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EREMO MISANTROPO

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Absurdistan - Gary Shteyngart

Post n°1416 pubblicato il 20 Marzo 2018 da Pitagora_Stonato
 

 

Dal Vaticano Sevo una passeggiata si estendeva fino a un piccolo porto di container, che subito si apriva sulla vera attività cittadina. E lì fu chiaro che la città era soltanto una postilla a ciò che effettivamente aveva reso sevo e svanȉ prima una repubblica sovietica e poi un litigioso Stato moderno. L'Absurdistan era il mar Caspio, e il mar Caspio era il petrolio che vi era contenuto in abbondanza. Le torri di trivellazione si innalzavano appena oltre l'ultimo granello di umanità. Il petrolio si rifiutava di dare alla città il minimo respiro, negava ai suoi abitanti la possibilità di vedere riflessa nell'acqua la propria immagine. Gli umili macchinari di costruzione sovietica, scadenti trivelle gialle arrugginite nel mare in rovina, si arrendevano alle enormi piattaforme petrolifere occidentali, alle spie luminose lampeggianti dagli impianti alti trenta piani, alla loro enormità galleggiante, un secondo orizzonte che rivaleggiava con i grattacieli della Terrazza Internazionale. Con le sue tre terrazze discendenti, Svanȉ City correva incontro al Caspio e il Caspio la restituiva con uno schiaffo oleoso delle sue onde.

« Non faccia troppo caso all'industria petrolifera » disse Sacha seguendo la direzione del mio sguardo. « Guardi la città. Cerchi di immaginare il mare completamente libero dal petrolio e la città che lo domina orgogliosa. »

Spostai lo sguardo dalle piattaforme alle terrazze sevo e svanȉ e mi misi a canticchiare Imagine. La canzone di John Lennon era quel che ci voleva. Immaginai di volare con l'elicottero sopra la città, imparando. a conoscere gli abbellimenti architettonici e le bellezze naturali di grande impatto, ma l'elicottero continuava a volare in direzione nordovest fino a quando raggiungeva la punta meridionale dell'isola di Manhattan, diffondeva la sua ombra sopra il conglomerato di asfalto di Downtown e di Midtown e superava velocemente i frontoni e le finestre degli abbaini del Dakota Building a Central Park, dove un tempo il signor Lennon visse e morì.

E subito dopo eccomi su un treno IRT diretto a East Tremont Avenue, nel Bronx. Era inverno, il riscaldamento era al massimo e nel mio cappotto foderato di lapin sentivo il sudore raccogliersi fra la seconda e la terza piega del collo, che, prese insieme, formavano un setaccio carnoso. Sentivo l'acqua fresca sgocciolare lungo la clavicola, irrigare i peli ricciuti dell'inguine. Avevo caldo e freddo, ero ansioso e innamorato. Sui treni in direzione dei distretti esterni di New York le dimensioni dei passeggeri superano di gran lunga quelle della popolazione bianca che gironzola per Downtown. I miei compagni obesi erano stoici, multiculturali, vestiti con piumini gonfi in grado di salvare un astronauta dall'asfissia spaziale. Appoggiati alle porte per mantenere l'equilibrio, addentavano ali di pollo e code di bue fritte, sputando ossa e cartilagine nei sacchetti di plastica. Chi erano questi Atlanti di Amsterdam Avenue? Questi Caligola di Cypress Hilis? Se non fossi stato così schizzinoso da non volermi ungere le mani, mi sarei unito a loro per consumare al bagliore deossigenato del treno numero 5 un piccolo mammifero avvolto nella pellicola trasparente.

E le ragazze... Oh, come mi turbavano le ragazze! Ognuna aveva in sé un piccolo particolare di Rouenna - un naso elegante, un sopracciglio rasato da gangsta, un labbro inferiore pieno sberluccicante sotto un mucchio di lucidalabbra-, ognuna urlava e rideva con le compagne di scuola nel patois bronxiano che cominciavo appena a capire. Era febbraio, e le signorine avrebbero potuto coprirsi con piumini pesanti, ma per un non so che più da caldo Paese del Sud riuscivano a essere al contempo mezzo nude e a mostrarmi l'osso pubico, la piega a Y che precede il posteriore profondo. Di tanto in tanto, poi, in risposta ai miei sogni più frequenti, entravano nel mio campo visivo ascelle grosse e carnose e io strizzavo gli occhi per discernere una traccia di peluria riccia, il fantasma di un folto ciuffo precedentemente rasato, perché appartengo alla scuola di pensiero che equipara peluria ascellare a sessualità senza freno.

 

 

Absurdistan - Gary Shteyngart - Guanda

 

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