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La storia di Napoli


Sin dalla sua nascita, Napoli è stata una delle più importanti città della Campania. Per opinione concorde di tutti gli storici dell'età classica veniva considerata greca, la fondazione dovuta a coloni venuti dalla vicina Cuma. Numerose sono le testimonianze della fondazione: Scimno di Chio, vissuto nel II secolo d.c., la dice fondata in ossequio ad un oracolo; Strabone, a lui anteriore di circa un secolo, la chiama esplicitamente colonia dei Cumani, a cui si aggiunsero successivamente Calcidesi ed Ateniesi, nonchè elementi della vicina isola di Pithecusae (oggi Ischia) tanto che da quel momento viene chiamata città nuova (Neapolis), in antitesi alla vecchia (Palaepolis).Alla origine calcidese o euboica della città fa riferimento anche il poeta napoletano Stazio, anche se non pone riferimenti all'origine calcidese di Cuma stessa. Inoltre assai oscure permangono le relazioni fra le due città, visto che gli storici greci non ricordano mai Palepoli, oggetto di citazione soltanto dallo storico romano Tito Livio. Volendo accordare maggiore autorevolezza a Strabone, Palepoli sarebbe stata la colonia più antica dei Cumani, Neapoli quella più recente dei Calcidesi, assai vicine l'una all'altra. Peraltro, altri scrittori secondari riferiscono di come Neapolis fosse stata fondata dai Cumani stessi costretti ad abbandonare Palepoli.Il nome originario di Palepoli pare fosse Parthenope, che divenne poi tradizionale nella poesia romana. Stefano di Bisanzio (VII sec. d.c.) dichiara Parthenope città dell'Opicia (nome più antico della Campania), che Strabone sostiene fondata dai Rodii i quali, nella costituzione di Palepoli dovrebbero quindi giocare un ruolo anteriore a quello cumano stesso. Inoltre il poeta Lycophrone (IV sec. a.c.) chiama Falero (termine di incerto significato) la tomba della sirena Parthenope, che da Stefano Bizantino sappiamo essere stata in Napoli. Il dato sicuro è che il legame leggendario fra la sirena Parthenope e Neapoli si creò ben presto e con una straordinaria e velocissima fortuna.Dionisio di Alicarnasso (I sec. d.c.) definisce la città sepolcro di Parthenope e Strabone riferisce che anche al tempo suo ne era onorata la tomba e si celebravano feste annuali in suo onore. Collocata fra l'odierna via Foria ed il mare, la nuova città crebbe ben presto raggiungendo rapidamente una grande prosperità e mettendo fatalmente in ombra Palepoli, le cui tracce sono state trovate sulla collina di Pizzofalcone.Il carattere delle due cittadine era comunque intimamente greco quando esse vennero in contatto con Roma, circa un secolo dopo la conquista sannitica. Quando, intorno al 340 a.c., i Romani iniziarono a penetrare in Campania, la posizione di Napoli si fece sempre più difficile fino a quando i Napoletani non dichiararono guerra nel 328 a.c. a quelli che ormai erano i loro vicini più immediati. In soccorso della città giunsero uomini dai Sanniti e da Nola, e quindi il console romano Publilio Filone pose il campo fra le due città in modo da tagliare le comunicazioni, stringendo d'assedio la parte vecchia della città. Questa situazione durò fino a quando i due magistrati supremi della città, Charilaus e Nymphius, non consegnarono la città in mano al nemico a causa di discordie sorte fra i cittadini ed i loro alleati: i napoletani non opposero resistenza, e da ciò deriva di come il Senato Romano decretasse a Publilio il trionfo sui Sanniti.Da questa resa incondizionata i Napoletani ebbero una pace favorevole, in cui le loro libertà furono garantite da un trattato, il foedus neapolitanum: la città venne messa alle dipendenze di Roma, pur mantenendo il titolo onorifico di città alleata di Roma: la sua prosperità e la sua crescita ne beneficiarono nei secoli a venire.Nel 280 a.c. Pirro, re dell'Epiro, che guidava una importante spedizione contro Roma, si avvicinò alle mura della città, senza riuscire ad impadronirsene; durante la seconda guerra punica Annibale ne devastò i dintorni, pur senza tentare di attaccarla a causa delle sue fortificazioni.Napoli fornì abbondantemente navi e marinai a Roma durante tutte le guerre della Repubblica, cosa che ne accrebbe la competenza in materia di guerra navale da un lato, mentre ne ostacolava parzialmente dall'altro la costante crescita economica basata sul traffico marittimo. La città continuò a fiorire anche quando venne degradata a semplice municipio per effetto della Lex Julia, mantenendo tenacemente le sue caratteristiche greche più di ogni altra città italica della Magna Grecia: la cultura era essenzialmente greca, mentre greca ne rimaneva la popolazione, greci i giochi quinquennali che si celebravano, e che si alternavano a gare di musica e ginnastica, greca la struttura amministrativa della città, ripartita in phratrie, come provano le iscrizioni, greca la lingua parlata in città, mai veramente abbandonata.A ciò si aggiunge la fascinazione che provarono i Romani per la cultura greca, e che li indusse a scegliere Napoli come luogo di educazione e di perfezionamento negli studi, attratti anche dal clima temperato e dalla natura lussureggiante: Napoli divenne così la meta preferita della nobiltà.La crescita economica della città subì un forte rovescio durante la guerra civile fra Mario e Silla (82 a.c.). Dilaniata dalle discordie, Napoli fu occupata nottetempo a tradimento dalle truppe di Silla che trucidarono quasi tutti i cittadini, portando via dal porto le triremi; ma già nel periodo di Cicerone la città si era ripresa, seguitando a fiorire anche durante l'Impero, quando fu nominata colonia probabilmente da Claudio, con riconferma del titolo da parte di Tito e degli Antonini. L'influenza greca rimase perdominante, e fu proprio il persistente carattere ellenico della città che attrasse anche durante l'Impero uomini di lettere romani, al punto che Marziale la chiamò la "docta Parthenope". Nerone "Neapolim quasi graecam urbem delegit", scrive Tacito e, seguendo le orme di Claudio che nel teatro di Napoli aveva fatto rappresentare una sua commedia greca, vi cantò varie volte prima di recarsi in Grecia, reputando Napoli la più greca delle città sottomesse al suo dominio. La predilezione degli imperatori verso la città fece sì che molti Romani prendessero l'abitudine di soggiornarvi per lunghi periodi.In questo periodo la costa era piena di ville, di cui le più celebri furono quella di Vedio Pollione a Posillipo, e quella di Lucullo, ora Castel dell'Ovo. Vi abitò per un lungo periodo Virgilio, il quale ivi compose le Georgiche e vi fu sepolto. Questo fu dunque un periodo di grande fama della città, che raggiunse una grande prosperità anche grazie alla fama dei suoi saponarii ed ungentari tanto che in tutto l'Impero ebbero grande fama l'essenza di rose distillata in città ed un profumo chiamato hédricum.Napoli vide anche la fine materiale dell'Impero, perchè nella splendida villa che era stata di Lucullo trovò la morte nel 476 l'ultimo imperatore, Romolo Augustolo, relegato da Odoacre in esilio.