TREMENDA EMOZIONE

DEDICATO...??????


Non sono mai riuscita a farlo mentire. Mi sbatte in faccia la verità che arriva tagliente come una lama. Ti guarda fisso negli occhi ed emette crudele il suo giudizio, insindacabile e terribilmente vero. Inutile cercare di apparire ciò che non sono. Mi muovo, mi giro di lato, raddrizzo le spalle, tento invano di sorridere, ma ciò che vedo non è mai ciò che vorrei vedere. Lo specchio mi restituisce un’immagine che detesto ogni istante di più. E mentre mi osservo mille voci si mescolano nella mente, mille propositi per il futuro si affollano in me cercando spazio e, in ultimo, il timido tentativo di cercare una ragione, di darsi un perché, di spiegare……Ma cosa c’è da spiegare?….guardati allo specchio. Ed è esattamente ciò che faccio: mi osservo. Vestita, nuda, davanti, dietro, di profilo, seduta o accucciata. Mi osservo in mille posizioni. Truccata, o spettinata. Bagnata dalla doccia, indossando un meraviglioso completo nero di pizzo o semplicemente senza. Mi osservo e penso. So bene quanto ci sia oltre la mia immagine e non è certo questo ad essere in discussione. E’ ciò che si vede fuori, ciò che gli uomini osservano, che molto spesso è tutto ciò che loro interessa. E forse sta qui il perché del tradimento, il motivo che l’ha spinto a cercare altrove; ma non solo altrove…a cercare qualcosa che io non ho più o che non ho saputo dargli. Ma come può una ragazzina che potrebbe essere mia figlia dargli tutto ciò che aveva sempre trovato in me? Vent’anni contro cinquanta. Il paragone non regge. E lo specchio, maledetto, continua a ridere. Eppure, non riesco a scorgere, nella mia immagine riflessa in questa fredda lastra appesa alla parete, il motivo della fuga. Sono bionda naturale, con i capelli morbidi poggiati sulle spalle. Sempre perfettamente curati. Mentre lei è una morettina, capelli corti, sbarazzina. Sembra una bambina, forse lo é. Vesto elegante, abiti firmati, gioielli preziosi, tacchi alti, al contrario di lei che sembra un maschiaccio. Forse non possiede altro che i suoi jeans sdruciti e le scarpe da ginnastica. Ricopro un ruolo di successo in ambito professionale, mentre lei ancora gironzola per gli uffici alla ricerca di materiale per la tesi. Eppure lei se l’è preso, se lo porta in giro nemmeno fosse un cagnolino ai suoi comandi. Per lei ha cancellato anni di vita insieme, anni di difficoltà e di vittorie condivise. Ora c’è solo lei e nemmeno si accorge dello sguardo che le rivolge quando la vede passeggiare nei corridoi. Nemmeno si accorge di smettere di respirare, di pensare, di parlare. Nemmeno si accorge che il mondo, comunque, esiste anche al di fuori di loro due. E, soprattutto, che in quel mondo ci sono io. Sono una persona razionale e di conseguenza devo agire. Non so cosa potrò fare, ma almeno tentare di capire il motivo. Nulla può finire senza ragione. Oggi mi sento persa, sconfitta, sola. E più mi osservo così davanti allo specchio, più mi convinco di avere qualcosa da offrire ancora. Sistemo la giacca, allineo i fili della collana di perle affinché circondino perfettamente il collo posandosi dolcemente sul mio decolleté generoso. Stiro con le mani la gonna stretta, lanciando un ultimo sguardo di sfida verso lo specchio. Di colpo non lo sento più un avversario. Nella penombra dell’ufficio mi appare quasi un amico fedele, un alleato. La mia figura ancora snella gli gira le spalle, quasi a volergli mostrare un bel sedere, sodo e fasciato da indumenti di squisita qualità. Torno verso la scrivania, aspettando che arrivi l’orario dell’appuntamento. Vediamo cosa farà la bambina. Chissà se immaginerà il motivo della convocazione. La vedrò entrare tremando o sarà ancora spavalda come quando agita i suoi piccoli seni qua e là, godendo degli sguardi maschili che scivolano sul suo corpicino maledettamente perfetto? Ho richiesto la sua presenza nel mio ufficio a quest’ora tarda, affinché nessuno possa interromperci, nemmeno lui, che proprio oggi è a Roma per un congresso. Lui. Il grande capo, mio marito, che se la fa con una ragazzina sotto il mio tetto. Lui che pensa di essere talmente intoccabile da non preoccuparsi nemmeno di me. Mentre invece io ho capito tutto, ho visto dettagli, sguardi, biglietti. Ho sentito sospiri e ansimi malcelati. Ho percepito l’elettricità tra loro. Ed ora sono qui, che lenta cammino verso la porta, aprendola ed invitandola ad entrare. La ragazzina entra sorridendo, portando con sé una sferzata di allegria genuina, di freschezza pura. Mi regala un sorriso innocente, bello e solare come è lei. Si accomoda davanti a me, accavalla le gambe riuscendo ad essere sensuale anche in un paio di jeans sbiaditi. Le mani lunghe ed affusolate, ben curate, si poggiano sul ginocchio. Si china appena in avanti e mi osserva. Mi guarda negli occhi, forse cercando di comprendere il motivo del mio evidente nervosismo. I suoi occhi scuri sono profondi, attenti ed intelligenti. Non è truccata, solo un filo di gel sui capelli corti e due splendidi bottoncini in oro bianco alle orecchie fanno risaltare ancora di più la sua bellezza apparentemente innocente. Ma innocente non è, affatto. Ci guardiamo. Siamo una di fronte all’altra, entrambe in guerra per lo stesso uomo. Solo che per me è l’uomo della vita, mentre per lei l’avventura passeggera con il grande capo. Una di quelle avventure da raccontare alle amiche. Quelle storie di cui vantarsi. Aver fatto perdere la testa ad un cinquantenne….. Questi pensieri infuriano nella mia mente, nonostante mi sforzi di sorriderle. Sento una rabbia crescermi dentro, vorrei gridarle in faccia tutto quanto, tutto il mio dolore, tutta la mia pena, ma so per certo che non capirebbe. Non potrebbe comprendere il significato di una vita d’amore…. Così mi sforzo di usare un’altra tattica. Non sarò io a umiliarmi. Sarà lei ad implorare me. Così decido di tentare mettendola in imbarazzo. Vediamo se riuscirò a levare quello sguardo di sfida dai suoi occhi, quell’atteggiamento spavaldo e strafottente. Comincio a parlare con calma, misurando ogni parola e ricorrendo al lessico delle grandi occasioni. Le parlo di me, della mia vita, della mia ascesa, delle difficoltà che si incontrano specie quando tutto sembra concretizzarsi davanti agli occhi. Le racconto di non fidarsi mai di nessuno, di non essere mai certa di conoscere una persona, perché l’animo umano è ricco di mille sfaccettature. La osservo mentre si rilassa sulla poltroncina ascoltandomi rapita. Le dico che è bella, intensamente bella. Godo del suo rossore sulle guance. So che sta pensando a mio marito, ma non faccio alcun riferimento. Lascio scivolare il mio sguardo sui suoi seni, nudi sotto la camicia di lino bianca. Osservo il suo imbarazzo nel seguire la direzione del mio sguardo. Ed oso ancor di più proponendole di mostrarmi quanto è bella davvero, slacciandosi la camicia. Spalanca gli occhi. Ora è senza difese la bambina. Mi guarda, incapace di rispondere, mentre una briciola di orgoglio la spinge ad accettare la sfida. Si impone di sorridere. Mi chiede cosa voglio fare. E’ improvvisamente passata dal ‘lei’ al ‘tu’. Prende confidenza, o è solo un suo modo di attaccare per non essere sopraffatta. Spogliati e lo vedrai, le rispondo. E’ al muro. Riderò di lei per sempre se scapperà via, mentre si butterà nel buio accettando la proposta. Si alza, gira intorno alla scrivania fermandosi al mio fianco. Sollevo la testa per osservarla, mente in piedi vicino a me slaccia nervosamente i bottoni della camicia. Terminata l’incombenza lascia che sia io a spostare i lembi di tessuto che coprono la sua splendida nudità. Scosto la camicia, che scivola in fretta per terra. Due seni piccoli ma sodi, sporgenti per il freddo o per la vergogna o, chissà, per l’eccitazione, sembrano osservarmi. I capezzoli piccoli e scuri sono meravigliosi frutti da mordere. Continua, le chiedo. Sempre più sbalordita slaccia i pantaloni sfilandoli in un gesto veloce quanto intrigante. Rimane davanti a me, nuda ad eccezione del perizoma nero che ricopre un piccolo triangolino tra le gambe. Mi chiede se deve proseguire. Le faccio cenno di no, ma le chiedo di girarsi e lasciarmi ammirare il fondoschiena. Il desiderio di affondare tra le sue natiche burrose è infinito, ma trattengo il mio istinto, limitandomi a guardare. La invito a sedersi al centro del mio tavolo mentre sprofondata nella mia poltrona in pelle posso ammirare un meraviglioso panorama. I suoi piedi nudi poggiati sui braccioli della poltrona, le sue gambe divaricate in corrispondenza del mio sguardo, il triangolo nero del perizoma a poca distanza dalla mia bocca. Ubbidisce ad ogni mia richiesta. Si sostiene in quella posizione innaturale con la braccia dietro la schiena, offrendomi completamente sé stessa, in attesa che le rivolga una qualsiasi attenzione. Invece la guardo. Il desiderio di toccarla è diventato irrefrenabile. Ma più forte è il desiderio di farla soffrire. La sua bocca schiusa, gli occhi dilatati, il capo reclinato di lato ed un impercettibile quanto mai eloquente movimento tra le gambe rivelano il suo stato di eccitazione. Mi chino tra le gambe, che divarica prontamente, allo scopo di aspirare il suo profumo. E’ intenso, forte e deciso. Odore di donna. Odore della sua eccitazione che non riesce a nascondere. Odore dolciastro del suo liquido caldo che bagna lentamente il tessuto nero del perizoma. Poggio la punta del naso sul clitoride nascosto al mio sguardo, ma basta questo per sentirla sobbalzare. Strofino il viso sullo slip, mentre le gambe si aprono ancora di più invitandomi verso di lei. E’ mia, ormai, lo sento. Sfilo il perizoma rivelando una meravigliosa nudità. Completamente depilata, le gambe vergognosamente divaricate il suo bocciolo rosa si offre alla mia vista senza ritegno. Ci affondo finalmente dentro succhiando il suo desiderio che sento esplodere in un gemito sommesso. E’ sorprendentemente duro e bagnato. Lo succhio come fosse un piccolo, dolcissimo membro, mentre il suo caldo sapore si posa sulle mie labbra come fosse nettare, il suo profumo mi riempie la mente. Voglio affondare in lei. Lecco le sue grandi labbra gonfie e carnose. Lecco ogni piega del suo delicato fiore, bevendo ogni goccia della sua passione. Ascolto rapita i suoi ansimi, il suo abbandono tra le mie labbra, la sua resa ai miei voleri, al suo piacere. La mia lingua scivola dentro di lei, lungo le sue pareti morbide, lungo il suo fiume in piena che esplode davanti a me. Lascio scivolare le mie dita in lei. Spingo fino in fondo, godendo del suo piacere e del suo dolore. Inarca la schiena invitandomi a continuare. Con il corpo asseconda i movimenti della mia mano che corre tra le pareti della sua voglia impazzita: grida la bambina, mi chiama, mi vuole. Sollevo lo sguardo da quello splendido frutto, correndo lungo il suo corpo nudo, ormai steso sulla scrivania. I capezzoli duri svettano verso il soffitto. Mi chino su di lei, assaggiandoli, mordicchiandoli quasi con rabbia. La mia eccitazione è pari alla sua. Un lieve sadismo mi spinge a farle male. Mordo appena i suoi seni, lasciando che i brividi invadano il mio corpo. La sento godere. Accetta anche questo, ormai vinta. Le mie dita continuano a giocare navigando nel mare in tempesta. Succhio i capezzoli, muovo le dita alternando il gioco dentro e fuori. I suoi begli occhi sono chiusi, le gambe spalancate, il suo profumo inebriante riempie l’aria. Osservo la bocca. E’ bella, da baciare. Aumento il ritmo, mentre la pressione dei miei denti sui seni la fa impazzire. Ormai il respiro si è trasformato in grido, sempre di più, senza ritegno, fino ad esplodermi in mano. Un calore senza eguali mi defluisce lungo le dita, depositandosi sulla mano. Ancora stesa su di lei, osservo le mie dita ricolme del suo piacere. Apre gli occhi la bambina, quasi vergognosa di ciò che è stato. Mi osserva attendendo un segnale, intontita dal piacere. Appoggio le dita sulle sue labbra, che si chiudono abbracciandole in un meraviglioso bacio di piacere. Leccale bambina. Fammi sentire il calore della tua bocca. La sua lingua scorre sul suo sapore, lungo le mie dita, succhiandole avidamente. Mi chino a baciare quella bocca rossa, mentre le nostre lingue si confondono nel piacere di leccare il sapore della sua eccitazione. Mi succhia le labbra, mi lecca dolcemente. Ancora ansimante mi cerca. Cerca i miei seni. La osservo nuda e meravigliosa. Le gambe ancora aperte, il suo dolce succo sparso sulle gambe, sui seni, sulle labbra. E’ splendida. La battaglia è finita. Non so chi ne sia uscita vincitrice. So solo che voglio farla mia, ancora.