EREMO MISANTROPO

Alghe americane - Akiyuki Nosaka


(...) Nell'estate del 1946 la mia famiglia abitava a Omiyacho, un quartiere distaccato da Osaka, e forse..a causa della vicinanza di tante famiglie di agricoltori, le razioni tardavano o mancavano del tutto. Mia sorella minore andava più volte al giorno fino al magazzino di riso nella speranza di vedere qualche annuncio scritto sulla lavagna appesa all'esterno, ma tornava spesso a casa delusa. Rimanemmo solo con del salgemma e del lievito in polvere, così provammo a scioglierli nell'acqua, quel beverone, però, provocava conati di vomito, e neanche la fame riuscì a farcelo bere. Grazie a Dio in quel momento ci annunciarono l'arrivo dei razionamenti: questa volta sarebbe stato per sette giorni. Era stata la moglie del barbiere a darci la notizia, correndo verso di noi e facendo sballonzolare fuori dalla scollatura quelle mammelle da vacca che si ritrovava. Afferrai il setaccio del miso, poi, pensando che sarebbe stato troppo piccolo per contenere un razionamento da sette giorni, decisi di portare anche un sacco. Fino a quel momento ci avevano sempre e solo rifornito per un massimo di due o tre giorni, e a una famiglia composta da tre persone spettava solo una manciata di riso, per cui un sacco sarebbe stato esagerato. Ora finalmente serviva, così gettai d'istinto, il setaccio e corsi verso il magazzino dov'erano accatastati i cartoni verdi dell'esercito americano. Lì fuori, alcune donne aspettavano la loro razione tra risate e discorsi osceni. (…)Sapevamo che quelle scatole verdi non contenevano riso, bensì aiuti umanitari dall'America. Tutti rimanemmo in attesa di sapere che cosa ci avrebbero dato questa volta. Albicocche? Formaggio? Una volta ci avevano consegnato delle albicocche zuccherate, che però non ci saziarono, e del formaggio che, con i suoi nutrienti, unito alla zuppa di miso era risultato una prelibatezza. Davanti a numerosi sguardi in fremente attesa, il vecchio proprietario del magazzino apriva quegli scatoloni con un grosso coltello da cucina, facendo uscire diverse scatolette avvolte in carta colorata di rosso e verde.- Calma, calma! - aveva detto per frenare l'entusiasmo di quelli che congetturavano sulla natura del contenuto. - Questa scatola non contiene riso ma razioni di gomma da masticare per sette giorni. Oh, guarda - esclamò tirandone fuori una come se si fosse trattato di una pietra preziosa, questa è per tre giorni! In ogni scatola c'erano cinquanta pacchetti da cinque chewin-gum l'uno, e la razione per sette giorni che spettava alle famiglie composte da tre persone come la mia era di nove scatole. Erano belle pesanti, e a trasportarle restituivano una sensazione di abbondanza. Mia sorella mi venne incontro ansiosa di sapere cosa fossero, e appena le svelai il contenuto esultò. Mia madre, invece, ne ripose una confezione davanti alla foto di mio padre sul piccolo altare buddista in legno bianco grezzo che un falegname del vicinato le aveva costruito in cambio di uno dei suoi kimono da festa, recuperato durante lo sfollamento, facendo suonare il campanello in segno di offerta. Lo stesso suono segnava anche l'inizio della nostra cena, che prometteva essere molto divertente: scartammo i chewing-gum e iniziammo a masticarli uno a uno dopo aver contato di poterne consumare ben venticinque per pasto. Il gusto, però, svaniva dopo poco, così per conservarlo ci riempimmo la bocca: avevamo le guance talmente piene che sembrava stessimo masticando qualcosa di sostanzioso come un anpan, un daifuku o un manju, ma la sensazione non era certo la stessa.- Questa devo sputarla? - chiese mia sorella indicando una delle gomme, oramai scolorita, tenendola su un dito—Già...Altro che calmar la fame: a quelle parole mi resi conto che non avremmo mai potuto tirare avanti in quel modo per sette giorni, e come previsto quel senso di vuoto nello stomaco tornò più crudo di prima. Impotente, scoppiai a piangere dalla rabbia. Alla fine mi recai al mercato nero verso l'ora di chiusura per rivendere le gomme, e col denaro ottenuto comprai della farina di mais con la quale finalmente riuscimmo a placare la fame. Detto questo, non sto lamentandomi per come sia andata a finire, però fu così che scoprii che i chewing-gum non riempiono la pancia." Una tomba per le lucciole - Alghe americane" - Akiyuki Nosaka - Collana Novel - Kappalab