Creato da giugibzz1 il 23/04/2011

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Comunità cristiana neotestamentale

 

 

CHI E' GESU'

Post n°27 pubblicato il 09 Agosto 2012 da giugibzz1

 

"E voi, chi dite che io sia?" (Mc.8:27-38).

 


ECCO UN INSIEME DI ESPRESSIONI, ALCUNE SIMBOLICHE, ALTRE REALI, CHE SI RIFERISCONO A GESU' O CHE GESU' STESSO SI ATTRIBUISCE, TRATTE DAGLI SCRITTI DEL NUOVO E ANTICO TESTAMENTO.

      1) Con riferimento a quanto è narrato in Esodo 17:1-7, Gesù è la roccia spirituale a cui si abbeverarono gli Israeliti usciti dall'Egitto nel loro peregrinare nel deserto verso la terra promessa (1Co.10:4), nonché la pietra vivente, scartata dagli uomini ma scelta da Dio e di valore, divenuta perciò testata d'angolo e su cui poggia, come organismo sacerdotale, santo, l'intero edificio spirituale che è la chiesa e di cui egli è anche il capo (1Pt.2:4-8; At.4:10-11; 1Co.3:11; Mc.12:1-11; 1Pt.5:2-4; Ef.1:22-23; 5:23). - 2) Gesù è la Pasqua immolata, che la comunità di Corinto si appresta a festeggiare (1Co.5:7). - 3) Gesù è il Verbo dimorante sin dal principio presso Dio, Dio egli stesso, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte, e che ha assunto la natura umana, dando, a quanti lo accolgono e credono nel suo nome, il potere di diventare figli di Dio (Gv.1:1ss.). - 4) Gesù è l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo (Gv.1:29). - 5) Il suo corpo è un santuario (Gv.2:19). - 6) Gesù è la risurrezione e la vita. Chi crede in lui, non morirà in eterno (Gv.11:25). - 7) Gesù è la via, la verità e la vita, e nessuno va al Padre se non per mezzo di lui (Gv.14:6). - 8) Gesù è l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine. Era morto, ma ora vive per i secoli dei secoli e tiene le chiavi della morte e del soggiorno dei morti (Ap.1:17-18; 22:13). - 9) Gesù è la porta delle pecore, chi entra attraverso di lui sarà salvo (Gv.10:7). - 10) Gesù è il buon pastore, che dà la vita per le sue pecore. Le sue pecore ascoltano la sua voce, lui le conosce, ed esse lo seguono (Gv.10:11,27). - 11) Gesù è il pane della vita disceso dal cielo: chi va a lui non avrà più fame e chi crede in lui non avrà più sete. Chi mangia inoltre di quel pane (la sua carne, che egli darà per la vita del mondo) vivrà in eterno (Gv.6:35,51). - 12) Il pane spezzato e il vino del calice offerti ai suoi discepoli nell'ultima Cena, sono (rappresentano?) il suo corpo e il suo sangue, che si appresterà, di lì a poco, a immolare realmente sulla croce (Mt.26:26-27; Gv.18:31). Secondo l'evangelista Luca e l'apostolo Paolo, Gesù ordina anche di perpetuare, ripetendo i suoi gesti, il ricordo di quella consacrazione, fino al suo ritorno definitivo (cfr.Lc.22:14-20; 1Co.11:17ss.). - 13) Gesù è la luce vera venuta nel mondo ad illuminare ogni uomo (Gv.1:9). E' la luce stessa del mondo (Gv.8:12; 9:5). La lucente stella del mattino (Ap.22:16). Chiunque lo segue, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Gv.8:12). - 14) Gesù è la sorgente d'acqua viva capace di dissetare per sempre (Gv.4:10ss.). Colui che ha sete, vada a lui e beva di quell'acqua (Gv.7:38). - 15) La sua immolazione sulla croce è paragonata all'efficacia salvifica del serpente di bronzo innalzato su un'asta da Mosè nel deserto (cfr.Nm. cap.21), affinché chiunque creda in lui abbia la vita eterna (Gv.3:14). - 16) Gesù è la vera vite a cui devono stare attaccati i tralci (i discepoli), perché portino molto frutto (Gv.15:5). - 17) La sua nascita è descritta come la visitazione dall'alto di un sole che sorge sul popolo di Dio, ad illuminare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte (Lc.1:78-79). - 18) Egli è il Figlio dell'uomo (Gv.9:35-38), con riferimento a quel personaggio misterioso descritto dal profeta Daniele, in Dn.7:13-14, che si mostrerà seduto alla destra di Dio e che verrà sulle nubi del cielo per giudicare l'umanità intera (Mt.26:64). - 19) Gesù è l'irraggiamento della gloria e l'impronta della sostanza di Dio (Eb.1:3); in lui dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col.1:19; 2:9). - 20) Egli è l'immagine del Dio invisibile (vedere lui è come vedere il Padre, Gv.14:9-10), una cosa sola con il Padre (Gv.10:30,38), il Primogenito di tutta la creazione ( Col.1:15-17). - 21) E', ancora, il sacerdote per eccellenza, perfetto, senza macchia, al tempo stesso oblatore e oblazione, costituito, da Dio, sacerdote per l'eternità, secondo l'ordine di Melchisedek (Gn.14:18-20; Sal.110:4), che ha abrogato il precedente sacerdozio umano, imperfetto e legalista di Aronne e discendenza. Il suo sacerdozio viene definito intrasmissibile (Eb.7:23-28). - 22) Infine, ricapitolando il tutto, Gesù è il Servo, l'Unto (Messia, Cristo) del Signore (YHWH) vaticinato dai profeti (Is.42:1ss.); è il Salvatore del mondo (Lc.1:47; 2:11; Gv.4:42); l'Autore della vita (At.3:15); il Figlio stesso di Dio (Sal.2:7; Mt.16:16ss.), per natura Dio, uguale a Dio (Fl.2:6), della stirpe di Davide ("radice e discendenza") secondo la natura umana (Ap.22:16), costituito Figlio di Dio con potenza, mediante la risurrezione dai morti (Rm.1:2-4). Signore di tutto l'Universo, egli è colui per mezzo del quale e in vista del quale Dio Padre ha posto in essere tutte le cose, le visibili e le invisibili, riconciliando a Sé, col sangue del Figlio versato sulla croce, tutti gli esseri della terra e del cielo, in seguito alla grave frattura, tra il Creatore e le sue creature, dovuta al peccato originale di Adamo (Gn.cap.3; Mc.1:1ss.; Fl.2:6-11; Col.1:15-20). Proveniente dal cielo, uscito e venuto da Dio (Gv.8:23,42), è tornato provvisoriamente al Padre (Gv.16:5ss.), con il quale è associato nella gloria ( libro dell'Apocalisse o Rivelazione ) e del quale si appropria lo stesso sacro nome, "Io sono" (Gv.8:58; 13:19; 18:5-6).



 

 

 

 
 
 

PENSIERI IMMARCESCIIBILI (Parte conclusiva)

Post n°26 pubblicato il 25 Luglio 2012 da giugibzz1

 

47.Il tempo migliore per il diavolo per la seminagione nel tuo cuore dei suoi malefici semi è il tempo della tua disperazione, non aspetta altro. Per questo non disperare mai di Dio, nella sua provvidenza; anche se sembra tardare, non mancherà di raggiungerti.

48.L'esistenza di Dio può essere ed è, per molti filosofi, una verità di ragione, ma l'esistenza del diavolo e dell'inferno sono anzitutto delle verità di fede: le ha rivelate o ripetute Gesù e questo deve bastarci. Anche l'esistenza di Dio non più come principio indistinto dell'universo, proprio della speculazione filosofica, ma di quell'unico Dio da amare, adorare e servire, rivelatosi nella storia, prima a Israele, e poi a tutti gli uomini, come seconda persona della Trinità, per mezzo dell'incarnazione del Figlio, nell'uomo Gesù di Nazareth, è una questione di fede, alla quale bisogna aderire in quanto rivelataci dallo stesso Gesù. Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

49.In tutte le cose c'è un limite oltre il quale non è proprio possibile andare, altrimenti si rischia seriamente di eccedere, e di ritrovarci in situazioni nuove che non presentano più i caratteri di stabilità e di misura della situazione precedente, ma che sfuggono beninteso al nostro controllo. E così è, e a maggior ragione, nel campo del pensiero umano: molti trascendono e perdono perciò la padronanza della propria mente, cominciando facilmente a vaneggiare e a proporre idee e dottrine talvolta folli. Lo sono state ieri, per citarne solo alcune, il nazionalismo, l'anarchismo, il comunismo, il femminismo e oggi lo è l'animalismo. Si parte magari da un buon principio, quale quello di difendere certe categorie di soggetti, considerate più deboli, dai soprusi di altre considerate predominanti, per affermare poi condizioni di parità se non addirittura di superiorità che, almeno per talune di queste categorie, invece non sussistono. Così è ad esempio nell'animalismo. Lodevoli sono i suoi appartenenti nel difendere gli animali dalle angherie dell'uomo, ma da lì a parlare di uguaglianza, se non addirittura di superiorità di questi sull'uomo, beh, ce ne passa; è come voler paragonare un fiume o il lago al mare. Dei gusti certo non si discute, ma delle qualità oggettive delle cose si può e si deve. "Amo tutti gli animali indistintamente, ma proprio tutti", dice con aria di fierezza qualcuno, specialmente certe giovani, profumate e incipriate attiviste, che però si guardano bene dall'ospitare pidocchi sulla loro testa, anzi si lavano accuratamente i capelli finanche tre volte il giorno, e non appena gli prudono certe parti del corpo o si deteriorano, corrono precipitosamente ai ripari con appropriati prodotti cosmetici o farmacologici, per contrastare così l'azione nociva di quelle migliaia di microorganismi che giornalmente assaltano il nostro corpo, anche a costo della loro violenta soppressione. Forse queste mie possono sembrare a certuni argomentazioni fuori luogo se non addirittura idiote, ma se lo fossero, a certe affermazioni idiote, la risposta talvolta non può fare a meno che procedere sulla stessa scia. Certamente non è da idiota far rilevare agli animalisti che è da degenerati, se non da criminali potenziali, intenerirsi giustamente per un cucciolo di animale abbandonato o per la sorte di quei cani sottoposti alla sperimentazione, e registrando i loro guaiti farli sentire alla gente per sensibilizzarla, ma poi lasciare, tra l'indifferenza generale, che migliaia di esseri della loro stessa specie siano soppressi giornalmente nei nostri odierni e legalizzati lager, quali sono quei laboratori che si occupano di dare figli a donne sterili e a quelle oramai fuori età per poter concepire naturalmente. Oltretutto questi completamente inermi esserini umani, diversamente dai poveri cagnolini poco sopra menzionati, non hanno neanche voce per farsi sentire, sono dei sepolti vivi. E' veramente l'uomo che vomita se stesso. Questo mi fa capire senz'ombra di dubbio che l'animalismo, in quanto tale, al di là di certe pregevoli connotazioni che non ho mancato di rilevare, sia una deviazione dal retto pensare umano. Un'ultima cosa. Spesso si sente dire da chi detiene in casa un'animale cosiddetto d'affezione, in particolare un cane o un gatto: "Gli manca solo la parola e poi sarebbe come un cristiano, se non meglio". E ti sembra poco, stolto che non sei altro! Sarebbe come dire a un non vedente dalla nascita che debba giudicare i quadri esposti ad una mostra: "Ti manca solo la vista e poi potresti essere un ottimo critico". Ma a te, inoltre, la parola chi l'ha data? Non te la sei data certamente da te stesso, ma te l'ha data Dio. Altissimo e credo il più eccellente dei doni, abbinato all'intelligenza. E se Dio ha dato la parola a te e non, ad esempio, al tuo gatto, non vuol dire forse che tra te ed esso, al di là di tanti caratteri simili, c'è un divario che non potrà mai essere colmato, una subalternità di ruoli fra la sua e la tua natura che non ti è lecito ribaltare assolutamente, senza che tu incorra prima o dopo nel giudizio divino? La parola è uno strumento indispensabile all'uomo per classificare la realtà e porla sotto il suo dominio, ma è finalizzata a Dio, per lodarlo, ringraziarlo e pregarlo e non per usarla soltanto, o fondamentalmente, in parziali, ancorché suggestivi, ma alla fine sterili e inconcludenti colloqui con i tuoi animali. Per qualsiasi parere su una pur qualsiasi minima cosa, ti ci vuole il concorso di un altro tuo simile, non di un animale. E' la parola, in definitiva, che ha permesso il progresso e le relazioni umane con la politica, le arti liberali e i mestieri e che li fa andare avanti. Almeno fino a che Dio lo permetterà.

50.In che modo possiamo sentirci sufficientemente sicuri di essere nell'amore di Dio? Quando possiamo dire che Dio abita in noi e noi siamo con Dio? C'è una sola parola capace di spiegarci tutto questo. Parola piena di concretezza e che si trova nelle più importanti preghiere di Gesù, compresa quella che egli stesso ci ha insegnato: il Padre nostro. Parola con la quale egli si presenta al mondo. Parola che egli non smette mai di raccomandare ai suoi discepoli. Parola, mettendo noi in pratica la quale, egli ci identifica come suoi parenti prossimi. Parola, infine, tramite la quale attua il piano di salvezza per l'umanità voluto dal Padre. E la parola è: "Volontà". Questa parola racchiude in sé le altre due determinanti nel fondare il nostro corretto rapporto con Dio, e tali parole sono l'amore e l'umiltà. Perché dici di amare Dio, o di voler ricercare il suo amore, se poi non compi o non sei docile a compiere la sua volontà? Perché parli di atteggiamento umile nei confronti di Dio, quando poi ti ribelli alla sua volontà? Sì, perché la volontà di Dio deve intendersi tutta intera e non soltanto fino a là dove ci fa comodo. Se preghiamo Dio, come Gesù pregava il Padre, di compiersi in noi e noi di compiere tutta la sua santa volontà, esprimiamo con ciò tutto il nostro amore verso Dio e tutta la nostra umiltà, che si conseguono con il nostro completo atteggiamento di fiducia e di abbandono nei suoi confronti, lasciandoci, cioè, plasmare da lui. A che ci servono allora i mistici o i veggenti con le loro soprannaturali visioni, con le loro speciali rivelazioni, con i loro spirituali colloqui con il Signore o la Madonna, se poi non attuano completamente la volontà di Dio? Che consiste nel riconoscere e nel far conoscere Gesù e di osservare la sua parola, ossia i due principali comandamenti che ci ha comandato: amare Dio e il nostro prossimo e non estraniarci e rinchiuderci in lunghi o brevi dialoghi supposti con lui o altre entità dell'al di là, di cui poi alla fine non siamo nemmeno sicuri se siano veritieri, o se non siano nient'altro che vaneggiamenti di menti esaltate o squilibrate, o nientemeno che dei veri e propri colloqui con il demonio, che si presenta sotto mentite spoglie. Diciamo, quindi, e senza tema di essere contraddetti, che tutta la santità e la mistica cristiana consistono in quest'unica parola e nella sua attuazione: "Volontà". Naturalmente quella di Dio.

51.Non si riesce a spiegare del tutto e bene il motivo dell'incredulità, se non di una vera e propria avversione, che l'ateo ha nei confronti di Dio se, oltre al fattore mentale, non facciamo intervenire un altro e ben più determinante fattore, quello del cuore. Già Gesù redarguiva la durezza di cuore dei suoi uditori, refrattari a credere alle sue parole nonostante i miracoli da egli fin lì compiuti. In particolare lo avversavano proprio gli esponenti più ragguardevoli della società ebraica del tempo: sacerdoti, anziani, scribi e farisei. Del resto, facilmente, l'uomo che rifiuta Dio è portato a sostituirlo, in breve, con un surrogato: un personaggio che egli porta velocemente alle stelle e nel quale si identifica e sottostà, oppure si dà completamente al divertimento e alla spensieratezza senza considerare la serietà della vita o, nel peggiore dei casi, si stordisce con una vita piena di stravizi e condotta agli eccessi e di cui prima o poi ne subirà i deleteri effetti. Certo, essi adducono anche una motivazione reale, quella riguardante la sofferenza, apparentemente inconcepibile alla luce dell'esistenza di Dio, soprattutto se buono, misericordioso e provvidente come il Dio dei cristiani. La sofferenza però si può spiegare, anche se solo in parte, con la fede ebraico-cristiana (caduta dell'uomo dal primitivo stato di grazia in cui Dio l'aveva posto), si rende sublimata nella fede cristiana (incarnazione e passione del Figlio di Dio a riscatto dell'umanità), ha, inoltre, una funzione educativa che si palesa stimolando e accrescendo la sensibilità dell'uomo verso il suo simile sofferente e quindi creando la solidarietà. Infine ci fa abbassare la cresta, ferendo il nostro orgoglio e ci ripiega su noi stessi, portandoci a riflettere sulla nostra misera condizione umana se vista nell'eventualità dell'assenza di Dio. Senza tener conto poi della transitorietà dell'esistenza e quindi anche del male, un nulla se confrontato alla beatitudine eterna promessaci o, comunque, alla durata della morte. Ma tutto ciò, come si è detto, non basta a convincere l'ateo, neanche la celebre scommessa di Pascal, per cui, tra la prospettiva di un bene certo ma finito (le cose di questo mondo) e un bene incerto ma infinito (la vita eterna), conviene puntare su quest'ultimo, in quanto le opposizioni del cuore sono spesso più forti di quelle della mente. Contro un cuore indurito, non passa, difatti, neanche l'intelligenza più penetrante, né lo abbatte la prova più schiacciante, perché l'adesione a Dio è appunto una questione fondamentalmente di fede, la quale necessita di un cuore puro, aperto e docile, che l'ateo, evidentemente, tutto preso dal suo rancore verso Dio, non ha e non può per il momento avere.

 

 

 

 

 
 
 

PENSIERI IMMARCESCIIBILI (Parte seconda)

Post n°25 pubblicato il 24 Luglio 2012 da giugibzz1

 

 

31.Esultare per ogni gara vinta, prima del tempo conclusivo di qualsiasi torneo, e per di più chiassosamente e pubblicamente, è da autentici incauti. E’ come gridare gatto quando ancora non lo hai nel sacco. Inoltre, per gli scaramantici, ciò porterebbe anche iella. Così, mentre lo stolto fa baldoria, il saggio scuote il capo e mormora: “Aspettiamo e vediamo se la gallina farà o non farà l’uovo. Per il momento non ha fatto di nuovo coccodè”.

32.La verità è una meta che si sposta tanto più in là, quanto più noi ogni volta avanziamo per raggiungerla. Così, per quanti sforzi facciamo o faremo, le rimarremo sempre indietro.

33.Non so davvero se definire l’uomo, almeno un certo tipo d’uomo, ridicolo, presuntuoso, deficiente, o tutte e tre queste cose messe assieme. Sicuramente è un vanitoso senza uguli, e la vanità lo acceca e lo porta spesso a delirare. In questi giorni è proprio al limite della follia, per avere scoperto quella che è stata subito battezzata in modo iperbolico la particella di Dio, e secondo l’intervista di una notissima astrofisica italiana, però in un'età in cui purtroppo molti sono colpiti da arteriosclerosi, addirittura dio. La particella in realtà si chiama bosone, o particella di Higgs dal nome del suo scopritore. La questione, di non poco conto, è se adesso si dovrà buttare (via) buona parte della fisica precedente, e intanto a qualcuno sta fin da ora stretta pure questa nuova scoperta. Già si parla dell’esistenza di una super particella o particella x che deve essere trovata, della ricerca di super spazi e di super mondi, nei quali in realtà noi già vivremmo, sebbene inconsapevolmente. Ma chi li ferma più questi? Nemmeno la camicia di forza. E bisogna chiamarli anche scienziati e, oltre che pagarli profumatamente, magari ringraziarli. Ma ringraziarli di cosa? Dei loro frequenti dietro front? Per lungo tempo avevano teorizzato che noi esseri umani discendevamo dalle scimmie, oggi molti di loro non ne sembrano più tanto convinti. Molto probabilmente sentivano o sentono questa affinità perché è il loro comportamento a essere tipico delle scimmie. Così mentre la scimmia imita l’uomo e si sa come lo imita, loro imitano scimmiottandolo Dio. E concludo. L’uomo nei suoi super attrezzati laboratori, con le sue super attrezzate macchine, potrà scomporre la materia e ricomporla quante volte lo desidera, suddividerla in un numero imprecisato di particelle e sub particelle sempre più elementari ecc., ma non potrà mai ricreare la vita. Primo, perché lui stesso fa parte di questa vita, e per poterla avere tutta presente e in tal modo, se possibile, scomporla e ricrearla a piacimento, dovrebbe, innanzi tutto, fare proprio quello che evidentemente non può assolutamente fare, cioè uscire da essa. Secondo, perché la vita non è solo una questione di masse e di energie, bensì è soprattutto una questione d’idee e queste l’uomo non potrà mai ricrearle nei suoi laboratori, perché sono prodotte dalla mente. Le idee prime poi, quelle che sono il fondamento e l’origine di tutte le altre, escono dalla mente di chi ha creato l’universo e ha dato a esso un fine, e questi è Dio e lui soltanto. E l’idea di Dio quale ipotesi atta a spiegare la nascita dell’universo, non è, come le teorie dei nostri scienziati, risalente ad alcuni decenni o poco più e sempre in attesa di essere sconfessate da nuove scoperte, ma è vecchia di millenni, immarcescibile, nata in sostanza con l’uomo, che potrà negarla o affermarla, ma mai confutarla o demolirla, tanto meno in un laboratorio, perché trova spazio soltanto nella mente e nel cuore dell’uomo e si rende concreta in un libero atto di volontà da parte di quest’ultimo, come risposta alla chiamata del suo Creatore. “Tu non mi cercheresti, se non mi avessi trovato” (sant’Agostino).

34.Che cos’è in sostanza la verità? Un concetto? Un’astrazione? Un’opinione? Certo. Forse. Non saprei che dire. Ma nella storia dell’umanità, non era mai avvenuto e non avverrà mai più che un uomo, nella persona di un oscuro falegname di Nazareth, oltre che presentarsi con la pretesa folle di qualificarsi come Figlio di Dio, ne aggiungesse pure un’altra e non meno incredibile della precedente: quella di essere la verità. Non più quindi questa, un’idea da ricercare, studiare, ampliare, bensì un uomo da amare, seguire e al quale aderire incondizionatamente. Non più una questione in cui procedere cautamente per dubbi, con tentativi, per via di errori, ma un uomo, Dio stesso, a cui credere, assoggettarsi, dargli tutto noi stessi, senza esitazioni. Non più uno studio, una meditazione su di un argomento, un oggetto inerte, ma una sequela, un percorso da compiersi dietro un soggetto vivo, con un volto, un nome e una storia personale. Non più una fatica della mente, ma un’apertura del cuore. Ma ci pensate veramente? Una cosa da brividi, da febbre, da delirio d’amore! In realtà quante parole inutili nei nostri discorsi quotidiani, quanti concetti vecchi e triti nei nostri libri, quante banalità nei nostri dibattiti, quanti sproloqui nelle nostre affermazioni. Basterebbe invece che ci riempissimo il cuore, la mente e l’anima di una sola parola, e precisamente di un sol nome, il nome santo di Dio, per divenire in un istante e tutto insieme, la persona più sapiente, più saggia e più caritatevole di questo mondo. E allora addio libri, addio falsi maestri, addio falso progresso. Ma questo non l’abbiamo ancora fatto, non lo facciamo e non lo faremo mai. Piuttosto che rinunciare alla nostra vanità, che umiliarci scendendo dal nostro vano orgoglio, siamo disposti a rimettere in croce Gesù e ad attendere, come folli inebriati che corrono inconsapevoli verso la propria rovina, che l’ira divina si riversi definitivamente e implacabilmente su di noi. In fondo, a ciascuno quel che si merita.

35 Quando l’uomo manca di visibilità nel campo delle idee, conseguenza della sua incapacità a riflettere e a proporre buoni e utili argomenti, e ciò nonostante vuole ottenerla ad ogni costo, si affida così all’immagine, in specie a quella del proprio o altrui corpo, che espone in varie pose, senza badare al ritegno, finendo perciò molto spesso nel cadere in un sicuro e manifesto cattivo gusto e in una pessima trivialità.

36.L’uomo, perlomeno lo stolto, recalcitra, non vuole sottostare minimamente alla benefica e paterna autorità di Dio e finisce così col rimanere soggiogato a quella molto spesso proterva o tirannica di un suo simile. E’ in ciò, come chi volendo intraprendere una gara ippica, disdegnasse salire su di un cavallo per preferire la groppa di un asino. Quanto pensate che andrà lontano? E soprattutto con chi se la dovrà prendere se non con la sua insipienza?

37.Virtù teologali: fede, speranza e carità (la più grande, ci dice l’apostolo, è la carità). Virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. I sette vizi capitali: superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia. I dieci comandamenti (non avrai altro Dio al di fuori di me, non farti immagini per prostrarti davanti a esse, non nominare il nome di Dio invano, ricordati di santificare le feste (o, per gli ebrei, il sabato), onora il padre e la madre, non ammazzare, non rubare, non commettere adulterio, non dare falsa testimonianza, non desiderare le cose d’altri), che Gesù riassume mirabilmente in due: 1) Ama il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e: 2) Ama il prossimo tuo come te stesso. Ecco, basterebbe avere presente, ogni volta che dobbiamo agire, questo piccolo schema di comportamento morale e naturalmente, per proprio e altrui profitto, adeguarvisi, che avremmo potuto fare a meno di scrivere forse milioni di libri di etica e credo pure di altre materie affini o ruotanti attorno ad essa. Quanta carta sprecata quindi, quanti alberi sacrificati inutilmente alla vanità di migliaia di scrittori di tutte le parti del mondo, quanto ossigeno tolto al respiro di questa natura sempre più malata per mancanza d’aria pura! Mi chiedo: Ma ne valeva o, vista l’attività senza sosta di ancora tanti scrittori, continua per davvero a valerne la pena?

38.Solo in Gesù, verità fattasi carne, è possibile conseguire la verità tutta intera, raggiungerne la meta. Se difatti andiamo a lui, essa non si allontana né sposta ancora più in là, quanto più noi avanziamo verso di essa, il suo punto d’arrivo come nella ricerca speculativa o scientifica, ma si fa sempre più vicina, perché il Maestro ci viene incontro a mezza strada. Se poi ti allontani dalla verità non disperare, perché egli non ti abbandona, ma ti viene a cercare lo stesso e non smette di farlo finché non ti ha trovato. E una volta ritrovatoti, dubito che lasci che tu ti smarrisca di nuovo. Egli, infatti, è anche luce (lampada ardente) e amore e così dissolverà, oltre che ogni errore, ogni ombra di dubbio dalla tua mente e d’indolenza dal tuo cuore, affinché la tua aderenza a lui sia perfetta. Devi solo rispondergli, sì.

39.Esistono in circolazione riviste e nella rete siti di chiara matrice cattolica, che ci propongono una fede, un modello di devozione, fatto per lo più d’immagini e tra le più svariate, spesso di cattivo, anzi di pessimo gusto e del tutto stereotipate e quindi false, rappresentanti in primo luogo Gesù e Maria, ma seguite a ruota da quelle dei santi più popolari, tra cui sono da annoverare sicuramente quelle riferentesi al padre putativo di Gesù, il carpentiere san Giuseppe. Ma questo, lasciatemelo dire, è un modo distorto e aggiungerei pericoloso, di far passare il messaggio della fede cristiana. Inoltre è infantile. Costoro sono regrediti per qualche ragione oscura all’infanzia, al catechismo dei bambini, o non si sono mai mossi da quelle posizioni. Non masticano cibo solido, ma sono ancora al latte spirituale, al biberon o poppatoio della fede. Mi spiace dirlo ma è così. Gli atei ci ridono dietro, e a ragione. Almeno facciamoci rispettare dai nostri avversari, se proprio non vogliono crederci. Provate a crescere, perciò, o nostalgici dell’infanzia. Se non altro fate uno sforzo in tal senso. Penso che alla fine sia principalmente una questione di buona volontà. E voi preti non supportate più un tal genere di devozione. Aiutate a maturare in modo definitivo i vostri parrocchiani, altrimenti ne pagherete un giorno le inevitabili conseguenze: quelle d'essere stati amministratori incapaci e infedeli delle cose di Dio. Nessun uomo ama passare per un fenomeno da baraccone, figurarsi Dio! In questo genere distorto di fede popolare, fatto di santini, statuette, coroncine, medagliette e quant’altro, si rasenta, manco a dirlo, la bestemmia. La chiesa possiede ben altri e più maturi argomenti per proporre il suo messaggio di salvezza. Li usi una buona volta, o comunque li usi da soli, senza farli accompagnare da altri di dubbia provenienza e di scarsa solidità, evitando in tal modo di inquinare la purezza del messaggio originario espresso dai libri del Nuovo Testamento, depositari primi e custodi infallibili della retta interpretazione della fede cristiana. Non più, quindi, auguriamoci per un futuro a noi prossimo, una chiesa manovrata dalla superstizione di una massa in buona parte ignorante e sovente intollerante, ma finalmente una chiesa, com’era ai tempi degli apostoli, guida e maestra di un popolo, il popolo di Dio, da portare all’adulta fede spirituale. “Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità”. E non l’ho detto io, ma Gesù: Gv.4:24.

40.Come sappiamo, la strada maestra che collega la terra al cielo, il filo diretto e privilegiato che ci mette in contatto con Dio, è la preghiera. Gesù, ma anche le altre religioni, non cessa mai di raccomandarla. Ma come pregare realmente? Moltiplicando le parole, e ostentandola, per essere notati dagli uomini, magari con un cuore che tace, o, viceversa, con la lingua che tace o è parca di parole, ma con un cuore ricolmo, che trabocca di desiderio verso Dio? Gesù e i più grandi santi e i più grandi mistici di tutti i tempi non hanno avuto alcun dubbio nello schierarsi con la seconda delle due domande posteci. Puoi dire anche una sola parola e ripeterla quante volte vuoi, e pregare con ciò lo stesso efficacemente se dietro c’è l’intensità del desiderio. Ma a cosa ti servono diecimila parole se celano l’aridità del tuo affetto verso Dio, il raffreddamento del tuo desiderio o, peggio ancora, la durezza del tuo cuore? Come pregò Gesù nell’orto del Getsemani? Ripetendo per ben tre volte poco più di dieci parole, ma con un’intensità tale da fargli mutare, ad un certo punto della sua agonia, come ci narra l’evangelista Luca, il suo sudore in gocce come di sangue che cadevano per terra. Concludendo: “Se tu desideri sempre, tu preghi sempre, anche se la lingua tace” (sant’Agostino).

41.Se vuoi propagandare efficacemente un tuo messaggio o una tua idea che consideri di particolare importanza e serietà, non metterti a fare il maestro, né il cattedratico, o, peggio, il predicatore dal proprio pulpito domenicale, perché è facile che pochi, se non nessuno, ti ascoltino, tanto più se il tuo messaggio non solletica le orecchie del tuo uditorio, ma risulta sgradito, e allora il tuo insuccesso sarebbe garantito. Ma sii, per chi tu vuoi che ti ascolti, come un insetto, più precisamente una zanzara pungitrice e succhiatrice, o una fastidiosissima, insistente, insopportabile e ripugnante mosca, capaci di farti perdere la calma, che quanto più le scacci tanto maggiormente ritornano, fino a che, o tu riesci a liberartene, con modi talvolta anche drastici, o saranno loro ad averla vinta su di te, lasciandoti fiaccato ed esausto. Deve essere la tua una battaglia, soprattutto se è quella combattuta per la fede, in cui o si è vinti o vincitori, altra possibilità non esiste.

42.Cosa ce ne facciamo di quei sogni che servono a nascondere la realtà e non a scoprirla, a narcotizzarla e non a vivacizzarla, a limitarla e non a spostarne i confini, ad odiarla e rinnegarla e non ad amarla e ad accettarla. Niente, ma proprio niente. Sono solo sogni sterili di alienati dell’esistenza, di disperati del quotidiano, di bambini che non cresceranno più.

43.Quando si comunica un qualcosa; allorché sentiamo in noi l’esigenza di trasmettere un nostro o altrui pensiero, abbiamo con ciò anche il dovere, se non la responsabilità morale, di considerare massimamente colui che ci sta di fronte: un uomo, uno come noi, fosse anche il più abietto, il più meschino, Il più depravato, il più brutale fra i suoi simili, così da proporgli la verità e non l’errore, la virtù e non il vizio, la speranza e non la disperazione, la vita e non la morte.

44.Spesso essere ignorati è un indice d’apprezzamento migliore che il ricevere pubbliche e sperticate lodi.

45.Quando sei lodato, considera innanzi tutto chi è colui, o sono coloro, dal quale ti proviene un tale apprezzamento.

46.Quando ti vieni a trovare tuo malgrado in un deserto ed ardi per l’arsura, anche una goccia d’acqua può sembrarti il mare.

 
 
 

PENSIERI IMMARCESCIBII (Parte prima)

Post n°24 pubblicato il 24 Luglio 2012 da giugibzz1

 

 

 

                                "Io cerco per sapere, non per avere un'opinione" (sant'Agostino).

 

 

1.La stupidità è di molti. La saggezza di pochi. La vanità, ahimè, di tutti.

2.Tutto ciò che esce dalla bocca si trova già predisposto nel cuore. Per questo la scurrilità e la volgarità e il compiacimento nel servirsi di certe espressioni che rimandano a cose emananti sconcezza e fetore, non fanno che fotografare, più o meno con fedeltà, lo stato interiore di bassezza e di miseria morale del soggetto che le diffonde.

3.L’ironia è un’arma a doppio taglio perché, o rileva l’intelligenza e l’acume di chi se ne serve, o la sua inettitudine e la sua stupidità. Quindi attenzione a chi e a come la adopera. Si raccomanda, perciò, per non rischiare di farsi del male da se stessi, di leggere prima le istruzioni per l'uso e le eventuali controindicazioni e poi, se è il caso, utiliizzarla.

4.Il miglior libro resta sempre quello della vita. Gli altri si aprono e si richiudono. Questo rimane, talvolta anche se dolorosamente e nostro malgrado, sempre aperto, perché non si dimentichi mai la lezione.

5.Lo stolto, proprio perché tale, perde facilmente il controllo di sé, ed essendo evidentemente povero d’idee, si esprime di conseguenza, più con veemenza e abbondanza d’insulti che in forza di mirati e pacati ragionamenti.

6.Il perdono dato è come una moneta spesa da cui non dobbiamo attenderci il resto.

7.La parola “perdono” la si trova più facilmente sulle labbra che nel cuore degli uomini. La decantiamo, ma difficilmente la utilizziamo. Ce ne riempiamo la bocca, anche quando dentro di noi è assente. Così non meravigliarti se ti capita d’udirla anche dalla voce dell’ipocrita e del perverso.

8.Chi, alle sentite parole di scuse del proprio offensore, non sa rispondere con un gesto o una pur minima parola di apertura; ebbene, costui (o costei) potrà essere agli occhi degli uomini anche la persona più importante e più celebrata, ma sicuramente agli occhi di Dio è la più spregevole e la più meschina. Almeno di quel Dio che ha offerto la sua vita per noi sulla croce e che ci ha comandato di perdonare, neppure fino al già pregevole numero di sette volte, ma, addirittura, fino a settanta volte sette, cioè sempre.

9.Ci riempiamo la bocca di parole, di cui spesso non conosciamo nemmeno appieno il significato, quando non riusciamo a riempirci la testa d’idee.

10.Nel difficile, tortuoso ed enigmatico cammino della vita, il saggio si muove con circospezione per non trovarsi, come lo stolto, improvvisamente davanti al non più evitabile precipizio e finirvi così precipitosamente e rovinosamente dentro.

11.Saggio è colui che ricerca la conoscenza e che presume di non sapere anche quando in effetti sa. Stolto, viceversa, è chi ha un’alta considerazione di sé, dà tutto per scontato, è refrattario al dialogo, rifiuta la critica, si esprime con banalità e con un vocabolario ricco di luoghi comuni, ed è particolarmente attratto dall’effimero e dalle cose volgari. Se poi non ha ricevuto un’adeguata educazione è anche portatore di modi triviali.

12.Quando vuoi ridere degli altri, prima assicurati che nessuno abbia motivo di ridere di te. E quella sghignazzava, sghignazzava, con tale gusto e con così grande impeto, e intanto non si accorgeva di chi, alle sue spalle, di lei se la rideva.

13. Essere ammalato e non trovare il modo per esprimerti o difenderti come vorresti è brutto, molto brutto. Ma ben peggiore, dal punto di vista morale, è la situazione di colui, che, saputo ciò, si getta vigliaccamente su di te, come un rapace sopra la sua inerme preda, al solo scopo di infliggerti ulteriori ferite, o di ferirti mortalmente. Abominevole cosa, sì veramente abominevole, sia agli occhi degli uomini degni d’essere definiti tali, ma soprattutto al cospetto di Dio.

14.Criticare al solo scopo di demolire e basta, riesce più o meno a tutti, anche a certi idioti. Ma far seguire alla critica una proposta positiva e costruttiva è cosa, invero, di pochissimi.

15.Non m’interessa tanto il sapere chi ha detto quella determinata frase, ma che il concetto espresso non contenga castronerie.

16.Qualcheduno ha lasciato scritto: “C’è una sola religione, benché ne esistano un centinaio di versioni”. Ecco qui presentato un modo allettante, ma anche ambiguo, di far apparire come vera una frase intrinsecamente falsa. Con siffatta espressione si cerca evidentemente di accontentare tutti. Solo che chi crede essere la propria religione l’unica certa, non ci sta. E così neppure io, perché so invece che esiste una sola attendibile religione, storicamente determinata, e che le altre centinaia che l’affiancano sono tentativi o cammini in parte falliti o grossomodo incompleti per giungere appunto a quell’unica vera fede, che io ravviso nel solo cristianesimo.

17.C’è stato un uomo di nome Gesù che, a un certo punto della nostra storia, è apparso quasi inaspettatamente e come dal nulla tra di noi, proclamandosi quale Messia vaticinato dagli antichi profeti di un popolo, il popolo d’Israele. Non solo, ma si è proclamato pure Figlio di Dio; affermazione che gli costerà la condanna a morte da parte del sinedrio giudaico con il supporto dell’autorità romana. Egli, poi, tra le moltissime altre altisonanti affermazioni del genere, ha pure detto di essere “la via, la verità e la vita “, aggiungendo subito dopo che nessuno va al Padre se non attraverso di lui. Da quel momento, non un sol uomo ha mai potuto dimostrare che egli fosse soltanto un illuso, o un millantatore, o addirittura un pazzo, anzi… Perciò, ditemi, a chi dovrei credere, a costui che ha dato la sua vita per la dottrina che ha predicato coerentemente fino alla fine, e che non ha accettato né onori, né ricchezze, e né è sceso a compromesso alcuno, oppure ai nostri migliori scienziati e filosofi? Costoro pontificano dalle loro scranne, tronfi e orgogliosi dei loro titoli accademici, ma, ciò nonostante, sono sempre oscillanti, come il moto di un pendolo, tra due teorie opposte (vedi specialmente i primi) o, per quel che riguarda i filosofi, così agli antipodi gli uni con gli altri da essere più litigiosi dei piccioni intorno al becchime, tanto che, il più celebrato forse tra costoro e da taluni studiosi addirittura accostato laicamente alla figura di Gesù ha, però ben diversamente da quest’ultimo, dovuto concludere tutta la sua ricerca di una vita intorno alla conoscenza, con una laconica, seppur celebre espressione: “So di non sapere”. Sicuramente non mi farò indottrinare, o riceverò passivamente “la buona novella” dai testi delle canzonette diffuse dai tanti improvvisati pseudo profeti e cattivi maestri del momento, mi riferisco in particolare alle cosiddette rock star, considerate dei veri e propri miti dalle migliaia di fan osannanti e deliranti, che riempiono gli stadi ai loro concerti e comprano i loro dischi. No davvero! Troppo ignoranti rispetto a Gesù e soprattutto poco credibili. Esse si mostrano al loro pubblico, oltre che con i loro messaggi dissacranti, in qualità di emancipatori dalle regole consolidate della società e di sovvertitori dei veri valori della vita, aiutati in ciò da un look accattivante, studiato appositamente per catturare sempre di più giovanissimi fan sprovveduti: jeans stracciati e scoloriti, giubbotti in tela o in pelle (magari finta) e cinturoni in cuoio con borchie, medaglioni al collo, bracciali ed anelli, vistosi tatuaggi in ampie zone del corpo, orecchini e piercing, viso rubicondo e/o occhi spiritati o stravolti, simili a chi abbia assunto qualche bicchierino di troppo e/o droghe da poco, capelli (quando ce l’hanno, altrimenti c’è per qualcuno il parrucchino, o il cappello) lunghi o arruffati, il tutto, per taluni di costoro, “condito”, diciamo così, da una puzza come di chi non si sia lavato da mesi (molto probabilmente usano un “profumo” particolare che ne ricalca ad arte il fetore, perché mi sarebbe difficile pensare diversamente). Insomma giocano a fare i proletari o i diseredati della terra, ma in realtà non lo sono, visti i salati cachet che si fanno pagare, e il loro pingue conto in banca che si portano dietro fino alla tomba. Tutt’altra cosa, come si è detto, è stato Gesù. E allora, giunti a questo punto, non mi rimane che concludere parafrasando il motto ricavato dal testo di una canzone di uno di quei paladini di questa melmosa società e che paradossalmente rivolge proprio contro uno dei suoi più apprezzati colleghi: “No Flasco, io non ci casco. Tu per propagandare con le tue canzonette, alcool, droga, notti insonni e sesso intaschi molti soldi, ma io a darti retta cosa ci guadagno? La figura del baggiano?". Ma quella, vi piaccia o no, io non la voglio assolutamente fare. Se realmente ci tenete a farla, fatela voi, suoi estatici e creduli ammiratori. E poi spingete pure “al massimo” l’acceleratore. Ma attenzione alla prossima curva, potrebbe esservi fatale.

18.Non c’è nessuno che sia portato naturalmente al riso quanto lo stolto. Ride incontrollatamente in ogni occasione e su ogni cosa, tranne ovviamente che di se stesso e di ciò che più gli sta a cuore. Il suo è un riso sguaiato, rumoroso, irriverente, maleducato; insomma una vera e propria sghignazzata con cui nasconde o cerca di nascondere assai maldestramente una povertà d'idee, una miseria spirituale e una bassezza morale riscontrabili in nessun altro. Già i nostri antenati lo avevano sottolineato con questa notissima massima: ”Risus abundat in ore stultorum”.

19.La logica è quella parte della filosofia che studia le condizioni di validità di un ragionamento. La parola, di derivazione greca, significa “arte del discorrere”, cioè modo del corretto ragionare. Essa (la logica classica) si avvale di tre principi fondamentali, trasmessici sin dall’antichità, principalmente da Aristotele, e che sono così chiamati: 1) Principio d’identità; 2) Principio di contraddizione (o di non contraddizione); 3) Principio del terzo escluso, o “tertium non datur”. Io però ne aggiungerei un quarto, che reputo il più importante in assoluto, e che non credo sia stato già enunciato formalmente da alcuno prima d’ora, anche se si ritrova sicuramente, almeno in modo implicito, in vari lavori dei miei predecessori filosofi. Esso può essere definito col termine “Principio d’esistenza o di realtà”, il che vuol dire che di qualsiasi concetto formulato o formulabile, non possiamo negare la realtà del contenuto, almeno in modo totale, potendo semmai stabilirsi, o tentare di stabilire soltanto, se il contenuto del mio pensiero sia soggettivo, oppure oggettivo, non dipendente, cioè, dalla produzione, cosciente o meno, della mia attività cerebrale, o parimenti possieda entrambe le peculiarità. Perché dico questo? Per il semplice motivo che la filosofia, che è la disciplina speculativa per eccellenza, è sempre meno studiata e quindi sempre meno prerogativa dei più. La cultura è sempre più scientifica, ma soprattutto tecnologica (digitale) e virtuale, in mano così a gente che non sa più usare i concetti in modo appropriato e non sa più parlare né scrivere correttamente. Da ciò l’impoverimento delle idee, conseguente all’impoverimento del proprio vocabolario, il sovvertimento e il capovolgimento dei veri valori, il sopravvento del relativismo, la negazione o la limitazione di concetti basilari quali quelli di Dio, della verità e dell’ordinamento gerarchico delle cose, senza o disconoscendo i quali, non si capisce più niente della realtà. Insomma, siamo di fronte a un vero e proprio disastro culturale: quello della cultura umanistica in particolare. Altro che il governo in mano ai filosofi, come auspicava Platone, per rimediare ai mali della società, qui siamo già alla resa, succubi oramai degli imbecilli, mentre una nuova e più potente ondata della precedente sta montando, con questa nuova generazione di asini. Se non l’argineremo in tempo, e con metodi all’occorrenza drastici, presto ci sommergerà. E allora saranno guai seri per tutti. Spero solo, arrivato a questo punto, di essere stato un cattivo profeta. E chi si sente colpito da questa impietosa analisi, non se la prenda più di tanto, ma pensi che per imparare non è mai troppo tardi. Anche se è meglio farlo prima che dopo.

20.Come la furia di un uragano travolge indistintamente qualunque cosa si trovi sul suo percorso di distruzione, finché non giunga al suo naturale esaurimento; e come non si può placare l’impeto delle onde di un mare in burrasca, ma bisogna fuggirlo e attendere pazientemente che si plachino i marosi, così è per colui che si faccia prendere dall’ira. Si volge bestialmente contro tutto e tutti, ora gridando, ora minacciando, ora imprecando, ora gettandosi furiosamente su oggetti e persone: impossibile calmarlo. Inutile soprattutto riportarlo alla ragione. Ogni argomento, ogni parola atti allo scopo sono da costui evitati o osteggiati maggiormente. E’ come un animale inferocito. L’ira l’ha oramai preso al cervello. Non rimane che bloccarlo se ci riusciamo, e/o aspettare che la rabbia, come uno dei processi naturali in precedenza descritti, sbollisca per virtù propria, con la speranza, infine, che lasci dietro di sé, una volta terminata, il minor numero di danni e/o di vittime possibili.

21.E’ più facile tirare fuori un ragno dal proprio buco che lo stolto dalla sua scempiaggine.

22.Riprendi lo stolto ed egli ti si volterà rabbiosamente contro come un cane che sia stato tirato per la coda. Correggi il saggio ed egli, invece, ti ringrazierà.

23.Il saggio impara dai suoi errori. Lo stolto ripete i propri all’infinito.

24.Il tirchio si fa mancare il necessario. Il parsimonioso fa a meno del superfluo. L’avido è schiavo della sua brama.

25.Dieci consigli utili per chi si accinga a esercitare la nobile arte dello scrivere. 1) Fatti venire delle buone idee. 2) Padroneggia bene la lingua che devi usare. 3) Rifletti a fondo sull’argomento da trattare. 4) Circoscrivilo adeguatamente. 5) Individua il soggetto o i soggetti a cui vuoi rivolgerti prevalentemente. 6) Non essere retorico. 7) Mettici del sentimento. 8) Tieniti lontano dalle ideologie prevalenti. 9) Pensa all’insuccesso a cui potresti andare incontro. 10) Infine scrivi, scrivi, scrivi (l'esercizio affina le proprie attitudini).

26.Ogniqualvolta offendo l’altro, anche se credo di avere dei buoni e giustificati motivi per farlo, chissà perché, ma non mi sento del tutto soddisfatto. Non trovo ragione di gioirne. E’, infatti, come se avessi offeso insieme con lui, anche un po’ di me stesso; cioè, quella parte di una medesima umanità che in fondo condividiamo tutti quanti. E’ la mia dignità di uomo, che alla fine ne rimane deturpata.

27.Quando Dio mise in atto il suo eterno progetto d’amore di creare l’uomo “a sua immagine e somiglianza”, non credo che avesse mai pensato che la più privilegiata delle sue creature terrestri, si sarebbe un giorno degradata a tal punto da diventare: 1) Un ateo. 2) Un prigioniero delle proprie passioni più basse e dei suoi istinti più brutali. 3) Uno stolto. Ma è talmente tanto l’amore di Dio per noi, che, invece di cancellarci dalla faccia della terra, ci ha riscattato per sempre, con la passione, morte e resurrezione del suo Figlio unigenito, Gesù Cristo.

28.Guardati dal vizioso, soggetto veramente subdolo. Costui, non pago di esser prigioniero dei suoi vizi; non pago di mostrarli e di propagandarli come fossero virtù, vuole anche e soprattutto rendertene partecipe. Per questo ti si mostra amico e ti lusinga oltre misura, perché tu abbassi la guardia e ti fidi di lui, per esser pronto così, poco a poco, goccia a goccia, ogni giorno che passa, a iniettarti sempre di più il suo malefico veleno, fino a che tu non l’abbia del tutto assorbito e diventi anche tu un altro vizioso al pari o peggiore di lui.

29.Ci sono parole che non sempre sono da considerare offese, ma fotografano, purtroppo, il reale stato del soggetto contro il quale sono indirizzate, altre invece, che possono essere evitate, sono delle vere e proprie offese riversate intenzionalmente per ferire gravemente la dignità e la reputazione del nostro avversario. Così, talvolta, non possiamo fare a meno dall’usare termini quali stolto, imbecille, idiota, serpente, ipocrita, ecc., o perifrasi che esprimono in sostanza quei medesimi nomi (li troviamo usati anche nella Bibbia), però possiamo e dobbiamo evitare parole alternative ricche di significato spregiativo e di uso volgare che si riferiscono, o a parti ignobili del corpo umano, o a qualche suo escremento, o allo stato e a mestieri particolari di soggetti considerati ancora disprezzabili, o comunque emarginati da buona parte della società, e così via. Insomma, ci siamo capiti. Se proprio non possiamo fare a meno di apostrofare qualcuno, evitiamo, però, nel farlo, di usare le parole più oltraggiose, pensando che il nostro fine è di riportarlo sulla retta via e non di sconfiggerlo umiliandolo.

30.Lo stolto irride il saggio, ma non sa che la sua rovina è vicina.

 

 
 
 

BREVE GUIDA PER QUANTI FOSSERO SERIAMENTE INTENZIONATI A PERCORRERE LA STRADA CHE VA DALLA TERRA AL CIELO

Post n°23 pubblicato il 24 Luglio 2012 da giugibzz1

 

 

1)     Innanzi tutto, come premessa allo sviluppo di quanto andrò ora esponendo, bisogna partire da un dato di fatto, da un avvenimento storico che oserei definire unico e che, da quel preciso momento, non può e non potrà più essere né cancellato né tanto meno ignorato: l’avvento, duemila e dodici anni fa o poco più, di Gesù Cristo nel mondo quale inviato di Dio per la redenzione dell’umanità, e da allora, attraverso la predicazione, prima dei suoi più stretti discepoli e collaboratori e poi quella delle varie comunità cristiane, e in particolare, della più antica fra esse, e di chiara derivazione apostolica, la chiesa cattolica, tale testimonianza non si è più interrotta.

2)     Questo evento appare subito di matrice soprannaturale, ma anche naturale, quindi ha bisogno della nostra indagine che ne attesti, per quanto possibile, la sua attendibilità.

3)     L’indagine va svolta per via esterna, indagine storica e per via interna, sulle qualità psichiche, morali e intellettive del personaggio o i personaggi a cui si vuole dare credito. In entrambi i casi quel che va ricercata è la coerenza, la mancanza cioè di manifeste e insanabili contraddizioni tra quel che è detto e quel che può e deve essere appurato. Ora tali indagini hanno trovato verifiche positive, anche e soprattutto da parte dei presunti specialisti ai lavori, su entrambi i fronti.

4)     La religione cristiana si presenta col suo carattere di esclusiva, peraltro prerogativa anche di altre religioni, il che esclude da parte nostra che si dia l’assenso ad altre fedi, considerate perciò o imperfette o erronee.

5)     L’esclusività della religione cristiana deriva dall’autorevolezza del suo rappresentante principale, Gesù Cristo, appunto, che, unico nella storia delle religioni ritenute per vere, si presenta con autorità proclamandosi Figlio di Dio e Giudice supremo, alla fine del mondo, di tutti gli uomini. Dichiarazioni che neanche a un pazzo sarebbero mai balzate per la testa, se non fossero degne di fede, fatte per lo più in un contesto e in un ambiente assolutamente refrattari a tali idee, e con la consapevolezza che lo avrebbero portato a morte sicura.

6)     Buona parte di quanti si oppongono al cristianesimo motiva la propria avversione alla fede cristiana perché essa è proclamata dalle chiese, in specie si fa riferimento alla più nota e antica di queste, la cattolica romana, evidenziando con ciò i numerosi misfatti e scandali che essa avrebbe compiuto nel corso dei secoli e ancora oggi, almeno sul piano morale, continuerebbe a compiere. Facendo notare, inoltre, il suo carattere spiccatamente temporale, interessata come parrebbe più ai piaceri mondani che a quelli spirituali e il profondo contrasto che sussisterebbe tra il suo insegnamento e stile di vita e l’insegnamento e il modo di vivere del suo fondatore e dei suoi primi discepoli, gli apostoli. Ma questo cambia ben poco, è soltanto un paravento per nascondere il tuo personale rifiuto a Cristo e magari comportarti anche tu in modo moralmente disordinato. Difatti, la chiesa, o le chiese, non proclama se stessa e non attinge da se stessa il messaggio, bensì annuncia Gesù Cristo e attinge tale annuncio dalle Scritture. Ora ti sembrano esse sostenere, con la parola e l’agire dei suoi personaggi principali, quanto dicono e fanno le chiese o, soprattutto, dice e fa la chiesa di Roma, indagata numero uno? Sicuramente, secondo te, no. Quindi, se sei scandalizzato dalla chiesa, fanne denuncia, o esci pure da essa, se credi di non avere altre scelte, nessuno, neppure Dio, ti obbliga a restarci, ma comincia, però anche tu per primo, a seguire quanto la Parola di Dio ci suggerisce, ben sapendo che il giudizio finale non spetta né a te né alle chiese e che, comunque, è anche nostro dovere fare il possibile per ricercare l’unità fra i cristiani e non la divisione ad ogni costo.

7)     Ma cosa ci suggerisce di fondamentale la Bibbia per la nostra salvezza eterna? 1.Che la salvezza è opera di un sol uomo, Gesù Cristo e ci si salva soltanto con l’aderire alla sua parola. 2.Che Cristo è l’unico mediatore fra Dio e gli uomini, nonché unico sommo sacerdote (oblatore) e oblazione (vittima sacrificale) in grado di officiare e ottenere soddisfazione per i peccati del mondo e di toglierli completamente, cosa che egli ha fatto, con il suo sacrificio sulla croce, una volta per sempre. 3.Che se si va al Padre solo tramite il Figlio, così si va al Figlio solo attraverso il nostro pentimento. 4.Che tutti siamo sacerdoti, cooperatori quindi al piano di Dio per la nostra salvezza; che tutti, benché peccatori, siamo santi e ciò nonostante chiamati alla santità, perché Santo è prima di tutto colui che ci ha scelto e separato; che noi, in quanto popolo di Dio siamo anche chiesa vivente di Dio, edificata su pietre vive, che è ogni singola persona, il cui fondamento è solo il Cristo; infine che ognuno di noi è anche tabernacolo dello Spirito Santo. 5.Che esistono per certi solo due luoghi in cui, una volta compiuto il giudizio, le nostre persone, in anima e corpo, andranno per sempre ad abitare: il paradiso e l’inferno. 6.Che prima del giudizio universale i morti sono come in uno stato di dormizione: lo spirito ritorna a Dio che lo ha dato, mentre il corpo si decompone lentamente nella materia di base. 7.Che i sacramenti, qualunque sia il loro esatto numero, sono solo un ausilio per la salvezza, l’unica vera condizione necessaria per ottenerla essendo il pentimento. Ciò si evince dal fatto che c’è disaccordo pressoché totale fra tutte le chiese, sia nel modo di amministrarli e a chi amministrarli, sia nelle varie formule di consacrazione, sia nella materia da usare, e ciò, in particolare, per quel che riguarda il più importante forse tra essi: l’eucarestia. Del resto, il racconto della conversione del buon ladrone avvenuta sulla croce poco prima di morire ce ne dà la conferma, niente battesimo, niente eucarestia, e niente confessione auricolare ma solo sincera conversione del cuore; e via, diritti in paradiso! E quindi, evidentemente, neanche niente purgatorio, per gran dispiacimento, credo, di tutti coloro che impetrano per i loro poveri defunti, pensando, nel far ciò, che il sacrificio di Cristo sia stato incompleto.

8)     Tutta questa nostra indagine fatta per così dire a tavolino non basta però a caratterizzarci come cristiani se non vi è in noi anche l’adesione del cuore oltre che l’assenso dell’intelletto, e questa adesione si chiama fede. Fede grande almeno quanto un granello di senapa e che deve essere preceduta dall’umiltà e fatta seguire dalle buone opere, affinché essa sia produttiva e non rimanga lettera morta.

9)     Infine un rapido accenno alla preghiera e alla nostra testimonianza. Non esiste religione senza preghiera, la quale è il ponte che ci collega con l’al di là, e non esiste cristianesimo senza testimonianza, senza missione, in quanto esso non è un tesoro da tenere gelosamente per noi, ma va comunicato, va condiviso, va spartito per quanto ci è possibile. Ecco perciò anche il carattere fortemente comunitario del cristianesimo.

10)   Quali frutti ne ricavi da tutto ciò? Innanzi tutto quelli dello spirito caratterizzati essenzialmente dalla pace del cuore, da una buona coscienza e dall’amore verso il tuo prossimo e soprattutto verso i tuoi fratelli in Cristo. In secondo luogo farai ordine nel tuo intelletto. Ristabilirai, così, la gerarchia dei valori che avevi stravolto dimenticandoti di Dio, relativizzando la verità con l’affidarti alle tue e altrui opinioni e degradando la tua dignità e quella dei tuoi simili stimandola allo stesso livello delle bestie se non più in basso, e vivendo nell’immoralità più sfrenata e più turpe, eludendo il corretto ordinamento della natura fissato dalle sue leggi, con l'assecondare la perversione della tua sessualità. Una volta che avrai rimesso ordine nel tuo intelletto, riacquisterai allora la capacità di comprendere correttamente la realtà e di non smarrirti di nuovo in essa. Ricorda, Cristo è la via, la verità e la vita e chi aderisce a lui si muove perciò in una direzione sicura, esente da errori e con una meta, quella dell’immortalità, che raggiungerà immancabilmente.

 

 
 
 
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