Creato da massimo.emanuelli il 01/03/2011
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MASSIMO EMANUELLI RISPONDE A MARCO MAZZOLI

Post n°10 pubblicato il 03 Aprile 2011 da massimo.emanuelli

RISPOSTA DEL VECCHIO PIRATA DELL’ETERE MASSIMO EMANUELLI A MARCO MAZZOLI IN MERITO A

AMO LA RADIO… MA QUALE FUTURO AVRA’?

Rispondo a quanto scritto da Marco Mazzoli sul suo blog: Amo la radio… ma quale futuro avrà?

Marco anch’io amo la radio, l’ho sempre amata, ci sono entrato tantissimi anni fa (prima di te, per ragioni anagrafiche) ai tempi delle prime radio libere (ma libere veramente, come recitava la canzone di Eugenio Finardi). Ricordo che ci entrai per conoscere le ragazze che non conoscevo, si allora era un modo per conoscere le ragazze, con le mitiche dediche di canzoni alle ragazze che ti piacevano.  Nonostante l’approdo in radio locali studiavo, mi impegnavo, imparavo l’inglese con le canzoni, ordinavo i dischi, lavoravo dietro le quinte di guru della radiofonia (Franco Moccagatta in primis) quanto ho imparato e quanto lavoro dietro le quinte prime di avere un mio programma. Solo qualche dedica e intanto le ragazze ole conoscevo ma se le portavano via gli altri. AHAH L’incontro con la donna della mia vita (la mia attuale moglie) è arrivato tantissimi anni dopo.  Però l’amore per la radio è rimasto, dura da più anni rispetto a quello per mia moglie. Mentre attendevo il grande amore che finalmente è arrivato in radio ho avuto la fortuna di conoscere persone come Eugenio Finardi, Giorgio Gaber, Gianfranco Funari, Gigi Vesigna, Maurizio Seymandi, Massimo Boldi e tanti altri.  Ho avuto la fortuna di formarmi dietro a grandi maestri. 

I giovani di oggi?  Intanto hanno come maestri personaggi di bassissimo spessore, e poi non conosco donne, non conoscono neanche gli uomini, e non fanno nemmeno radio perché (siamo d’accordo in questo) le radio locali chiudono e sui network approdano i figli d’arte e i raccomandati. AHAH

Marco Mazzoli scrive: “nonostante siano passati 11 anni dalla prima diretta dello Zoo e circa 26 da quando è iniziato questo lavoro non riesco a farmelo venire a noia, anzi più passa il tempo e più gliene dedico. Eppure dopo tanti anni i meccanismi sono simili, conosco le scorciatoie potrei fare meno e godermi di più il resto della vita, ma non ci riesco, è più forte di me”.  Beh caro Marco se ti dedichi un po’ più alla vita e ad altre attività (se le sai e le vuoi fare) lasceresti spazio in radio a qualcun altro.  Quanto hai scritto però ti fa onore, alcuni tuoi colleghi mai farebbero ammissioni simili.  E’ anche vero (e ti assicuro io conosco i giovani come educatore) che molti giovani  non sono costanti, non vogliono fare gavetta, vogliono avere tutto e subito, non sono nemmeno disposti a lavorare dietro le quinte.  Ma è anche vero, come scrivi, che la gerontocrazia radiofonica gli chiude le porte.

Anch’io amo i miei lavori da morire, la radio è solo un diversivo che ogni tanto mi prendo. Oggi faccio l’insegnante, il giornalista, e delle radio locali sono diventato per ragioni di frequentazione e (ahimè) di anagrafe, lo storico.  Pur mosso da grande passione  per la radio (mentirei se tacessi ciò) mi sono inventato un modo diverso per rendergli un tributo, ma ogni tanto io interrompo le mie avventure radiofoniche, non faccio il verso a me stesso, non continuo ad andare in onda stancherei.  Fiorello stesso quando non ha niente da dire stacca e fa altro.  La scorsa settimana ho intervistato un tuo  collega on air su un network da tantissimi anni, anagraficamente e radiofonicamente più anziano di te, dopo avere parlato dei suoi esordi si è lasciato andare: “Massimo lo sai quanto mi divertivo, ti ricordi  quanto ci divertivamo? Oggi mi sembra di essere un impiegato dell’etere”. 

Si ecco cosa siete diventati, impiegati dell’etere. Dove diavolo sono andate a finire l’inventiva dei dj, i loro pareri, le loro esperienze personali, insomma la loro unicità di fare la radio come la seppero fare negli anni del pionierismo..   Dove sono finiti i Leopardo, gli Awana Ghana, i Gerry Bruno, ognuno con proprie  esperienze personali da offrire quotidianamente al pubblico sempre attento a tutte le varianti della (e sulla) radio? Certo, capisco che oggi giorno le radio commerciali siano diventate così spaventosamente commerciali che ormai, per quanto riguarda la musica da trasmettere, se non dipendi dalle majors sei tagliato fuori...  Tutte le radio, non importa con quale deejay al microfono, trasmettono tutte la stessa musica, e sull'etere ci propongono le stesse notizie Ansa estrapolate dal computer e dal web.  Questa la trovo una cosa inaccettabile. Come trovo inaccettabile il non poter distinguere un network dall’altro, ormai si scimmiottano le cose peggiori.

Marco sei arrivato in radio qualche anno dopo rispetto a noi pionieri (non avresti potuto farlo prima anagraficamente) quando già c’era un’involuzione delle radio che da libere diventavano commerciali, ricordo tanti altri grandissimi speaker che ti hanno anticipato, che sono rimasti sulle radio locali per tantissimi anni e che quando le emittenti locali hanno chiuso invece  di approdare sui network, nonostante la loro indiscussa bravura, hanno poi iniziato un’altra professione. E ricordo altri bravissimi conduttori ancora oggi in onda su emittenti locali, mai approdati sui network.   E non lo scrivo con la frustrazione e la delusione di chi, come me, non è mai approdato su un network, io sono contento così, non riuscirei mai a fare “l’impiegato dell’etere”. Oggi mi occupo di altro (anche se la radio c’entra ancora eccome nella mia professione) e quando sporadicamente rientro in radio lo faccio per passione visto che ho un’altra professione.  I miei programmi sarebbe improponibili sui network e quindi sono ben felice di avere chiuso e di riproporli a volte su webradio.  Ma io penso a tanti altri pionieri di altre città italiane che ho incontrato molti anni fa ai festival delle radio e che ho poi ritrovato in anni recenti grazie ai facebook e grazie ai meeting della radiofonia di Sapri e di Riva del Garda (meeting che voi dj dei network snobbate) oggi c’è chi fa l’avvocato, chi il pubblicitario, chi il professore, chi il funzionario pubblico ecc. ma a tutti è rimasto il sapere comunicare nella propria professione, dono che ci ha lasciato il fare radio molti anni fa. Tutti indubbiamente più creativi di voi “impiegati dell’etere”, che non riuscite a stare senza il microfono e a fare un altro lavoro.

Meno male che la “vecchiaia” ti fa compiere “azioni matura che spesso vanno in contraddizione con il tuo modo di essere” però tu e Linus non chiedetevi quando andrete in pensione, non ponetevi il problema di chi prenderà il vostro posto, perché non lascerete mai la radio, e quindi non ci sarà mai spazio per i giovani anagraficamente o radiofonicamente nuovi. 


E comunque un plauso Marco per le tue ammissioni, però dai hai fatto come il politico che contesta gli aumenti di stipendio ai parlamentari o che sostiene di volere abolire le Province, ma poi non si toglie i privilegi.  E ad ogni modo se proprio dovete formare dei giovani o scoprirli dovreste fare come facevano un tempo in politica (nella prima Repubblica perché nella seconda si è subito lanciati e senza gavetta con logiche non certo professionali): si partiva da un consiglio di quartiere, per poi passare in consiglio comunale, provinciale e regionale, prima di approdare in Parlamento, prendendosi i voti di preferenza e non entrando in listini blindati.  E così dovreste scovare i giovani dalle radio locali e dalle webradio.  Altro che casting e provini (pilotati), molto spesso in politica (e sui network) arrivano figli d’arte, raccomandati ecc.  Curioso il caso di una dj che dopo avere fatto radio su un’emittente locale approdata su un network da pochi anni si sente più grande di Fiorello.   Girando l’Italia delle radio locali, delle webradio, ho scoperto invece tanti validissimi speaker nuovi anagraficamente o radiofonicamente per i network, perché non riuscite a scoprirli voi? Siete così presi ad andare in onda e non avete neanche il tempo di ascoltare gli altri.  Io ricordo che anche quando eravamo on air noi pionieri ascoltavamo le altre radio (anche le più piccole). 

Certo i network stanno diventando come il Parlamento, sempre i soliti. Perché le radio locali chiudono? Per gli editori dei network che si prendono la pubblicità, che rilevano le frequenze, ma è la legge del mercato.

Concordo pienamente caro Marco che i corsi per diventare dj sono “delle boiate succhiasoldi che non servono a un bel cazzo” e infatti mi sono sempre rifiutato di insegnare in queste scuole storia della radio.  Concordo anche sul fatto che “nelle radio nazionali non c’è riciclo se non assumendo gli ex televisivi che questo lavoro non lo fanno per amore, ma semplicemente come pagliativo (palliativo, sic!) in attesa di un programma in tv”.  Ma questo l’avevano già detto i Buggles con la loro Video Kill the radio star.

 

Con immutata stima.

Massimo Emanuelli

 
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