Il discorso va impastandosi assieme alle parole sputtanate, sguaiate, pallide, trasformate piene di nostalgia e sentimento: da romanzo in tre volumi, teatro francese. Ciò che è sì è fatto, si maledice sempre dopo. S’aspetta cambi qualcosa e ci ripenso mentre il discorso s’accavalla. Ridere e aspettare di ricordare qualcosa da raccontare. E s’apostrofa qualsiasi parola, come un insulto, come una bestemmia. “ e quest’è l’ultimo, ora c’ho il sapore in bocca e non vorrei rimanesse in gola e quest’è quanto. Finiamola qui.” E quasi ti senti leggera a parlare di allegria a regalare scherzi con la solita euforia. Gente che prende e che va via, senza lasciare l’ombra. Ho paura dell’ombra, è amara: sa tutto ciò che fai.- mi vengono in mente tutte le sere passate a infilarsi dentro ai vicoli, dentro ai pensieri degli altri, inconsapevolmente, senza conoscerne l’esistenza. Il silenzio c’ha il vapore del rumore della pioggia e sa di vento freddo. Il silenzio sa di tutto quello che non hai. Accende la pioggia, la luce arancione dei lampioni. Due sorrisi veri nascosti in gola assieme alle emozioni forti e ai brividi che si fa presto a non dire. Sola, a guardarmi nello specchio della sera mentre il tempo scorre e sa d’occasione. Il solito motivetto pronto a disturbare un pensiero già disperatamente appeso a un filo. Trema la mano. Trema di Scozia, limone e zucchero sul fondo. La luce infastidisce quanto il buio spaventa. Nella penombra barcollo ascoltando il sussurrare di qualche strano pensiero che mangia veloce e ripetitivo il mio spazio dedicato al non vivere, solito delle sere festive. Cullata e protetta dalle mie stesse difese, negli errori che non t’accorgi e ti prendon la quiete fa paura mentre disgraziatamente mi dimentico di me: persa tra le virgole e le congiunzioni che non han potere di far luce. Quant’è lunga un’ora non l’ho mai saputo. consacrata alla stanchezza d’andar via, il cane abbaia ricordandomi la mia allegria.
...c'ho il saporein bocca e non vorrei rimanesse in gola.
Il discorso va impastandosi assieme alle parole sputtanate, sguaiate, pallide, trasformate piene di nostalgia e sentimento: da romanzo in tre volumi, teatro francese. Ciò che è sì è fatto, si maledice sempre dopo. S’aspetta cambi qualcosa e ci ripenso mentre il discorso s’accavalla. Ridere e aspettare di ricordare qualcosa da raccontare. E s’apostrofa qualsiasi parola, come un insulto, come una bestemmia. “ e quest’è l’ultimo, ora c’ho il sapore in bocca e non vorrei rimanesse in gola e quest’è quanto. Finiamola qui.” E quasi ti senti leggera a parlare di allegria a regalare scherzi con la solita euforia. Gente che prende e che va via, senza lasciare l’ombra. Ho paura dell’ombra, è amara: sa tutto ciò che fai.- mi vengono in mente tutte le sere passate a infilarsi dentro ai vicoli, dentro ai pensieri degli altri, inconsapevolmente, senza conoscerne l’esistenza. Il silenzio c’ha il vapore del rumore della pioggia e sa di vento freddo. Il silenzio sa di tutto quello che non hai. Accende la pioggia, la luce arancione dei lampioni. Due sorrisi veri nascosti in gola assieme alle emozioni forti e ai brividi che si fa presto a non dire. Sola, a guardarmi nello specchio della sera mentre il tempo scorre e sa d’occasione. Il solito motivetto pronto a disturbare un pensiero già disperatamente appeso a un filo. Trema la mano. Trema di Scozia, limone e zucchero sul fondo. La luce infastidisce quanto il buio spaventa. Nella penombra barcollo ascoltando il sussurrare di qualche strano pensiero che mangia veloce e ripetitivo il mio spazio dedicato al non vivere, solito delle sere festive. Cullata e protetta dalle mie stesse difese, negli errori che non t’accorgi e ti prendon la quiete fa paura mentre disgraziatamente mi dimentico di me: persa tra le virgole e le congiunzioni che non han potere di far luce. Quant’è lunga un’ora non l’ho mai saputo. consacrata alla stanchezza d’andar via, il cane abbaia ricordandomi la mia allegria.