MONDACCIO

I SESSANTENNI BAMBOCCIONI


> Eg. direttore,> si legge sui giornali, nelle pagine locali, che il prof. Santagata, dell'ateneo pisano, ha scritto un libro, definendo i veri bamboccioni della nostra epoca non i giovani trentenni, bensì gli ultra sessantenni, rei, secondo il professore di aver dilapidato tutte le risorse e avere lasciato all'asciutto i propri figli. > Ci sarebbe da fare una profonda riflessione su tutto ciò che il professore intende sostenere. Infatti dal 1945, anni in cui si inizia l'era post bellica, certamente la vita non è stata affatto facile per nessuno. Chi ha vissuto quegli anni, per esempio dal 1945 al 1960, sa benissimo cosa fosse la società di quel tempo: miseria a ballini, gravi malattie come la TBC lungi dall' essere debellate, tanto che a Pisa per esempio, a Cisanello, dove oggi dovrà sorgere il nuovo ospedale, era insediato il sanatorio. Locato lì perchè c'era un pò di verde e un pò di aria pulita. Tanta disoccupazione e chi aveva la fortuna di lavorare lo faceva per dodici tredici ore al giorno,ivi compresi i giorni festivi. All'epoca si lavorava in fabbrica, negli stabilimenti della meccanica, del vetro, della ceramica. Contavano assai le raccomandazioni del Prete e le informazioni del maresciallo dei carabinieri. I ragazzi andavano ad imparare i mestieri. Soltanto una minoranza proseguiva con gli studi. Erea l'epoca in cui per acedere alla scuola media ci voleva l'esame di ammissione.> Le famiglie campavano alla meglio con lo stipendio del capo famiglia. I vestiti si riusavano con le stoffe rivoltate. I cappotti non dovevano mai consumarsi. La carne si mangiava una volta alla settimana. I ristoranti erano sconosciuti, così come il tempo libero. Divertimenti per i giovani dell'epoca erano pochi e di natura solitamente parrocchiale. Insomma questo era lo spaccato di quella società in cui i sessantenni di oggi hanno vissuto e cresciuto i propri figli. Oggi molti di essi sono nonni e, francamente, sentirsi definire bamboccioni, dall'intellettuale di turno, non può che farli arrabbiare e forse anche intristire.> Ringrazio la direzione per la pubblicazione di questa nota