Romanzo scientifico

Matematica e scienza: un romanzo

Creato da EdMax il 13/03/2011

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Messaggi di Maggio 2011

Biologia/Antropologia/Uomo

Post n°59 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 

Biologia/Antropologia/Uomo

Un vecchio libro della fine degli anni Sessanta del XX secolo:

LA SCIMMIA NUDA, STUDIO ZOOLOGICO DELL'ANIMALE UOMO, di Desmond Morris (RCS 1968/2010).

 

ibs

Il libro denuda lo "scimmione nudo" più di quanto non abbia fatto l'evoluzione in milioni di anni. Divertente e provocatorio, basato su "accurate indagini" (ma siamo alla fine degli anni Sessanta), il libro ci spoglierà e ci farà capire quanto sia (in)utile nasconderci dietro un dito.

A pag. 178 si legge:

"Spesso i gesti di amicizia derivano da quelli di sottomissione (...) Questo si è verificato per le reazioni dei riso e del sorriso (che incidentalmente appaiono ancora quando vogliamo placare qualcuno sotto forma di sorriso timido e di risolino nervoso). La stretta di mano si manifesta come un rito scambievole tra individui più o meno dello stesso rango, mentre quando vi è una forte differenza di classe si trasforma in un inchino con baciamano."

A proposito di uomo (sempre dal punto di vista evolutivo), è molto interessante il capitolo quarto (I tempi e i modi del processo evolutivo) del libro Le forme della vita - L'evoluzione e l'origine dell'uomo (RCS 2009), in cui l'autore, Edoardo Boncinelli, si sofferma su alcune "articolazioni" della visione neodarwiniana trattata nei precedenti capitoli del suo libro. In particolare, espone in modo chiaro i concetti di diversificazione, convergenza/divergenza (e quindi analogia/omologia), adattamento, ecc.

È molto bella la dedica che Luca e Francesco Cavalli-Sforza presentano all'inizio del loro saggio Chi siamo - La storia della diversità umana (RCS 2009): "dedicato alle donne che hanno trasmesso i loro mitocondri".

A pagina 55 del libro di Ian Tattersall, Il mondo prima della storia - Dagli inizi al 4000 a.C. (Cortina 2009), si parla di Lucy, "che visse 3,18 milioni di anni or sono. Scoperta alla metà degli anni Settanta a Hadar, in Etiopia, Lucy è uno dei molti fossili...". "Lucy" è la più famosa di tutte le numerose specie di Australopithecus afarensis, gli antichi ominidi bipedi.

EdMax

 
 
 

Musica Popolare: PARTO DELLE NUVOLE PESANTI / Music jazz radio

Post n°60 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 
Tag: Musica

Musica!

Musica Popolare

Colgo l'occasione di salutare e presentarvi mio fratello, Mimmo Crudo, bassista del gruppo IL PARTO DELLE NUVOLE PESANTI.

Ciao Mix!

PNP

http://www.partonuvole.com

http://www.myspace.com/crudomimmo

http://www.facebook.com/pages/IL-PARTO-DELLE-NUVOLE-PESANTI/63507121345?ref=search&sid=1175465759.338125446..1

http://www.facebook.com/pages/MIMMO-CRUDO-2/112515115461715?sk=wall


Musica! Jazz

Se state lavorando e siete collegati in rete, vi invito a visitare

http://www.jazzradio.fr/

Secondo me, una delle migliori radio jazz online.

In particolare, jazz mouchine, contemporary jazz e classic jazz.

Ho scoperto questa radio per caso a Perugia, in un locale medievale in pieno centro, il Settimo Sigillo, con tanto di armature, salotti-tortura, draghi e un... collegamento in rete, oltre a una buona cucina economica.

EdMax

 
 
 

Matematica: simmetrie!

Post n°61 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 

Matematica / Simmetrie

1) Marcus Du Sautoy, Il disordine perfetto – L’avventura di un matematico nei segreti della simmetria, RCS 2007

2) Mario Livio, L’equazione impossibile – Come un genio della matematica ha scoperto il linguaggio della simmetria, RCS 2005

3) Ian Stewart, L’eleganza della verità – Storia della simmetria,  Einaudi 2008

4) Albrecht Beutelspacher, Piega e spiega la matematica – Laboratorio di giochi matematici (Ponte alle Grazie 2009, trad. Umberto Gandini)

5) Piergiorgio Odifreddi Penna, pennello e bacchetta - Le tre invidie del matematico Laterza 2005

Simmetria/1

Beutelspacher_equilatero

«Alcuni ritengono che sia il triangolo più bello», scrive a pagina 15 Albrecht Beutelspacher nel suo libro Piega e spiega la matematica – Laboratorio di giochi matematici (Ponte alle Grazie 2009). Beutelspacher si riferisce al triangolo equilatero. Cerchiamo di costruirne uno seguendo il suo procedimento. (Un altro bel libro di Albrecht Beutelspacher è Le meraviglie della matematica - 66 esperienze spiegate attraverso i numeri, Ponte alle Grazie 2008.)

Materiali di lavoro? Niente gomma, matita e compasso. Occorre un semplice foglio di carta A4. Scrive Beutelspacher nell’introduzione (pagina 5): «[…] non avrete bisogno di chissà che materiale (il più delle volte basterà un po’ di carta), né di strumenti insoliti (qualche volta vi occorrerà una forbice), né di una particolare abilità manuale (giusto quel tanto che basta per piegare un foglio). Il nostro motto è: più semplice è, meglio è. E in effetti – continua Beutelspacher – la maggior parte di questi esperimenti è adatta anche ai bambini, perfino a quelli che frequentano ancora la scuola materna, i quali potranno così avvicinarsi per la prima volta alla matematica».

«Occorre una linea di riferimento. Per ottenerla, piegate il foglio a metà per il lungo, così che i suoi due lati lunghi vengano a coincidere. Riapritelo e tenetelo aperto davanti a voi. Ora viene il passo decisivo: piegate l’angolo inferiore destro del foglio in modo che soddisfi contemporaneamente due esigenze: innanzi tutto il vertice inferiore destro deve andare a toccare la linea centrale di riferimento, poi la linea di piegatura deve passare per l’angolo inferiore sinistro. Il triangolo che ne risulta non è ancora equilatero, però il suo lato maggiore è già il primo del poligono che vogliamo realizzare. Osservate il lato più breve del vostro triangolo. Figuratevelo prolungato verso sinistra e piegate la carta lungo questa linea. Se sarete stati precisi, il bordo della prima piegatura verrà a combaciare con il bordo destro del foglio. Ora non rimane che ripiegare la piccola parte che avanza a sinistra, ed eccovi il triangolo equilatero.»

Beutelspacher consiglia di misurare i lati oppure piegare il triangolo lungo gli assi di simmetria per vedere se lati e angoli corrispondono.

EdMax

 
 
 

Matematica - La bellezza in matematica!

Post n°62 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 

La bellezza in matematica

 

gatti matematici


1) Godfrey H. Hardy, Apologia di un matematico (presentazione di Edoardo Vicentini, prefazione di Charles P. Snow, traduzione di Luisa Saraval), Garzanti 2002.

2) Marcus Du Sautoy, L'equazione da un milione di dollari – E altri enigmi matematici che rifiutano di lasciasi risolvere (trad. di Carlo Capararo e Daniele Didero), RCS 2010

3) Mondo matematico, La sezione aurea – Il linguaggio matematico della bellezza RBA 2011

4) Mario Livio La sezione aurea – Storia di un numero e di un mistero che dura da tremila anni RCS 2003

5) Bruno D'Amore, Matematica stupore e poesia, Giunti 2009.

6) Graham Farmelo, Equilibrio perfetto – Le grandi equazioni della scienza moderna (trad. di Libero Sosio), Il Saggiatore 2005.

Così scriveva Godfrey H. Hardy nel suo Apologia di un matematico (2002 Garzanti, pag. 66-67):

«Il matematico, come il pittore e il poeta, è un creatore di forme. Se le forme che crea sono più durature delle loro è perché sono fatte di idee. Il pittore crea forme con i segni e i colori, il poeta con le parole […]».

Ma il matematico, a differenza dei pittori e dei poeti, «non ha altro materiale con cui lavorare se non le idee; quindi le forme che crea hanno qualche probabilità di durare più a lungo, perché le idee si usurano meno delle parole

E ancora: «Le forme create dal matematico, come quelle create dal pittore o dal poeta, devono essere belle; le idee, come i colori o le parole, devono legarsi armoniosamente. La bellezza è il requisito fondamentale: al mondo non c’è un posto perenne per la matematica brutta

Marcus Du Sautoy, che nel suo libro L'equazione da un milione di dollari – E altri enigmi matematici che rifiutano di lasciasi risolvere (RCS 2010) usa la citazione di Hardy per un “esperimento di crittoanalisi”, a pag. 238-239 scrive: «Lessi questo libro [Apologia di un matematico] quando andavo a scuola, e fu una delle ragioni che mi fece decidere di diventare un matematico».

Ian Stewart, a pag. 312 del suo saggio L'eleganza della verità – Storia della simmetria (Einaudi 2008), scrive: «Eppure ci sono tante prove del fatto che la natura, in fondo, è bella». E cita il fisico Hermann Weyl che un giorno disse: «Il mio lavoro è sempre stato quello di unire verità e bellezza, e quando ho dovuto scegliere una delle due ho sempre preferito la bellezza».

Il libro di Stewart si chiude così: «In fisica la bellezza non garantisce automaticamente la verità, ma aiuta a trovare la strada. In matematica, la bellezza deve essere anche verità, perché ciò che è falso non è bello.» (pag. 315).

Sulla sezione aurea:

Mondo matematico, La sezione aurea – Il linguaggio matematico della bellezza, RBA 2011 (in edicola tutti i venerdì un argomento di matematica diverso) e Mario Livio, La sezione aurea – Storia di un numero e di un mistero che dura da tremila anni (RCS 2003).

  Il libro di Bruno D'Amore, Matematica stupore e poesia (Giunti 2009), raccoglie brevi articoli di diversi Autori. Dopo la premessa e i capitoli I (La matematica, espressione dell’essere umano) e II (Il linguaggio della matematica), si apre il capitolo III (Matematica e poesia) con uno scritto di Piergiorgio Odifreddi dal titolo Fare il verso alla matematica. Il capitolo IV (Matematica e arti) comprende un secondo articolo di Odifreddi dal titolo Le tre invidie del matematico (abbiamo già segnalato il suo libro Penna, pennello e bacchetta – Le tre invidie del matematico, Laterza 2005), nonché un breve intervento di Michele Emmer dal titolo Cinema e matematica. Vi segnalo anche il capitolo VIII (ma tutti gli articoli presentati sono davvero molto interessanti), Matematica e filosofia, con gli interventi di Umberto Bottazzini (Dimostrazioni di destra o di sinistra?) e di Giorgio Israel (Nulla e zero tra matematica, filosofia e teologia). Infine, il capitolo IX (Matematica, società e politica) chiude il libro con gli interventi di Sandro Graffi (Alcune riflessioni sul rapporto tra matematica e società verso la fine del Settecento) e di Ubiratan D’Ambrosio (Perché gli educatori e i ricercatori che si occupano di matematica non possono ignorare le istanze che vengono dalla politica?).

 Ma non potete non leggere, Equilibrio perfetto – Le grandi equazioni della scienza moderna (Il Saggiatore 2005) di Graham Farmelo, in particolare la prefazione dello tesso Farmelo dal titolo Dev’essere bella, con chiaro riferimento all’equazione. Anche questo libro, come il precedente di D’Amore, raccoglie una serie di interventi; ne cito solo tre: L’equazione del sestante E = mc2 di Peter Galison, Erotismo, estetica e l’equazione d’onda di Schrödinger di Arthur I. Miller, La matematica dell’evoluzione di John Maynard Smith. Infine, chiude questo bellissimo libro la postfazione di Steven Weinberg dal titolo Come sopravvivono le grandi equazioni.

equil perf


EdMax

 
 
 

Musica: i Ribossa e Luciano Ceriello

Post n°63 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 

Musica

I Ribossa e Luciano Ceriello

Ribossa è il nome di un gruppo musicale bolognese che purtroppo ora non esiste più. Ribossa era un tentativo di riproporre la bossanova brasiliana. La “bossa” era il nostro genere musicale. Per intenderci, quella di Antonio Carlos (Tom) Jobim, autore di brani intramontabili come Garota de Ipanema, Wave, Desafinado, Insensatez, Aguas de Março, Eu Seu Que Vou Te Amar, Agua de Beber, A felicidade, Se Todos Fossem Iguais A Vocè, Olha Maria, …

Ma non c’era solo Jobim nel repertorio dei Ribossa. C’erano anche Djavan, João Bosco, Milton Nascimento, Caetano Veloso, Edu Lobo, Elis Regina, Jorge Vercilo, Ivan Lins, …

E poi c’era la musica fusion! “Bossafusion” era il nostro genere musicale. Pat Metheny, John Scofield, Mike Stern, David Sanborn, John Patitucci, Dave Weckl, Vinnie Colaiuta e tanti altri musicisti fusion dei nostri tempi.

E poi c’era il jazz! “Bossafusionjazz” era il nostro genere musicale.

E poi il blues e il progressive-rock.

E poi i nostri brani personali, come PsychoFusion, Black Box, Parallasse, Not(t)e di colore, Red, Frammento d’estate,…

Chi era la band dei Ribossa? C’ero io (chitarra), Fulvio Leone (sax contralto, flauto e percussioni), Marco Saggiorato (piano e tastiere), Roberto Gambini (basso), Luciano Ceriello (chitarra e voce). Tra i vari batteristi che hanno contribuito alla parte ritmica dei Ribossa desidero ricordare Paolo Zanella.

Luciano Ceriello (Celux73) è compositore, cantante e chitarrista napoletano. Io e Luciano intendiamo registrare alcuni nostri brani. Abbiamo già registrato un CD con i suoi brani, tra cui Il Viaggio, Con me stesso, Allegria e Je crero. Allegria e Je crero sono in rete:

Allegria è su http://www.youtube.com/watch?v=tAuGHB14djw

Je crero è su http://www.youtube.com/watch?v=8IERomRzHVA

Ciao, Luciano. E saluta i tuoi gatti... matematici!

EdMax

 

 
 
 

Matematica - Ipazia

Post n°64 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 

 

Matematica – Ipazia

1) Adriano Petta, Antonino Colavito, Ipazia – Vita e sogni di una scienziata del IV secolo (prefazione di Margherita Hack), La Lepre Edizioni 2010.

2) Silvia Ronchey, Ipazia – La vera storia (RCS 2010).

3) Carl B. Boyer, Storia della matematica (prefazione di Lucio Lombardo Radice, traduz. di Adriano Cargo), Mondadori 2004.

Ipazia

Scrive Adriano Petta a pag. 228-232 (la seconda parte del libro è scritta da Antonino Colavito):

«[…] Dal buio salta fuori una marea di monaci paraboloni che, in un baleno, circondano i nostri cavalli […] Ipazia e io ci troviamo sbattuti per terra, eppure riesco a sfilare il gladio e il pugnale, grido come un indemoniato, riesco a trapassare il petto di due, tre, quattro maledetti, poi mi passano delle corde attorno al corpo, ferisco, lotto con tutte le mie forze, chiedo aiuto, mi vogliono imbavagliare, urlo il nome di Ipazia, odo un suo grido strozzato che m’implora di fuggire […] Ipazia è a pochi passi da me, le hanno strappato di dosso il mantello, il cuore mi scoppia, i suoi occhi innocenti mi cercano. Pietro il Lettore si fa consegnare da un’ombra fremente alle sue spalle una grossa conchiglia affilatissima, squarcia la tunica bianca della mia maestra: in pochi attimi le strappa di dosso ogni indumento, lasciandola nuda. Ipazia cerca di girarsi verso l’altare, le viene impedito con calci e schiaffi da alcune belve di monaci che la tengono inchiodata davanti a me… mentre io – ormai legato mani e piedi – sono tenuto in ginocchio con la forza da una decina di maledetti […] Si gira, torna da Ipazia, con la conchiglia affilata le rompe il bavaglio: “Tu non sei una pagana qualunque: il tuo sacrificio deve servire da monito, deve accelerare le conversioni in massa!” […] Pietro porge la sua conchiglia a un monaco che gli sta accanto, afferra Ipazia per i capelli dietro la nuca, la immobilizza con la mano sinistra, si fa aiutare dagli altri due… dio… dio! E con due dita dotate di quelle spaventose… amore! amore! e con due dita, con quelle unghie spaventose cava un occhio alla mia Ipazia, che emette un grido straziante… dio… dio ferma questo demonio! […] il carnefice getta sull’altare, tra i petali bianchi, l’occhio del mio amore […]».

Mi fermo qui. E’ veramente straziante la morte di Ipazia. Qualcuno avrà visto il film Agorà su Ipazia (io purtroppo no) e mi chiedo se le scene del film rispecchiano la storia che Adriano Petta e Antonino Colavito scrivono nel loro bellissimo libro.

Ipazia è documentata dalla bizantinista Silvia Ronchey in Ipazia – La vera storia (RCS 2010). Chi era Ipazia? Secondo alcuni – scrive Ronchey a pag. 10-11 –«una scienziata, la più importante fino a Madame Curie», «una filosofa allieva di Plotino», una «sacerdotessa e una teurga», una «eroina protofemminista», «martire della libertà di pensiero», «agnello sacrificale dell’ultimo paganesimo», «prima strega bruciata sul rogo dall’inquisizione ecclesiastica».

E poi: «illuminista e romantica, decadente e parnassiana, libera pensatrice e socialista, protestante, massone, agnostica, vestale neopagana e perfino santa cristiana. È stata un Galileo donna e una Mademoiselle de Maupin, una George Sand e un’Odette, un asteroide e una stella invisibile dalla prodigiosa forza d’attrazione, un buco nero».

A pag. 223 della sua Storia della matematica, Carl Boyer scrive a proposito di Teone di Alessandria e di sua figlia Ipatia: «Teone fu responsabile anche di una importante edizione degli Elementi, che ci è pervenuta; egli viene ricordato anche come il padre di Ipatia, una dotta giovane donna autrice di commenti a Diofanto, Tolomeo e Apollonio. Ardente ammiratrice della cultura pagana, Ipatia si attirò l’odio di una plebaglia fanatica di cristiani in mano ai quali trovò una morte crudele nel 415. La profonda impressione che la sua morte suscitò ad Alessandria indusse alcuni ad assumere tale anno per contrassegnare la fine della matematica antica; tuttavia è più appropriato farla terminare un secolo più tardi».

Ipazia1


EdMax

 

 
 
 

Matematica - Numeri!

Post n°65 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 

NUMERI_1

1) Philip e Phylis Morrison (con lo studio di Charles e Ray Eames), Potenze di dieci – Cosa succede aggiungendo un altro zero, Zanichelli 1986

2) Alfred S. Posamentier, Ingmar Lehmann, I (favolosi) numeri di Fibonacci, Muzzio 2010

  «Un uomo e una donna fanno un picnic in un prato. Questo picnic è il centro di tutte le precedenti immagini verso l’esterno, sino alla visione dello spazio intergalattico».

Seguite il quadrato blu disegnato sulla mano destra dell’uomo. Poi scegliete: potete scorrere le pagine da una parte, e vi avvierete verso l’estremamente grande, o dalla parte opposta, verso l’infinitamente piccolo. Dal protone che costituisce un singolo atomo della mano dell’uomo, all’universo uniforme in cui «le novità andrebbero cercate nel tempo più che nello spazio». Cioè: da 1025 m a 10–16 m.

Sono ben quaranta le potenze di 10 che Philip e Phylis Morrison presentano in Potenze di dieci – Cosa succede aggiungendo un altro zero. Un bellissimo libro corredato da immagini mozzafiato!

powers of ten


«Quanto più grandi sono i numeri di Fibonacci, tanto meglio il loro quoziente approssima la sezione aurea», scrivono Alfred S. Posamentier, Ingmar Lehmann in I (favolosi) numeri di Fibonacci (pag. 16-17).

Fibonacci

 

«Consideriamo il quoziente della coppia di numeri di Fibonacci consecutivi», come 13/8, 55/34, 144/89, 4181/2584 …, ecc. Il quoziente tra il 40° e il 41° numero di Fibonacci è:

165580141 / 102334155  = 1,6180339887498948909091,00681×1017

«Confrontare quest’ultimo quoziente con il valore della seziona aurea:

1,6180339887498948482045868343656…».

  Il libro discute anche la relazione che esiste tra i numeri di Fibonacci e il mondo vegetale, il triangolo di Pascal, le frazioni continue, arte e architettura, … Insomma, un gran bel libro!

Se volete saperne di più: Mario Livio, La sezione aurea – Storia di un numero e di un mistero che dura da tremila anni, RCS 2003.

EdMax

 
 
 

Matematica - Numeri!

Post n°66 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 

Numeri_2

Zero e infinito

1) Constance Reid, Da zero a infinito – Fascino e storia dei numeri (trad. di Domenico Minunni), Dedalo 2010

2) John D. Barrow, Da zero a infinito – La grande storia del nulla, Mondadori 2001

3) Robert Kaplan, Zero – Storia di una cifra, RCS 1999

A pag. 24-25 del bellissimo libro Da zero a infinito – Fascino e storia dei numeri, Constance Reid conclude il capitolo iniziale, dal titolo 0 Zero, con queste parole: ««Zero è l’unico numero che può essere diviso da ogni altro numero. Zero è l’unico numero che non può dividere nessun altro numero […] Zero è sufficientemente simile a tutti gli altri numeri per essere uno di loro, ma abbastanza diverso da essere considerato un numero singolare: l’ultima, e la prima, delle cifre.»

A pag. 30-31 del successivo capitolo, dal titolo 1 Uno, si legge: «Uno è l’unico numero che divide ogni altro numero. Uno è l’unico numero che non può essere diviso da nessun altro numero […] l’unico numero sempre collegato alla sua antitesi – zero. Mentre uno divide tutti i numeri, zero non ne divide nessuno; uno non è divisibile per nessun altro numero, mentre zero è divisibile per tutti quanti.» Il capitolo non poteva non chiudersi in questo modo: «Ogni numero è divisibile per uno. Ogni numero è divisibile per se stesso.» Gli ultimi due capitoli del libro riguardano il numero e di Eulero e l’insieme Aleph con zero, passando ovviamente per i capitoli da 3 Tre a 9 Nove.

Nel primo capitolo (pag. 7) dal titolo 0 Nullologia: volare da nessuna parte del bellissimo libro Da zero a infinito – La grande storia del nulla, John D. Barrow scrive: «[…] niente, nessuna cosa, nullità, zero… insomma c’è un nulla per ogni occasione. Vi sono zeri di tutti i tipi su cui concentrare l’attenzione, dai punti zero alle ore zero, dalle cifre nulle ai nulliversi. Vi sono concetti che sono vuoti, luoghi che sono svuotati, e vuoti di tutte le forme e le dimensioni. Passando agli umani, ci si imbatte in nichilisti, nichiliani, nullisti, nullità e “signori nessuno”».

A pag. 9 recita «un divertente enigma che gioca sul doppio significato della parola cipher: U 0 a 0, but I 0 thee. O 0 no 0, but O 0 me. O let not my 0 a mere 0 go, but 0 my 0 I 0 thee so. Che, decifrato, significa: Tu sospiri per una nullità, ma io sospiro per te. Oh, non sospirare per una nullità, ma sospira per me. Oh, non fare che il mio sospiro sia speso per una semplice nullità, ma sospira per il mio sospiro, perché io sospiro per te così.»

Un bell’esempio di zero (pag. 12): la «composizione di John Cage intitolata 4’33” – accolta in alcune sale da entusiastiche richieste di bis – consiste in quattro minuti e trentatré secondi di ininterrotto silenzio, eseguito da una brava pianista in abito da sera seduta immobile sullo sgabello di fronte a uno Steinway pronto per l’uso. Cage spiega che la sua idea è creare l’analogo musicale dello zero assoluto delle temperature». E poi «l’Essay on Silence di Elbert Hubbard contiene solo pagine bianche […], un volume vuoto intitolato The Nothing Book, fu pubblicato nel 1974 […]». E Barrow cita ancora John Cage (pag. 35): «Non ho nulla da dire… e lo sto dicendo, e questa è poesia».

Nel suo libro Zero – Storia di una cifra, Robert Kaplan inizia il capitolo 2 Per i Greci non aveva nome (pag. 30) con queste parole: «Perché è occorso tanto tempo per dire niente? Perché, in seguito, l’uso dello zero continuo a essere così esitante? E perché, dopo essere emerso, tornò a inabissarsi?» Ovviamente, Kaplan cita anche Ulisse/Nessuno e Polifemo.

E poi, a pag. 67: «È come osservare al rallentatore il formarsi di un’idea: il passaggio da un “nominato” a una notazione puramente posizionale, da un posto vuoto che qualunque cifra può occupare al “numero vuoto”: un numero a pieno titolo, che costringe gli altri nelle giusta posizioni».

Al prossimo “zero”!

EdMax

 
 
 

Matematica - Numeri!

Post n°67 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 

Numeri_3

Zero e infinito

4) John D. Barrow, L'infinito – Breve guida ai confini dello spazio e del tempo, Mondadori 2005

5) Ròzsa Péter, Giocando con l'infinito – Matematica per tutti, BUR 2010

6) Antonino Zichichi, L'infinito – L'avventura di un'idea straordinaria, Il Saggiatore 2004

Dalla tartaruga di Zenone all’albergo di Hilbert, dall’infinito potenziale di Aristotele a Georg Cantor, da Shakespeare a Luca Ronconi,… Molto bello il libro di John D. Barrow L'infinito – Breve guida ai confini dello spazio e del tempo. A pag. 47 del libro, un’immagine illustra «l’Albergo Infinito nella scena di apertura dello spettacolo Infinities dell’autore, rappresentato con la regia di Luca Ronconi al Piccolo Teatro di Milano nel 2002 e nel 2003». Altre due immagini dello spettacolo (pag. 155) sono commentate dalla seguente didascalia: «Il paradosso della replicazione infinita in un universo dove nulla è originale, reso drammaticamente vivo nella messa in scena milanese di Infinities, con la regia di Luca Ronconi».

Interessante la nota 3 del capitolo III, in cui si legge: «Sembra che la storiella dell’Albergo Infinito gli sia stata attribuita senza che egli [Hilbert] abbia mai scritto nulla in proposito. La storia acquisì una certa notorietà quando fu brevemente riferita da George Gamow nel suo libro Uno due tre… infinito […]».

Segnalo anche il libro della matematica ungherese Rózsa Péter (Budapest, 1905–1977), Giocando con l'infinito – Matematica per tutti, con la postfazione di Giulio Giorello. A pag. 190 si legge:

«Si potrebbe pensare che, dato che è così rigorosamente vietato, non dovrebbe capitare a nessuno di dividere per 0. In forma così evidente forse no, ma qualche volta 0 “si traveste”, per esempio nella seguente forma (x + 2)2 – (x2 + 4x + 4)».

E poi (pag. 191): «C’è sempre una qualche divisione per tali zero nascosti nelle “dimostrazioni” in cui si dimostra per esempio che 1 = 2 […] La prima cosa che si nota a proposito di questa curva [l’iperbole] è che si compone di due parti. Ciascuna parte è regolare e continua, ma al punto zero vediamo un grande salto, una grande “lacerazione” verso l’infinito: la parte sinistra tende inferiormente all’infinito, quella destra superiormente. E tra di esse sta l’asse delle y, come una spada sguainata: “Puoi avvicinarti, ma non giungerai al divisore zero!”».

«Se vuoi leggere un buon libro sull’infinito comincia da quello di Zichichi. È un buon inizio», mi disse un giorno un amico insegnante di matematica. Si riferiva a L'infinito – L'avventura di un'idea straordinaria, in cui Antonino Zichichi racconta, oltre i “fatti”, anche la favola della Principessa Cristina che aveva inventato la corrispondenza biunivoca. «È proprio questa invenzione – scrive Zichichi alla fine del capitolo L’invenzione della Principessa Cristina: la corrispondenza biunivoca – che permetterà all’uomo di capire l’Infinito».

Al prossimo “zero”!

Edmax

 
 
 

Matematica - Numeri!

Post n°68 pubblicato il 06 Maggio 2011 da EdMax
 

Numeri_4

Chiudiamo questa breve rassegna di libri (tra l’immensa letteratura disponibile) su Zero e infinito con altri due riferimenti bibliografici:

7) Amir D.Aczel, Il mistero dell'alef – La ricerca dell'infinito tra matematica e misticismo, Il Saggiatore 2010

8) Jean-Pierre Luminet, Marc Lachièze-Rey, Finito o infinito? Limiti ed enigmi dell'Universo, Cortina 2006

«Il 6 gennaio del 1918 un uomo stanco ed emaciato moriva a causa di un collasso cardiaco presso la Halle Nervenklinik, una clinica psichiatrica universitaria nella città industriale tedesca di Halle. Il suo corpo venne trasportato con grande discrezione attraverso la città e fu sepolto in un piccolo cimitero. Soltanto poche persone parteciparono al funerale protestante, tra queste la moglie del defunto e i cinque figli. Il cimitero ora non esiste più; è stato smantellato per far posto ad abitazioni private. Ma qualcuno è riuscito a salvare la lapide, che è stata collocata anni dopo, e senza il corpo, in un altro piccolo cimitero di Halle, dove si trova ancora oggi. Vi si legge questa iscrizione:

Dr. Georg Cantor Professor d. Mathematik 3.3.1845-6.1.1918».

Questo è l’inizio di Il mistero dell'alef – La ricerca dell'infinito tra matematica e misticismo, in cui Amir D.Aczel racconta la vita di Cantor e i suoi “incubi”: i numeri transfiniti, l’ipotesi del continuo, Shakespeare e la malattia mentale.

A pag. 121 si legge: «Anche se non esiste un numero più grande di tutti […] è tuttavia possibile che esista un numero più grande di tutti i numeri finiti. Cantor chiamò il suo primo numero transfinito w, utilizzando l’ultima lettera dell’alfabeto greco. Se il numero 1 era l’“alfa”, il primo numero, allora il più piccolo numero infinito più grande di tutti i numeri finiti era l’“omega”. A questo punto assunse che il principio di generazione dei numeri si potesse estendere in modo naturale ai numeri transfiniti, riuscendo così a definire i numeri transfiniti w + 1, w + 2, …, 2w, …, w2, …, ww, … e così via. In questo modo aveva ottenuto un numero infinito di numeri infiniti […] Ma qual è il numero cardinale dell’insieme di tutti gli interi? E dell’insieme dei numeri razionali? Qual è il numero cardinale di un insieme infinito? In un primo momento, Cantor utilizzò il suo w per denotare il numero cardinale di un insieme contabile quale l’insieme di tutti gli interi. Usò anche il simbolo […] per denotare l’infinito: µ. Ma in seguito decise che per i numeri cardinali erano necessari simboli nuovi. Decise quindi di fare riferimento ai suoi infiniti (i suoi numeri cardinali transfiniti) usando la lettera alef, À, dell’alfabeto ebraico[…] Perché scelse l’alef?», si chiede Aczel.

Nel capitolo 14 (pag. 135) intitolato Shakespeare e la malattia mentale, Aczel scrive che Cantor «iniziò a studiare la letteratura inglese, animato dall’intento di dimostrare che Francesco Bacone era il vero autore delle opere teatrali di Shakespeare (corsivo mio)». Il capitolo 14 inizia con queste parole: «È stato suggerito che la malattia di Cantor fosse uno scompenso bipolare: depressione maniacale».

E così sia. Aleph!

«L’onnipresenza dell’infinito in matematica è sorprendente, poiché l’uomo è un essere finito, limitato, collocato su un pianeta limitato e finito. Eppure, questo essere finito esamina l’infinito e se ne serve, al punto che l’infinito gli risulta indispensabile per comprendere il finito stesso». Qesta  citazione è parte del prologo di Finito o infinito? Limiti ed enigmi dell'Universo di Jean-Pierre Luminet e Marc Lachièze-Rey.

E concludo con una celebre metafora sull’infinito:

«Le grandi pulci hanno sulle loro spalle delle piccole pulci che mordono, le piccole pulci hanno sulle loro spalle pulci ancora più piccole, e così all’infinito. Le grandi pulci hanno, a loro volta, pulci più grandi su cui salire, mentre queste ne hanno di ancora più grandi, e più grandi e più grandi, e così via».

Edmax

 
 
 
 
 

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