E di quelli che non ci stiamo dando? Se lo chiede una disegnatrice del
New Yorker. Li immagina così:
Fantasmini colorati che volteggiano nel cielo. Come nuvole che coprono il sole. Eppure di contatti fisici, di strette di mano, di pacche sulla schiena e di abbracci ne abbiamo chi più chi meno bisogno tutti. C'è chi per modo di essere lo fa *d'ufficio* con chiunque incontri, chi spontaneamente ne sente il bisogno fisico e chi, come me, abbraccia pochi. I soliti intimi, quelli che non ha mai smesso di abbracciare e con cui ha condiviso e condivide ogni spazio di vita. Pare strano ma, nonostante si sia tornati a una sorta di normalità e di apertura al mondo esterno, sembriamo rallentati e stringati nelle effusioni. Anche nei sorrisi. Qualcuno dice che sia il timore di contagio, qualcun altro colpevolizza le mascherine, i gel, i guanti che di loro allontanano, altri intravvedono una paura verso il futuro che stringe in una morsa i nostri pensieri e ostacola i nostri piccoli e affettuosi gesti.
E allora vi chiedo: oggi, uscendo come per magia dal distanziamento sociale, chi abbraccereste per primo o per prima? Io? Mamma che si sta assottigliando ogni giorno di più...