E il cane decise...

Cani e modifiche sociali umane


di Giovanni Padrone - Il passaggio, dopo la seconda guerra mondiale, da una società prettamente agricola ad una industriale, ha portato l’Italia a profonde modifiche culturali e di vita. Soprattutto negli anni sessanta del secolo scorso, col rilancio economico e col conseguente svuotamento della campagna i rapporti umani si sono deteriorati. Praticamente si è passati, nel corso di un paio di decenni, da una società dove nei paesi tutti si conoscevano e socializzavano tra loro ad un altro genere di società dove ognuno in città pensava a se stesso, chiuso in un appartamento di condominio senza neanche preoccuparsi di conoscere il proprio dirimpettaio. Questa situazione si è protratta negli anni successivi e, con l’emancipazione femminile, ci si è trovati in una condizione dove molte famiglie avevano entrambi i genitori che lavoravano e, conseguentemente, i rapporti umani all’interno dei nuclei familiari (fra genitori e figli) sono peggiorati. Col benessere economico, sono aumentati i desideri degli italiani e, contemporaneamente a questo, è nato il prestito dilazionato studiato ad hoc per coloro i quali volevano soddisfare qualsiasi desiderio che si presentava all’orizzonte. Con l’innalzamento della ricchezza la gente ha desiderato possedere cose che evidenziassero la condizione sociale in cui si trovava. Il tutto ha influito anche sulla scelta del cane di famiglia: non più il bastardino, il così detto “cane da pagliaio”, ma cani di razze altisonanti, come i levrieri afgani, i collie o gli alani, senza che nessuno comprendesse che l’acquisto di un cane di razza comportava anche una maggiore responsabilizzazione del proprietario. Cambiando le abitudini di vita è mutato anche il modo di alimentarsi, ancor più per i cani con l’avvento dei cibi in scatola e dei mangimi. Nella cultura rurale era il cane a mangiare per ultimo, nutrendosi degli avanzi e subendo, perciò, una involontaria ritualizzazione dei pasti da parte del contadino. Ora, invece, il proprietario che non disponeva di tempo per seguire il proprio cane lasciava il cibo a disposizione in una ciotola, perdendo così uno dei fattori fondamentali per insegnare al proprio amico a quattro zampe il giusto rispetto dei ruoli. Un altro modo di vivere della civiltà rurale, i rapporti umani, coinvolgeva anche quei cani che vi facevano parte. Tutti nei paesi conoscevano tutti e di questo beneficiavano anche gli amici a quattro zampe che vivevano nelle fattorie, abituati ai contatti col genere umano e con gli altri animali che popolavano l’aia. Con l’allontanamento dalla campagna e con i proprietari chiusi in propri box (appartamenti) senza il minimo contatto umano, i cani hanno subito negativamente questo isolamento e, dopo qualche generazione, sono aumentati in modo esponenziale i casi in cui troviamo soggetti con forti problemi di disadattamento e con comportamenti anomali. Perdendosi le abitudini dettate da una condizione economica più umile, si sono persi quei paletti che permettevano al cane di gestire in maniera corretta le condizioni di stress in cui egli poteva trovarsi e si è persa quella minima gestione delle relazioni sociali che ne poteva permettere un minimo controllo al proprietario. Ora sovente si compra un cane senza sapere il motivo per cui lo si acquista. Per questo l’uomo si è dovuto inventare, attraverso vari successivi stadi, una nuova professione: dapprima l’addestratore cinofilo, un uomo che utilizzava metodi coercitivi e che poi passò a metodi più “umani” (parola assai difficile da classificare, visto quello che comporta essere umani: ricordiamo tutte le guerre che si sono fatte per futili motivi o chi uccide i propri simili solo per il gusto di farlo), o per meglio dire gentili. Successivamente si arrivò ai comportamentisti ed agli psicologi canini; infine l’educatore cinofilo, cioè colui che deve riportare proprietario e cane nella giusta condizione di rapporti sociali fra se stessi e nei confronti degli altri elementi che convivono nel loro ambiente, compresi animali domestici di specie differenti. In questo caso, come molto spesso si è verificato nel corso della storia, l’evoluzione ha portato da un lato benefici nei confronti dei singoli membri della società umana, ma ha tolto molto della relazione che un tempo vi era nei confronti dei cani, aumentando i casi di aggressività e di soggetti psicotici. Come il progresso ha eliminato foreste, ha estinto specie animali e vegetali, così si rischiava di chiudere definitivamente quei pochi spiragli che qualcuno aveva individuato essere la chiave di volta per capire i cani. Il caso ha voluto che gli esseri umani ascoltarono questi pochi luminari, spinti forse da un grande rimorso di coscienza e consci che avrebbero perso definitivamente il rapporto con la natura ed il mondo animale. Fu, probabilmente, per queste ragioni che verso la metà degli anni settanta del secolo scorso, si incominciarono ad applicare i primi metodi di addestramento gentile e si sviluppò quasi contemporaneamente quella branca della psicologia canina che ora viene chiamata comportamentismo. In questo modo l’uomo ha iniziato a riavvicinarsi alla natura del cane e sta cercando di recuperare il rapporto che migliaia di anni fa iniziò quando alcuni canidi selvatici si avvicinarono per la prima volta ai suoi villaggi in cerca di qualcosa da mangiare; quei primi animali non sapevano che con quell’atto avrebbero iniziato una serie di eventi che li avrebbe legati per il resto della loro storia con il genere umano.