C'est la Vie

Gli italiani prima?


Era il 2005 quando, per via di una bomba, Munzir perdeva una gamba e sua moglie incinta, respirando gas nervino, dava alla luce Mustafa, sano ma senza gambe e braccia.  Arriviamo ad aprile dello scorso anno e il click scattato da un fotografo turco, tale Mehmet Aslan, fra decine di immagini vince il prestigioso Siena International Photo Awards. Hardship of Life (la difficoltà della vita), questo il nome attribuito all'immagine, non racconta di dolore o di disperazione, ma di  amore.
Gli occhi dell'uno dentro gli occhi dell'altro si sorridono e, nonostante la crudezza, trasmettono un senso di buono. Oggi si legge che Munzir e Mustafa, vittime senza colpa del conflitto in Siria , grazie a una raccolta fondi privati per oltre 100.000 euro  e a un lavoro della Farnesina, saranno accolti in Toscana, sottoposti a quarantena, e dopo indagini e operazioni, passeranno al Centro Protesi in provincia di Bologna. Per dare loro un futuro. E cancellare, per quanto resti indelebile nella memoria, quel passato che ha tolto loro braccia e gambe. Questo mi diceva la notifica nel cellulare e questo io raccontavo al termine dalla riunione a due miei colleghi. Lei: "Giusto. Aggiustiamo gli stranieri e lasciamo morire gli italiani. Hai sentito la storia del ragazzo malato di cuore che è morto a 25 anni perché  non potevano curarlo visto che gli ospedali sono in affanno? E che dire della mia mammografia prorogata già due volte?"  L'altra: "Ottimo. intanto il mio vicino non può fare controlli oncologici e mio zio aspetta da anni  un intervento all'anca e ormai non cammina più.  Ma noi facciamoci vedere belli dal mondo!" Ma davvero siamo diventati così duri dentro e sprezzanti al punto da indignarci anziché provare un filo di gioia per quel papà e quel bimbo …  anche se non sono italiani?