Eppure sono uomini, donne, giovani, sani, forti. Ognuno di loro ha una storia alle spalle e la voglia di vivere. Sono la forza che traina il Paese. Quotidianamente però c’è qualcuno di loro che muore svolgendo il proprio lavoro Il gravissimo incidente accaduto ieri alle Acciaierie Venete dove 4 operai sono stati investiti da una colata di acciaio incandescente a 1600° è l’ultimo di una drammatica serie che dall’inizio dell’anno ha colpito il Veneto, ponendolo al primo posto non solo per incidenti ma anche per morti sul lavoro: 29 incidenti mortali avvenuti dall’inizio di quest’anno. Di loro, due lavoratori versano in condizioni gravissime con ustioni tutto il corpo; il terzo è rimasto ustionato sul 70%. Non va tanto meglio in Emilia e neppure in Lombardia, mentre dal primo gennaio sono 255 i morti sui luoghi di lavoro in tutta l’Italia. Non è assolutamente accettabile che il lavoro da fonte di vita e – sarebbe auspicabile – anche di realizzazione della persona si trasformi in causa di morte e/o di invalidità. Sono tragedie che spesso vengono commentate come una tragica fatalità, relegando loro trafiletti o prime pagine ma nulla di concreto pur sapendo benissimo che sono il frutto di gravi lacune sul fronte della sicurezza aziendale, agricola, d’impresa perché loro, quelli che giacciono là sul campo di battaglia quotidiana si chiamano tutti Nessuno.
Loro si chiamano Nessuno
Eppure sono uomini, donne, giovani, sani, forti. Ognuno di loro ha una storia alle spalle e la voglia di vivere. Sono la forza che traina il Paese. Quotidianamente però c’è qualcuno di loro che muore svolgendo il proprio lavoro Il gravissimo incidente accaduto ieri alle Acciaierie Venete dove 4 operai sono stati investiti da una colata di acciaio incandescente a 1600° è l’ultimo di una drammatica serie che dall’inizio dell’anno ha colpito il Veneto, ponendolo al primo posto non solo per incidenti ma anche per morti sul lavoro: 29 incidenti mortali avvenuti dall’inizio di quest’anno. Di loro, due lavoratori versano in condizioni gravissime con ustioni tutto il corpo; il terzo è rimasto ustionato sul 70%. Non va tanto meglio in Emilia e neppure in Lombardia, mentre dal primo gennaio sono 255 i morti sui luoghi di lavoro in tutta l’Italia. Non è assolutamente accettabile che il lavoro da fonte di vita e – sarebbe auspicabile – anche di realizzazione della persona si trasformi in causa di morte e/o di invalidità. Sono tragedie che spesso vengono commentate come una tragica fatalità, relegando loro trafiletti o prime pagine ma nulla di concreto pur sapendo benissimo che sono il frutto di gravi lacune sul fronte della sicurezza aziendale, agricola, d’impresa perché loro, quelli che giacciono là sul campo di battaglia quotidiana si chiamano tutti Nessuno.