Creato da: eticamedia il 20/10/2007
PER UNA DISCUSSIONE POLITICA

DATE DI FREQUENZA LABORATORIO ECFRASTICA

17 E 26 MARZO; 7 APRILE; 7 E 14 MAGGIO

 

LABORATORIO DI ECFRASTICA

APPROFONDIMENTI



Questo spazio è a disposizione di chiunque voglia approfondire la discussione etica media inviando scritti all'indirizzo eticamedia@libero.it 
Ermanno Corsi: Digito ergo sum
Clementina Gily L'etica dei media
F. A. Grana: La Chiesa e i media
Piero Calzona: Etica e televisione

 

FACEBOOK

 
 

Ultime visite al Blog

ansa007lcars01psicologiaforensemax_6_66bal_zacEmBksarajceolaWIDE_REDsidopaulelyravLACOCCINELLALILLIunamamma1highlander87falco58dglcile54
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

 

meraviglioso iPHONE

Post n°58 pubblicato il 11 Luglio 2008 da eticamedia

Dalla mezzanotte del 10 è in circolazione in 21 paesi l’iPHONE3G, l’oggetto del desiderio di tutti i patiti dell’ultimo cellulare. Ma il melafonino è ben di più, visto che le funzioni relative all’immagine ed alla rete sono diventate centrali: si tratta di una vera e propria console, che con tutte le probabilità diventerà tra breve un oggetto del tutto comune nelle nostre tasche. Infatti il quotidiano più venduto d’Italia, La Repubblica, ha già preparato un servizio per gli utenti del melafonino, che parte direttamente dallo schermo e allaccia ad un giornale loro dedicato. Prontissimi a recepire e ad investire: è la chiave del successo in questo mondo in troppo rapido cambiamento.

Tutto questo è davvero rivoluzionario per la modesta capacità che la mente ha di reagire senza perdere il filo del discorso. Tutti gli over 30 dicono che i bambini sono più veloci di loro, visto che videogiocano sin dalla prima età. Ei  ragazzi si sentono del tutto padroni del medium: ma ciò non vuol dire che grazie a quel medium ragionino meglio di chi non l’usa. I ragazzi in rete comprano oggetti, navigano, bloggano (questo meno), fanno foto per You Tube… ma spesso lo spessore culturale di queste acquisizioni è modesto.

È il frutto, dicono gli psicologi,  della diminuzione di intelligenza panoramica, dovuta alla frammentazione delle informazioni cui sono soggetti i bambini. Si aggiunga a questo il discredito delle scuole, che sono costrette nella condizione di servire il cliente e quindi non possono pretendere quel che sarebbe giusto: e la frittata è fatta. Il ragazzo che prende notizie di pochi minuti come se fossero un sapere, che non corregge questo con la capacità di tenere a mente un manuale, spesso non ragiona con la compiutezza che si raggiungeva con l’educazione non elettronica.

Mentre anche l’iPHONE è una meraviglia della tecnica ed un sicuro acquisto di sapere e potere; anche chi non lo acquisterà vivrà nel mondo dove tutti lo usano. Allora è l’educazione che deve cambiare: deve conoscere i media, deve adattare il proprio contenuto al mondo in cui siamo.

L’iPHONE è l’oggetto simbolo di quella che si chiama cultura convergente: cioè il mondo dei media visto come un continuum, un mondo a parte, un mondo dove le interrelazioni vanno di medium in medium ed hanno già creato relazioni virtuali e nuovi modi di pensare e sentire. Non è vero che i media sono del tutto diversi uno dall’altro: hanno tutti tra loro somiglianze e parentele che li uniscono, contro il mondo della cultura tradizionale. È con questo mondo di intersezioni e superfetazioni che la cultura tradizionale e il mondo della scuola deve dialogare, per allacciare il ponte tra passato e futuro  risolvere i problemi che la tecnica crea.

Con l’aiuto della tecnica, si può fare.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Un paradosso:

Post n°56 pubblicato il 12 Maggio 2008 da eticamedia

Secondo Paolo del Debbio, che introduce un libro sulla Chiesa e l'etica dei media, di Angelo Genovesi, da cui trarremo nei prossimi giorni qualche considerazione interessante, "i documenti che parlano dei mezzi moderni di diffusione del pensiero arrivano a stento a farsi conoscere anche agli stessi professionisti del settore": non tutti conoscono, ad esempio, la tempestività con cui i Papi hanno preso atto dei problemi dei media, la prima enciclica in tema è del 1929. Molte cose sono  interessanti: il punto di vista di questo blog è che occorre anche un'etica laica che si occupi con coerenza e profondità di questi problemi da un'ottica non giuridica. Ma questa è anche l'opinione del Concilio: sono problemi che riguardano tutta la società e quindi richiedono la mutua collaborazione ed il dialogo continuo.

La prima osservazione in proposito è su questa frase di Del Debbio: la condizione moderna dell'informazione è esattamente questa descritta. Tra tante cose, tra tante informazioni, tra tanti blog, risulta difficile anche ai professionisti avere informative efficaci: ci si lascia distrarre, basta navigare un po' e si hanno tante diverse cose da approfondire. E' un po' anche quel che è successo al blog eticamedia, dove tante cose diverse, tanti eventi, hanno travolto l'attenzione verso altri argomenti. Ma torniamo ora con decisione a trattare dei nostri fatti.

Però, questo mondo dei blogger è divertente sul serio. Ne è valsa la pena distrarsi un po' per leggere le tante cose che offre.   

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

l'immagine e come la si legge

Post n°55 pubblicato il 10 Maggio 2008 da eticamedia

il commento a caldo di ieri mattina (in corsa per uscire) mi ha fatto riflettere su come l'immagine abbia una parte di verità ed una di entusiasmo. Negativo o positivo che sia, a volte vela l'occhio.

Tante cose, è vero, sono state dette, su Cossiga. Ma tanto poco convincenti, aria fritta, che si scordano. Per fare un esempio, commento l'intervista a Cossiga trasmessa ieri da Euronews, con la possibilità anche di guardarlo in faccia - apprezzando sempre il fascino della politica di far sembrare convincenti le affermazioni meno credibili. Che è una tecnica molto studiata dagli avvocati di tutti i tempi.

Nell'intervista ha ribadito le solite sue affermazioni: che è stata una tragedia, generata dalla lotta delle Brigate Rosse (ormai l'unico terrorismo italiano, una sottovalutazione molto pericolosa, dimostrano gli ultimi giorni). Ma le domande del giornalista, se non altro, hanno detto i dubbi espressi nel post di ieri, sulla responsabilità effettiva della classe politica.

La politica del fronte del no non era una sola - non vanno date risposte etiche alla domanda su quale fosse la motivazione dei singoli. Nella storia va sempre da considerare gli interessi nel gioco, e in quella occasione erano chiaramente da due parti opposte. Rispondere con dei giudizi morali è prendersi in giro. Cossiga ha detto esplicitamente che si trattava di una guerra civile: basta questa frase per far capire che questo derubrica l'omicidio giuridicamente, non è lo stesso che accada in pace o in guerra - quindi, il giudizio morale è del tutto fuori di luogo.

Piuttosto, bisogna individuare le divise, sapere chi era militare di un esercito o di un altro, per giudicare. Qui, chiaramente le posizioni erano lontane, opposte, gli interessi tiravano dalle due parti. Forse, fu il primo atto di eccessivo fair play, uno dei peccati costanti della sinisrta, troppo tendente a dimenticare per la burocrazia la lotta che pure c'è nella politica - o no? parrebbe che c'è, ci se ne dovrebbe ricordare ogni tanto anche contro i nemici.

La storia successiva lo ha dimostrato, nella speranza di poter proseguire la storia che si era iniziata, si sbagliò a lasciare di combattere per Moro: un errore, beninteso, non un omicidio, ma un errore poi ripetuto all'infinito.

Cossiga invece ha combattuto, allora e dopo, e con fermezza. Per chi combatte oggi, quando dice che Berlusconi è criticato dagli inglesi perché loro in fondo sono sempre degli snob? Allo stesso modo, credo, in cui bisogna credergli quando dice che è stata una tragedia la morte di Moro e che perciò ha chiesto l'amnistia (non il condono) per i terroristi riparati in Francia. Perché allora non un premio, come per lui, casomai in denaro?

C'è da credere, allora, alla sua confessione di non aver votato per lui? Votato non so, collaborato certo. Non era questa la Democrazia cristiana. E non è detto che abbia vinto la parte migliore.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

molto rapidamente

Post n°54 pubblicato il 09 Maggio 2008 da eticamedia

prima di uscire, ascolto in tv un programma dedicato al 9 maggio, anniversario della morte di Moro, trent'anni. Un giorno a cui si è pensato tanto, si è detto tanto, si sono fatte fiction nebbiose, prese d'atto insoddisfacenti, riflessioni che girano intorno alle stesse cose. Da tempo, le valutazioni si ripetono simili. E' la memoria, d'accordo, bisogna ripetere per chi non c'era. E quindi, anche stamane non sento fare l'unico nome che farei io: Cossiga. Il picconatore, qualcuno ricorda che era ministro degli interni quando ci fu il caso Moro, si dimise appena lo vide morto, ne ebbe in cambio la più alta onorificenza dello Stato, da cui ha potuto agire in modo energico in tutta la vita successiva della nazioe, che vide l'ascesa di Craxi e tutto il resto.

Quando lo vidi assiso sul seggio di Presidente, subito ebbi l'immagine atroce del machiavellismo dello Stato moderno, dell'assassinio politico come una delle chances che si offrono alla scelta. La classe politica sentitamente ringrazia.

Un'immagine: chiara, ma certo non basata su nulla. Da allora, mi sono data da fare per cercare nei commenti per capire qualcosa, sulla centralità nella feccenda di Cossiga, per sapere se a quell'immagine rispondesse qualcosa, o se fosse un'illusione ottica. Bene, nonostante si dica da sempre che ci furono incredibili superficialità da parte dello Stato e della polizia (entrambe implicate con Cossiga) - il suo nome è fatto solo in senso documentario, nel ricordo che  era lui il ministro degli interni. Non ho potuto capire meglio, semplicemente il problema non esiste.

Proverò stamane, con la lettura dei giornali, per vedere se la fortuna di Cossiga è tramontata, se si problematizza il fatto. Non credo. Scrivo questo post perché non mi sono approfondita: tendo ad essere una passionale in politica, il delitto Moro fu per molti una tragedia vissuta con profondità e stupore, per tutto quel che significava. E che si capiva già subito nel senso, anche se non si riusciva a sapere il modo. Era allora il tempo di Berliguer, del Compromesso Storico: tutti si capì subito che era stata sconfitta questa linea politica. Quindi, non ho voluto studiarmi la situazione. Se c'è chi può rispondere alla mia domanda, facendomi notare la mia superficialità, perché vi sono testi che io non ho visto dove la questione Cossiga è stata chiarita in modo soddifsacente: mi fa molto piacere se mi chiarisce le idee.

Assolverlo, sapere che quella immagine parlante era un miraggio, non consolerebbe la rabbia politica; ma almeno quella civile, cioè che l'assassinio politico sia ancora oggi un sistema accettato dalla classe politica, anche in paesi a consolidate democrazie, dove gli uomini politici sembrano persone serie.

Il che, c'è da dire, era allora. Oggi nei tempi della casta, credo che nessuno, forse, si meraviglierebbe troppo. Ma questa Italia, è nata allora.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 53

Post n°53 pubblicato il 29 Aprile 2008 da eticamedia

Un po’ di silenzio per riflettere era indispensabile. Per chi sia convinto che la destra non può oggettivamente affrontare il problema etica media, l’ultima tornata elettorale è stata una doccia fredda. Tanto più che avevamo segnalato posizioni di Veltroni incoraggianti, sulla falsità del pubblico che i media ci fanno conoscere. Tutti questi personaggi che animano la TV, il pubblico dei talk show, gli attori del Grande Fratello, i commentatori professionali di Forum, sono personaggi che è difficile incontrare per strada. Probabilmente anche loro sono veri, e bisogna tenerne conto: ma è vero anche, e sicuramente, che non sono tutti; come è sicuro che loro rappresentano un cattivo gusto costante, che si spera sia meno diffuso di quanto paia, nel bel paese. Additarli a maitre a penser, dare a loro il diritto di sentenziare, significa corroborare la tendenza al cattivo gusto. Perché buon gusto significa studio, raffinatezza e lavoro culturale: è difficile già di per sé, figurarsi con questo incoraggiamento alla depressione del miglioramento culturale, con questo pregio di bassi e bassissimi livelli d’opinione per conquistare il successo TV… è innescare un circolo vizioso che conferma l’opinione che i media sono un livellamento al basso.

Internet non è così, richiede interattività, creazione, interesse: ma resta diffuso solo in alcuni settori, chat, mail, vendite on line – molto meno generalizzato è invece il coltivare blog e cultura on line. Troppi continuano ad avere la televisione come principale consumo di media, e la sua diffusione del cattivo gusto è un problema del cittadino italiano.

Può sentire il problema lo schieramento di destra, che queste televisioni ha creato e gestisce? Ed ecco la pausa di riflessione di questo blog. Che già di per sé è difficile, come dimostra il basso numero di contatti e di commenti: non deve, almeno, mostrarsi scoraggiato.

Se ci si era illusi che queste timide aperture degli ultimi giorni potessero indicare la volontà di avviare una seria politica della comunicazione, ora c’è da ripartire da zero. Nella destra non si sono infatti notate nemmeno le timide aperture.

Ma la battaglia continua, si deve far capire che la formazione in Italia cammina poco attraverso la scuola, disprezzata e in condizioni di difficoltà, moltissimo attraverso i media. Si deve trovare il modo di intervenire, sollecitando la sensibilità al problema. Ma si deve anche dire sempre una parola equilibrata. Senza sparare nel mucchio come ha appena fatto Grillo, che pure dice tante cose giuste: ma solo un progetto politico è vincente. Altrimenti, fa quel che fanno tutti, politica d’immagine, demagogia, gusto di capopopolo, sollevazione di risentimenti.

Non credo sia Grillo il responsabile del movimento di antipolitica, dovuto invece all’assoluta autoreferenzialità dei politici che hanno perso, ma che non lo sospettavano, come non lo sospettavano i giornali: dimostrando che fini ascoltatori sono, gli uni e gli altri, dell’opinione pubblica! Ma anche se ci fa ridere, Grillo resta un comico se non trasforma i propri detti in analisi capace di una soluzione condivisa. Cosa può mai fare l’abolizione dell’ordine? Il servilismo della stampa sta nella proprietà dei giornali e delle reti dei media – nei problemi della pubblicità - nella cooptazione che sceglie i membri - e che l’ordine regola per quanta parte? L’abolizione dell’ordine non è soluzione, il referendum non è la strada della politica, se individua un tassello e spara per fare proseliti. Politica è ragionare e proporre alternative credibili, mettere insieme approfondimento e progetto, chiamare alla discussione democratica ed articolarla insieme, oggi che la rete consente una vita democratica pensante.

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963