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Questo otto marzo è stato per me in direzione ostinata e contraria, e desidero ora recuperarne il vero significato.
Non c’è niente da festeggiare.
Da ricordare sì invece, questo sì, sempre.
Ricordare che nel 1908, a New York, le operaie di una industria tessile scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare.
Ricordare che lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire.
Ricordare che nello stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme.
Ricordare che questa data venne proposta come giornata di LOTTA INTERNAZIONALE a favore delle donne da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia.
Ricordare dunque è necessario, bisogna.
Ma festeggiare, NO.
Festeggiare cosa? Che in Lombardia - la regione più avanzata d'Italia - le donne guadagnano ancora – a parità di compiti e responsabilità - tra il 30 e il 70 percento in meno dei loro colleghi maschi?
Festeggiare cosa? Che le donne, dopo decenni di lotte per emancipazione, pari opportunità, diritti inalienabili, stipendi adeguati alle capacità e alle competenze, vengano ancora emarginate, discriminate, maltrattate, stuprate, usate, abusate, comprate, mercificate, “ripassate”?
Sì, in altri tempi la "festa" ha avuto un senso: ogni giorno le donne si conquistavano - spesso supportate da uomini intelligenti, rispettosi e sensibili – la propria libertà, per esprimere se stesse, per realizzarsi, per creare un futuro migliore, un mondo migliore, non solo per sè, ma per tutti e soprattutto per le generazioni a venire.
Oggi "festeggiare" è pura ipocrisia, oggi bisogna INDIGNARSI!
La mia dignità di donna, il mio coraggio, la mia voglia di lottare e di combattere per i miei ideali, la mia determinazione a realizzare me stessa e i miei sogni, la mia innata naturale empatia nei confronti degli altri, di tutti gli altri, l'istintivo e atavico sentimento di accoglienza, di fratellanza, di comunione, le esperienze che mi hanno fatto diventare la donna che sono oggi, quelle che mi faranno diventare la donna di domani, ebbene, tutto questo deve essere - da me, da tutte le donne, da tutti gli uomini - onorato tutti i giorni, tutti i sacrosanti giorni.
Questo 8 marzo 2010 mi ha trovato INDIGNATA, PROVOCATORIA, per come le donne si stanno facendo trattare, per come si sono fatte intrappolare dal dio "denaro", dal dio "notorietà", dal dio "facilità", dal dio "tutto subito", dal dio "immagine", dal dio "eternamente giovane", dal dio "diciamo sempre di sì".
”QUELLO CHE LE DONNE NON DICONO”...LO PAGANO CARO, SEMPRE.
E’ per questo che oggi scelgo le parole di Edoardo Bennato, un uomo “CONTRO”, che ho sempre ritenuto stimabile, sensibile, attento.
E’ LEI
"È lei che proprio in questo istante sta nascendo
nell’angolo più povero del mondo
che forse questo mondo cambierà
È lei perché la povertà le dà un vantaggio
le dà più leggerezza e più coraggio
e con questo vantaggio lotterà…
Contro guerre senza ragione
contro guerre senza pietà
contro guerre di chi le vuole
contro guerre di chi le fa
È lei, perché c’è già qualcuno che l’aspetta
e le darà equilibrio e tenerezza
e con questa certezza lotterà
Contro guerre senza ragione
contro guerre senza pietà
e pietà che è solo finzione
e si veste di santità
Contro antiche stregonerie
e moderne ingenuità
contro tanti falsi profeti
e vere bestialità
Lei che parte da zero, lei che passa di qua
in un mondo confuso, dalla sua civiltà
Tra chi invoca i diritti, su una terra promessa
e chi giura vendetta, contro chi gliel’ha tolta
C’è un vagito lontano, forse il peggio è passato
e un futuro diverso, forse è già cominciato…"
LE DONNE, E LA LORO BELLEZZA, SALVERANNO QUESTO MONDO.
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