Gli brillavano gli occhi ieri mentre "pociava" nel pinzimonio ovi e sparasi, una delle tradizioni venete da rispettare a Pasquetta. Già s'era gustato due porzioni di lasagnette con punte d’asparago di campo, ancor prima un antipasto di quinoa, funghi, zafferano e verdurine. Non sazio, masticava con lussurioso piacere quel che era rimasto delle colombe, del cioccolato e delle portate esibite a Pasqua. Piluccava lei: qualche boccone di colomba da confrontare con la fuassa, una focaccia tipica veneta e morbida, alcuni involtini salati, delle costine di carne, due forchettate di lasagne. Il tutto intervallato da bocconi di uova e asparagi. Quell’altra non sapeva rinunciare ai tortini di quinoa a cui aveva sciolto sopra una quantità lodevole di formaggi fusi da farci la scarpetta con polenta e sugo d’arrosto. *Mai sia gettare il cibo!* Dicevano tra un deglutire e l’altro. Nessun problema alimentare, il loro, ma solo la ferma convinzione che il cibo – e il buon vino- facciano buon sangue perciò non si curavano dello stomaco che reclamava spazio e neppure della cinta dei pantaloni che stringeva quasi volesse scoppiare. Abbuffarsi, come non ci fosse domani, vuol dire fare festa, sentenziavano.
Come non ci fosse domani
Gli brillavano gli occhi ieri mentre "pociava" nel pinzimonio ovi e sparasi, una delle tradizioni venete da rispettare a Pasquetta. Già s'era gustato due porzioni di lasagnette con punte d’asparago di campo, ancor prima un antipasto di quinoa, funghi, zafferano e verdurine. Non sazio, masticava con lussurioso piacere quel che era rimasto delle colombe, del cioccolato e delle portate esibite a Pasqua. Piluccava lei: qualche boccone di colomba da confrontare con la fuassa, una focaccia tipica veneta e morbida, alcuni involtini salati, delle costine di carne, due forchettate di lasagne. Il tutto intervallato da bocconi di uova e asparagi. Quell’altra non sapeva rinunciare ai tortini di quinoa a cui aveva sciolto sopra una quantità lodevole di formaggi fusi da farci la scarpetta con polenta e sugo d’arrosto. *Mai sia gettare il cibo!* Dicevano tra un deglutire e l’altro. Nessun problema alimentare, il loro, ma solo la ferma convinzione che il cibo – e il buon vino- facciano buon sangue perciò non si curavano dello stomaco che reclamava spazio e neppure della cinta dei pantaloni che stringeva quasi volesse scoppiare. Abbuffarsi, come non ci fosse domani, vuol dire fare festa, sentenziavano.