Romanzo scientifico

Matematica e scienza: un romanzo

Creato da EdMax il 13/03/2011

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Matematica - Ipazia

Post n°64 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 

 

Matematica – Ipazia

1) Adriano Petta, Antonino Colavito, Ipazia – Vita e sogni di una scienziata del IV secolo (prefazione di Margherita Hack), La Lepre Edizioni 2010.

2) Silvia Ronchey, Ipazia – La vera storia (RCS 2010).

3) Carl B. Boyer, Storia della matematica (prefazione di Lucio Lombardo Radice, traduz. di Adriano Cargo), Mondadori 2004.

Ipazia

Scrive Adriano Petta a pag. 228-232 (la seconda parte del libro è scritta da Antonino Colavito):

«[…] Dal buio salta fuori una marea di monaci paraboloni che, in un baleno, circondano i nostri cavalli […] Ipazia e io ci troviamo sbattuti per terra, eppure riesco a sfilare il gladio e il pugnale, grido come un indemoniato, riesco a trapassare il petto di due, tre, quattro maledetti, poi mi passano delle corde attorno al corpo, ferisco, lotto con tutte le mie forze, chiedo aiuto, mi vogliono imbavagliare, urlo il nome di Ipazia, odo un suo grido strozzato che m’implora di fuggire […] Ipazia è a pochi passi da me, le hanno strappato di dosso il mantello, il cuore mi scoppia, i suoi occhi innocenti mi cercano. Pietro il Lettore si fa consegnare da un’ombra fremente alle sue spalle una grossa conchiglia affilatissima, squarcia la tunica bianca della mia maestra: in pochi attimi le strappa di dosso ogni indumento, lasciandola nuda. Ipazia cerca di girarsi verso l’altare, le viene impedito con calci e schiaffi da alcune belve di monaci che la tengono inchiodata davanti a me… mentre io – ormai legato mani e piedi – sono tenuto in ginocchio con la forza da una decina di maledetti […] Si gira, torna da Ipazia, con la conchiglia affilata le rompe il bavaglio: “Tu non sei una pagana qualunque: il tuo sacrificio deve servire da monito, deve accelerare le conversioni in massa!” […] Pietro porge la sua conchiglia a un monaco che gli sta accanto, afferra Ipazia per i capelli dietro la nuca, la immobilizza con la mano sinistra, si fa aiutare dagli altri due… dio… dio! E con due dita dotate di quelle spaventose… amore! amore! e con due dita, con quelle unghie spaventose cava un occhio alla mia Ipazia, che emette un grido straziante… dio… dio ferma questo demonio! […] il carnefice getta sull’altare, tra i petali bianchi, l’occhio del mio amore […]».

Mi fermo qui. E’ veramente straziante la morte di Ipazia. Qualcuno avrà visto il film Agorà su Ipazia (io purtroppo no) e mi chiedo se le scene del film rispecchiano la storia che Adriano Petta e Antonino Colavito scrivono nel loro bellissimo libro.

Ipazia è documentata dalla bizantinista Silvia Ronchey in Ipazia – La vera storia (RCS 2010). Chi era Ipazia? Secondo alcuni – scrive Ronchey a pag. 10-11 –«una scienziata, la più importante fino a Madame Curie», «una filosofa allieva di Plotino», una «sacerdotessa e una teurga», una «eroina protofemminista», «martire della libertà di pensiero», «agnello sacrificale dell’ultimo paganesimo», «prima strega bruciata sul rogo dall’inquisizione ecclesiastica».

E poi: «illuminista e romantica, decadente e parnassiana, libera pensatrice e socialista, protestante, massone, agnostica, vestale neopagana e perfino santa cristiana. È stata un Galileo donna e una Mademoiselle de Maupin, una George Sand e un’Odette, un asteroide e una stella invisibile dalla prodigiosa forza d’attrazione, un buco nero».

A pag. 223 della sua Storia della matematica, Carl Boyer scrive a proposito di Teone di Alessandria e di sua figlia Ipatia: «Teone fu responsabile anche di una importante edizione degli Elementi, che ci è pervenuta; egli viene ricordato anche come il padre di Ipatia, una dotta giovane donna autrice di commenti a Diofanto, Tolomeo e Apollonio. Ardente ammiratrice della cultura pagana, Ipatia si attirò l’odio di una plebaglia fanatica di cristiani in mano ai quali trovò una morte crudele nel 415. La profonda impressione che la sua morte suscitò ad Alessandria indusse alcuni ad assumere tale anno per contrassegnare la fine della matematica antica; tuttavia è più appropriato farla terminare un secolo più tardi».

Ipazia1


EdMax

 

 
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