Romanzo scientifico

Matematica - Didattica


Didattica della matematica[Dai miei appunti di didattica della matematica – Università di Ferrara]Trascrivo in questo blog alcuni appunti e riflessioni di natura didattica. Esercizio o problema? È interessante la distinzione che viene operata tra “esercizio” e “problema”. In un esercizio la risoluzione prevede l’utilizzo di regole e procedure già apprese, mentre in un problema una o più regole e procedure non sono ancora padroneggiate, e si richiede dunque un atto creativo. Il problema è quindi strumento di acquisizione di conoscenza, mentre l’esercizio è uno strumento per consolidare conoscenze e abilità. E se il problema privilegia processi e strategie, l’esercizio si concentra invece su prodotti e risultati. L’insegnante, a sua volta, segue i processi nel caso della risoluzione dei problemi, ma corregge e valuta i prodotti degli esercizi. In altre parole, nella risoluzione di un problema il soggetto ha un ruolo produttivo, mentre nell’esercizio il soggetto svolge un ruolo esecutivo. Una tecnica del problem solving, quella dei cosiddetti esercizi anticipati, consiste nel proporre un esercizio in una classe inferiore: in tal modo l’esercizio diventa un problema.Ma perché emergono problemi nel risolvere i “problemi”? Le difficoltà nella risoluzione di problemi possono avvenire nella fase iniziale di lettura del testo, ma più spesso riguardano la comprensione del testo, la sua “trasformazione” formale, l’applicazione della tecnica risolutiva appropriata e la codifica della risposta nel linguaggio matematico opportuno. Risolvere problemi dello stesso tipo ma in ambienti diversi significa trasferire il sapere da una situazione all’altra in modo naturale, implicito e spontaneo. E, soprattutto, senza il bisogno di ulteriori richieste cognitive specifiche per la nuova situazione di apprendimento. Invece, le capacità procedurali rimangono spesso ancorate all’ambito nel quale si sono acquisite: non si ha il trasferimento della conoscenza. La difficoltà riguarda il fenomeno di transfer cognitivo, che trasforma la conoscenza artificiale, costruita su misura in un ambiente opportuno, in conoscenza generalizzata, capace di produrre abilità cognitive e procedurali in altre situazioni.Contratto didattico Per “contratto didattico” s’intende «l’insieme dei comportamenti e delle attese reciproche dell’insegnante e dell’alunno nei confronti del sapere». Il contratto didattico è sorretto da regole implicite, vere e proprie clausole che devono essere individuate e annullate per determinare apprendimento. Una prima clausola del contratto didattico è l’immagine (di solito pessima) che si ha dei “problemi di matematica”. Il problema di matematica non è altro che un testo scollegato dalla realtà che riporta dati essenziali e richieste specifiche. La soluzione del problema esiste, è unica e si determina in poco tempo. Per giungere alla soluzione occorre usare sempre i calcoli. Il “problema di matematica” è diverso dal “problema reale”. Eccetera. È possibile rompere o limitare questa clausola assegnando problemi in cui si chiede se c’è qualche dato mancante o superfluo, o problemi che hanno più soluzioni o che permettono di giungere alla soluzione in più modi,… Una seconda clausola è la cosiddetta esigenza della giustificazione formale (egf), che si verifica anche nella scuola media. Questa clausola costringe l’allievo/a a percorrere solo la strada indicata dall’insegnante, e impedisce di risolvere autonomamente l’esercizio per timore di commettere qualche errore di procedura o di forma. La clausola della delega formale consiste nell’assenza di controllo/verifica della coerenza tra dati e soluzione: lo studente legge il testo e decide le operazioni da svolgere, ma poi non controlla più il suo operato in quanto “delega l’algoritmo”. E se il risultato è errato, spesso non ne prende atto, trascurando le incongruenze interne alla propria risoluzione. In altre parole, lo studente non esercita il controllo semantico. Il cosiddetto effetto einstellung si verifica quando la ripetitività nella risoluzione di esercizi, che consolida le abilità tecniche, induce ad “applicare formule anche quando non è più necessario”. Infine, l’obbligo parassita impone, per esempio, di disegnare figure geometriche sempre nello stesso modo poiché orientazioni diverse possono indurre qualche perplessità: per esempio, un rettangolo con la “base” minore dell’altezza o un parallelogramma con l’altezza diretta al prolungamento del lato opposto.Conoscenza intuitiva e conoscenza logica Le nozioni cosiddette intuitive sono direttamente accettabili perché autoevidenti; le nozioni cosiddette logicamente basate sono invece accettabili indirettamente sulla base di una certa dimostrazione esplicita. Spesso si crea un conflitto tra nozioni intuitive e nozioni acquisite. E se l’intuitività di una certa proprietà tende ad oscurare nella mente dello studente la sua importanza matematica, una proprietà apparentemente banale sembra eliminare la necessità e l’utilità di enunciarla esplicitamente, di dimostrarla o di definirla. Per esempio, si considerino i due seguenti problemi:1)  “Un litro di succo di arancia costa 2 euro. Quanto costeranno 3 litri? Con quale operazione si arriva alla soluzione?"2)  "Un litro di succo di arancia costa 2 euro. Quanto costeranno 0,75 litri di succo di frutta? Con quale operazione si arriva alla soluzione?" La soluzione del problema 1) è ottenuta intuitivamente ed è semplice e diretta. La soluzione del problema 2) è meno semplice: viene spontaneo rispondere con la divisione 2:0,75 (= 2,67 euro!). Questa è una risposta intuitiva scorretta legata all’idea che “la moltiplicazione accresce e la divisione riduce”. Ricorrendo alla relazione di proporzionalità fra costo e quantità 1 litro : 2 euro = 0,75 l : x, si ha che x = 2 × 0,75 (= 1,5 euro), cioè una moltiplicazione e non una divisione! Analogamente, sembra intuitivamente plausibile che (a ± b)2 = a2 ± b2, invece della forma corretta con il termine misto 2ab. Questa tentazione è forte perché è altrettanto intuitivo e plausibile che l’esponente si distribuisca equamente ai due componenti dell’addizione. Spesso la soluzione intuitiva è più forte della soluzione formale! Idee errate che riguardano gli elementi teorici fondamentali (misconcezioni) si formano nella mente dello studente in virtù della propria esperienza personale, dell’interazione con l’ambiente, di assonanze linguistiche o del fatto che il linguaggio specifico utilizza termini del linguaggio comune. Spesso tali concezioni erronee restano latenti ma non inerti, perché rappresentano per lo studente il modo per dare significato a certi elementi basilari della teoria.Vi segnalo:Barozzi Bergamini Boni Ceriani Pagani, La matematica per il cittadino – Idee per insegnare, Zanichelli 2008Stella Baruk, Dizionario di matematica elementare, Zanichelli 1998Bruno D'Amore, Didattica della matematica, Pitagora 2001Bruno D'Amore, Matematica stupore e poesia, Giunti 2009EdMax