-offs - dato che permette di catturare meglio i mafiosi - ma permette allo stato politiche fiscali che sarebbe meglio evitare, sicchè la normativa "liberale" degli stati di common law potrebbe essere vista come una forma di pre-commitment del governo a limitare certe forme di tassazione delle società.
Orbene, che una buona conoscenza degli assetti societari serva allo stato a controllare fiscalmente (e non solo) le entità economiche mi semba indubitabile e del resto la lotta ai paradisi fiscali ed alle società off-shore mira proprio a questo, ma non ritengo che questo aspetto sia preminente, quanto piuttosto concorrente con l'esigenza di certezza dei traffici.
La trasparenza dei bilanci e la trasparenza societaria sono in realtà due aspetti della medesima questione e non possone essere tenuti separati. Il fatto di sapere con ragonevole certezza chi c'è dietro una determinata società, quali poteri hanno i suoi amministratori, qual è il suo capitale e così via fa funzionare meglio il mercato, dato che consente di trattare con quella società con un ragionevole grado di affidabilità e di rapidità evitando di ricorrere a un "independent professional advice before acting", per usare le parole della companies house britannica e d'altro canto rende più veritieri ed affidabili i bilanci stessi, dato che le poste attive e passive collegate ad altre società hanno un quadro più certo di riferimento.

E il mio editor (Alberto) continua - che oggi si deve essere alzato più liberista del solito - e non me ne fa passare una: sono d'accordo che  "il  fatto di sapere con ragonevole certezza  quali poteri hanno gli amministratori di una societa', qual è il suo capitale e così via fa funzionare meglio il mercato" ma non sono d'accordo che cosi' sia necessariamente per quanto riguarda "sapere chi c'e' dietro a una societa'" a meno che costui/costoro non ne siano anche amministratori. In regime di limited liability, chi possiede non conta, a meno che non amministri (o scelga chi amministri). Sto facendo un punto di lana caprina, me ne rendo conto, perché la distinzione tra "chi c'è dietro" e chi amministra è certamente una area grigia. Ma il punto secondo me è importante. Il trade off pure. Può valer la pena perdere qualcosa  in trasparenza per guadagnare evitando tasse arbitrarie o troppo progressive. Dipende dalle istituzioni politiche.

Concludo io, che, come in tutte le cose,  occorre naturalmente trovare  un punto di equilibrio che garantisca la fiducia reciproca tra gli attori economici e tra questi e le isituzioni dello stato, la ricerca non è facile, anche se mi sembra evidente che in questo momento il pendolo stia, forse pericolosamente, oscillando verso maggiori controlli statali e sovranazionali.
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By NoiseFromAmerika

 
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