C'erano donne che invasavano gerani e dalie e si raccontavano di ricette e di fertilizzanti; c'erano uomini che battevano il fante e sorseggiavano qualcosa di alcolico. Qualche bambino tirava il pallone in una porta che era una rete dell’orto non ancora arato. Si respirava un'aria fresca, ieri, attraversando le contrade con i fiori che abbellivano i davanzali e percependo quel ritmo lento che poco aveva a che fare con la frenesia della città. *Che meraviglia - diceva lei - Momenti di condivisione, altro che l’incomunicabilità del mio condominio in cui non sai nulla del tuo dirimpettaio e che dal sì al no sull'androne ci si dica "buongiorno!"...come vorrei vivere così: sentirei meno la solitudine. Quella brutta bestia che ti attanaglia dentro.* Gli replicava lui: *Un esempio bucolico di cohousing.* Era il 1964, quando un architetto danese, Jan Gødmand Høyer, creò in città la prima comunità di cohousing. L' idea piacque e prese piede nei paesi dell'Europa del nord, poi negli Stati Uniti e in Australia. Passarono anni e anche Inghilterra e Germania ne furono affascinate. Da qualche tempo il cohousing sta facendo capolino da noi: anche le istituzioni pubbliche cominciano a interessarsene. Si dice che il cohousing comporti degli indubbi vantaggi sia in termini sociali che collettivi, sia in termini personali per i singoli individui o le singole famiglie.
Ma che cos'è concretamente il cohousing?E' una coabitazione solidale con tante abitazioni private complete di tutti i servizi a cui però si affiancano spazi come palestra, piscina, asili, cucina, lavatrici, asciugatrici, orti, auto comuni. In poche parole è un modo di abitare e vivere che unisce l' indipendenza e la privacy della propria abitazione con la possibilità di condividere spazi e servizi di e per tutti. Lo scopo è di recuperare la socialità coniugandola con il risparmio. Parrebbe che buona parte degli interessati abbiano un'età compresa fra i 40 e i 50 anni e siano famiglie con tanta voglia di ritrovare relazioni personali che i tempi moderni rischiano o stanno rischiando di soffocare. Una piccola comunità autogestita in cui ogni abitante partecipa direttamente e personalmente alla costruzione del 'villaggio'. Non esistono geriarchie, né lungaggini burocratiche ma solo spirito di gruppo. Detta così è un' isola felice il cui motto suonerebbe : la felicità è data soprattutto dal senso di comunità e appartenenza. Verità o utopia, che ne pensate?Voi ci vivreste in un cohousing?