C'est la Vie

* acchiappali tutti!*


 Era il 1996  quando un tale Satoshi Tajiri  ideava i Pokémon. Fu un  enorme successo televisivo e di vendite: Pikachu lo trovavi in statuetta,  stampato sullo zainetto, sulla tazza, nella maglietta. Il 6 luglio scorso Pokémon GO diventa il primo videogioco per smartphone. In pochi giorni si moltiplica come un virus cruento e da noi approda qualche giorno fa. Facilissimo da usare: basta scaricare gratuitamente l’app e grazie al Gps sullo schermo dello smartphone  la posizione degli animaletti virtuali è presto indicata. Al grido di Pikachu dove sei? sale la febbre da gioco e la ricerca diventa spasmodica e contagiosa.
Unica controindicazione, dicono: la batteria del cellulare si esaurisce prima. Negli Usa l'applicazione ha scalzato Whatsapp e  Instagram. Si appresterebbe a superare anche Twitter. I più disciplinati ci passano in media 43 minuti al giorno ma c’è chi ha lasciato il proprio di lavoro per giocarci, come per esempio un 24enne neozelandese che ha deciso che le ore libere non gli bastavano più e si è licenziato. O quel tipo che dagli States chiama la polizia per denunciare il "furto" dei Pokémon. O quei tanti cittadini americani che cercano a Central Park il Pokemon raro. Il titolo del colosso giapponese Nintendo, in una manciata di giorni , cresce del 120% Oggi è cresciuto ancora del 14%. L'app è disponibile sia su Android che su Ios, ma Apple attraverso lo store incassa ogni giorno circa 1,6 milioni per la vendita di articoli correlati. Un gioco da ragazzi? Tutt’altro! Da adulti ma solo anagraficamente perché Pokemon Go  fa uscire, conduce in strada, nei parchi, all'interno di edifici sconosciuti. Da soli. Fuori sì , ma scollegati. Connessi solo al proprio smartphone.
Preoccupante stile di vita? Una semplice moda estiva? O un segnale che il mondo è il posto peggiore da cui evadere svagandosi anche con un insulso giochino.