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La scatola delle lettere Capitolo 3

Post n°5 pubblicato il 05 Aprile 2014 da elio_cicca

DI NASCOSTO

 

Porco mondo! Finirà che dovrò spiegare pure le parolacce! Mannaggia a me! Ma come ho fatto a dimenticarmi di quella scatola? Pensavo di averla nascosta proprio bene e invece…. Prima di fare altri danni, vediamo che altro c’è….

Caro lofio,

confessa: da quanto tempo non mangi gelsi, bianchi o neri che siano? E panelle, rascature, cazzilli, crocchè...... Mi pare di sentirti, mentre, al colmo di una crisi di pititto, reciti:”Tu vuoi ch’io rinovelli disperato dolor che ‘l cor mi preme......”!

Eccolo! Proprio non riesce ad evitare di fare il professore…

A proposito di poeti te ne devo raccontare una che quasi rischiava di farmi fare la fine di Margutte, cioè di morire dalle risate.

Stavo interrogando un paio di alunni sul “X Agosto” pascoliano. Inevitabile il riferimento all’omicidio paterno. I due non ne sapevano nulla. Ad un certo punto, ecco che da un banco si alza una mano per intervenire e una fanciulla urla con convinzione: “ Io lo so. Il padre di Pascoli fu ammazzato mentre veniva con la cavalla!”. Apriti cielo! Le risate e gli schiamazzi saranno certamente arrivati in Presidenza! Io, sulle prime, ho cercato di ristabilire l’ordine ma poi…non ce l’ho fatta proprio più e mi sono catapultato in corridoio con le lacrime agli occhi. Ma, dico: te l’immagini la “cavallina storna che portava a casa colui che non ritorna” diventata oggetto delle attenzioni morbose di Ruggero Pascoli? Chissà quanto avrebbe nitrito!

Beata innocenza! Quanta involontaria comicità càpita di incontrare nell’arco di una giornata! Proprio come la settimana passata al Capo. Ci vado sempre a fare la spesa perché sono un abitudinario e, oltretutto, mi ci trovo bene. Entro da Porta Carini e passo tra la folla. Ad un certo punto un cartellino attira la mia attenzione e mi lascia di stucco: un pescivendolo ci aveva scritto sopra: “ MANGIAUVA € 5”. Sì, hai capito bene: mangiauva, proprio mangiauva invece di mangiaracina! Ti confesso che ci ho ripensato a lungo dopo le prime, inevitabili risate. Mi sono chiesto: è stata una spiritosaggine o piuttosto un espediente per evitare di rispondere alle solite domande dei tanti turisti che girano per i mercati popolari di Palermo? Oppure, più banalmente, un maldestro tentativo di traduzione? E se, invece, anche questo episodio fosse da ascrivere al progressivo ed inarrestabile appiattimento della nostra lingua nazionale, dialetti compresi? Mangiauva, caro Pappo! A proposito: da quanto non mangi cozze? E pasta coi ricci? E polpette di neonata? Ti sarà certamente venuta fame! Buon appetito, dunque!

A presto. E.C.

Già, chissà! Certo che il Capo… che mercato che era! Meglio della Vuccirìa sicuramente. Almeno secondo me. Soltanto Ballarò poteva competere. Ma Ballarò…

“Toti ! A che punto sei? È pronto in tavola. Vieni a mangiare e poi riprenderai”.

“Sì, eccomi, arrivo. Che si mangia di buono?”.

“Come primo c’è la ribollita e poi insalata di radicchio con noci e parmigiano ”.

“ Non si potrebbero avere le sarde a beccafico ?”.

“Cosa?”.

“Niente. Scherzavo. Arrivo”.

 

A TAVOLA

“ Mmmm! Ottimo davvero! Certo, se ci fossero state anche le polpette di pesce spada oppure un bel sughetto di scampi e gamberetti….” “ Ma che dici ? Dove li trovo qui gli scampi?” “ Lo so. Hai ragione. Scusami ma non voleva essere un appunto al tuo pranzetto. Delizioso, ripeto”.

“Sì, sì….la verità è che sei rimasto in Sicilia, se non col cuore certamente con la pancia…”

“ Beh, non esageriamo! Dopo tanti anni….mi sono abituato. Certo, non mi dispiacerebbe una bella mangiata alla siciliana, anzi alla palermitana. Ma il cuore no. Ti assicuro che quello è qui con te”.

“ Sì, sì. Oggi ti va bene perché voglio crederti”.

“Sai che Emanuele ha trovato nella sua stanza una scatola con le lettere che mi spediva quel mio amico…quel mio vecchio compagno di scuola…ti ricordi?”.

“ Oh! Quel tipo! E come potrei dimenticarmelo! Simpatico, però. Era proprio una miniera di barzellette!”.

“ E non  solo. Ti ricordi quella storiella di quel tale….”

“ Fermo lì! Non cominciare neppure. Ascolta, Toti: io ricordo tutto quello che vuoi ma non mi pare il momento di star qui a rinverdire racconti con tutto quello che c’è da fare…piuttosto, mettiamoci di nuovo al lavoro tutti quanti perché rischiamo di non finire per tempo”.

“ E’ vero. Allora, ragazzi, tutti ai posti di combattimento! Si ricomincia!”.

 

 DOPO PRANZO

 

Ma di questa scatola che devo farne? Buttarla non mi pare il caso….conservarla e portarmela appresso….si potrebbe… ma dove la metto? E poi, chissà che altro c’è! Vediamo…

Questa qui mi sembra la continuazione della precedente. È datata 28 ottobre…

Come sarebbe a dire che non ricordi più cosa significa lofio? Accidenti a te! Ti ci metti anche tu a far affogare nell’oblìo il nostro dialetto? Beh, diciamo pure che è un sinonimo di “scemo”, di “sciocco”, ma non chiedermi l’etimologia perché non saprei proprio risponderti. Certo mi stupisco della tua scarsa memoria ma in fondo ti capisco. Da tempo tu non sei più dei nostri e dunque sei quasi scusato. Ma che dire di tutti quelli che sono rimasti, anzi non si sono mai mossi da qui? Ci sono termini che si direbbero desueti, “passati di moda”, che nessuno ha mai sentito pronunciare ( i giovani soprattutto) o di cui si è perduta l’accezione originaria, il senso più autentico. Lo stesso aggettivo lofio , di cui si diceva prima, sui dizionari di siciliano viene tradotto con “ inetto, insulso, balordo” che non è esattamente la stessa cosa per quanto, estensivamente, ci somigli non poco. Ma di certe altre parole si è proprio perduta ogni traccia. È il caso, per esempio, di piunco di cui solo pochi ormai (e per di più abbastanza avanti negli anni) ricordano il significato originario di paralitico, scambiandolo per sinonimo di scimunito mentre invece la traduzione moderna, più “alla moda”, forse dovrebbe essere quella di “ diversamente abile” o di “portatore di handicap”. E che dire poi di matello? Oggi come oggi, chi conosce, magari solo per sentito dire, il termine ritiene sia l’equivalente di “frocio”, “ finocchio” e similari mentre invece noi, che ricordiamo ancora certi personaggi degli anni ’60 , come il mitico Conte Cappello, sappiamo bene che non è esattamente così… Il matello, come tu dovresti ben sapere, non è l’omosessuale tout-court ma quel tipo, un po’ dandy, sofisticato, di tendenze alquanto “particolari”, al quale piace andare con i maschi, mantenendo comunque il suo ruolo, per così dire, attivo senza peraltro disdegnare, all’uopo, le compagnie femminili. Tutt’altra cosa, dunque, del matuscio: quello sì, gay a tutti gli effetti così come l’arruso, del quale solo recentemente ho appreso un’incredibile etimologia secondo la quale sarebbe un francesismo derivato dal verbo arroser, cioè annaffiare. Chissà poi perché! Insomma, non sentirti in colpa se certe espressioni non ti sovvengono più. Puoi consolarti ricordando che anche le parole, per dirla con Mallarmè, perdono la loro “verginità” nell’uso quotidiano che ne fa la tribù! A proposito di epiteti… Eri tu o piuttosto E. P. a vantarsi dell’appellativo di “falsomagro”affibbiato da una non meglio identificabile “signora” a conclusione di un infuocato incontro passionale? Accidenti a me! Questo proprio non lo ricordo!

Ciao. E.C.

Eh no! Non ero io il “falsomagro” ! Accidenti a lui! Ma come faceva a confondere? E poi, certe etimologie…Si era pure convinto di essere un filologo oltre che uno scrittore? Mah ! Andiamo avanti.…che altro c’è? 

Anche la “festa dei morti” è passata. Tra pasta reale, cassate e pup’i zuccaro ne abbiamo

approfittato ancora una volta per abbuffarci. Non diversamente che per Santa Lucia (quando esterniamo la nostra devozione a furia di panelle ed arancine), oppure per San Giuseppe  (ricorrenza notoriamente cosacrata alle sfince). Cambia l’occasione, cambia il menù ma per noi non cambia l’intenzione e, soprattutto, non viene mai meno il rispetto delle tradizioni! Proprio di commemorazione dei defunti si parlava stamattina con alcuni colleghi. Non so come, né perché, né a chi sia venuto in mente, ma qualcuno nel gruppo ha fatto una considerazione, a metà tra il serio ed il faceto, affermando che è un dato di fatto scientificamente provato che gli uomini muoiono d’infarto prima delle donne. Io non conosco le statistiche al riguardo ma chi lo ha detto ne sembrava proprio sicuro e, soprattutto, fermamente convinto. Io ci ho pensato un po’ e, ti dirò, quasi quasi…. Ho anche provato a trovare una spiegazione plausibile al fenomeno e l’ho individuata nel disordine, in quel “quid” altrimenti indefinibile, cui quasi nessuna donna sfugge. Mi sono tornati alla memoria gli “anni verdi”, quando m’incontravo con la mia ragazza dell’epoca, quando…

E chi se li scorda più quegli anni? Ah, Se ci penso! Che organizzazione ogni volta per incontrarci con la mia ragazza…..

 “Ci vediamo al solito posto alle cinque?”.

“ OK. Ma non ho ancora finito la versione di greco!”

“Non fa niente. La facciamo insieme.”

“ OK. Ma che scusa piglio con mia madre?”

“ Usa la solita: il parrucchiere sempre affollato va benissimo. OK?”

“ OK. Ciao.”

Alle cinque in punto eravamo a Villa Sperlinga, con i libri, i quaderni e l’immancabile Pechenino. Avevamo un tavolo al bar, al coperto, all’angolo della vetrata. Non che fosse prenotato ma il cameriere sapeva che prima o poi saremmo arrivati, sabato escluso. Già, perché il sabato era consacrato alle feste in comitiva, agli amici e, per così dire, alla “mondanità”. Solita ordinazione ( “ Due caffè con molto zucchero”) e poi, prima di tuffarci nell’odiata traduzione di greco, una buona sigaretta. Lei fumava “Muratti Ambassador” col doppio filtro, io le “Colombo”( se non ero riuscito a trovare quelle americane, naturalmente di contrabbando).

“ Hai l’accedino?”

“ Sì, ce l’ho in borsa”. E iniziava a cercare. La ricerca era sempre infruttuosa così che, dopo qualche minuto, svuotava tutto il contenuto della borsa sul tavolo. C’era di tutto: chiavi, rossetto, penne, matite, catenine, agende, monetine, pillole, che wing gum….un bazar intero. Ma non l’accendino. Inevitabile il ricorso al fidato cameriere: “ Scusi, ci fa accendere?”. Quello con gentilezza ci lasciava i fiammiferi e, nel vedere quel terremoto sparso sul tavolo, andandosene, ripeteva: “ Ah, sti fimmini!”.

A pensarci bene…vuoi vedere che quel mascalzone del Jolly aveva ragione.

Certo, allora avevamo sedici anni e, oltre ad essere compagni di classe, eravamo anche “ingrizzati”. Ma, effettivamente, com’era possibile che per trovare un oggetto in una borsa ci fosse puntualmente bisogno di sdivacare tutto il contenuto? Certo lei era proprio una tipa disordinata. Ma io allora pensavo che fosse una caratteristica familiare, ereditata magari da sua madre oppure una peculiarità del suo segno zodiacale…Porca miseria! Vuoi vedere che forse mi sbagliavo…. E, d’altra parte, già a quel tempo le parole del cameriere avrebbero dovuto mettermi sul “chi va là”. Mia suocera, per esempio! Quale migliore conferma alla teoria? Lei era il massimo: lei non trovava NIENTE. Mai. In compenso, da buona fiorentina purosangue, amava ripetere: “La ‘asa nasconde ma non ruba” e con ciò dava il benservito a chi si lamentava delle misteriose sparizioni e non si spiegava come fosse possibile. A sentir lei, quello che disperatamente si cercava senza riuscire a trovarlo, prima o poi sarebbe venuto fuori, in un modo o nell’altro, magari quando meno te l’aspetti. Certo, come no! Come quella volta quando tornò alla luce un cacciavite, finito, chissà quando e perché, dentro una lavatrice! Di tanto in tanto riaffioravano, come dopo il Diluvio Universale, pacchetti di caramelle dai cassetti della biancheria o cadaveri di libri dal congelatore…. Veramente roba da infarto. E che dire di orecchini, tessere bancomat, cravatte, calzini, camicie, scarpe, foulards, anelli, orologi…..e chi più ne perde più ne metta! Allora non c’è proprio da stupirsi se le statistiche arrivano alla conclusione che gli uomini muoiono d’infarto prima delle donne! E’ normale che dopo anni e anni di vuredda frarici insorgano problemi di natura cardiocircolatoria! Forse farei bene a misurare la pressione ogni tanto. Mah! Vediamo un po’… Questa che dice?

 Nelle mie intenzioni doveva essere una “botta di vita”, una di quelle serate, se non proprio indimenticabili, almeno carina e sicuramente diversa dal solito. L’occasione, anzi la scusa, me l’aveva fornito l’onomastico di mia moglie. Sai com’è in questi casi.....Ti viene voglia di diversificare, di non stare sempre davanti alla TV a seguire sempre gli stessi programmi idioti con i soliti mezzibusti che intervistano, riverenti e pudichi, sempre le stesse facce di bronzo oppure (se provi a cambiar canale) l’ennesimo,  fulgido esempio di trash, visceralmente vissuto ed interpretato da ex attori, ex cantanti, ex calciatori .... tutti comunque rigorosamente ectoplasmi ripescati chissà da dove e perché. Ad un certo momento dico: “ Basta! Usciamo. Andiamo a mangiare fuori stasera!”. La meta, a ben guardare, in questi casi è molto relativa perché quello che ti spinge è solo la voglia di cambiare, di uscire, di evadere, di espatriare, magari solo per prendere una pizza sotto casa. Ieri sera però la scusa me l’ero inventata davvero originale ed ero persino riuscito a fornirmi una finalità educativa nei confronti di mia figlia, oltre che, personalmente e nostalgicamente, godereccia. In macchina Chiara mi chiede: “ Dove andiamo a mangiare?” Io, scandendo bene, rispondo: 

“ N’a’ ‘ngrasciata”.

“ E’ un ristorante?”.

“ Certo! E si mangia benissimo, specialmente le fritture di pesce e le insalate”.

“ Papà, mi chiede, ma che significa ‘ngrasciata?”.

“ Significa sporca”.

Ma.... allora stiamo andando a mangiare in un ristorante sporco?”.

Ero ancora intento a rassicurarla e a narrarle la storia di quel nome e di quel ritrovo glorioso di tanti palermitani dove, quando la Targa Florio era ancora una corsa vera, il “Preside volante” era solito portare gli amici piloti, quando, superata Villa Giulia, finalmente sono arrivato nel luogo designato. Ma.... ecco la sorpresa, caro Pappo: “A’ ‘ngrasciata” non c’è più! Non esiste più. Come “ Renato”, come la Birreria “Trefpunkt”, come Dagnino, come Caflisch..... So di darti notizie ferali, caro mio, ma è proprio così. E io che non avevo neanche comprato le sigarette proprio per comprarle lì, rigorosamente di contrabbando, quelle americane, quelle r’a’ marina! Riesci a compenetrarti nel mio stato d’animo? Capisci la mia disperazione? “E se non piangi, di che pianger suoli?”.

Già mi ero visto seduto al solito posto, con quel tipo che girava tra i tavoli offrendo la sua merce: “ Marbòro, Visceroi, Pallemalle! Fuma!”. Già mi sentivo in bocca il gusto dei sirciteddi e dei calamaricchi ed ora davanti a me c’era soltanto una saracinesca abbassata!

Una coltellata, amico mio, una coltellata dritta al cuore. Che fare? “Non fa niente” dico mentendo spudoratamente.

“Andiamo da un’altra parte”. 

Da un’altra parte.... Sì, ma dove? Non avrei retto alla vista di un’altra inopinata chiusura, a

un’altra delusione. Insomma, a farla breve, sai dove siamo finiti? Mi vergogno un po’ a dirtelo. Magari penserai che mi sono rimbambito definitivamente... In poche parole, la serata si è conclusa da Mac Donald, a mangiare cheeseburger! Perdonami. So che non avrei dovuto ma…è stato un gesto disperato! In fondo sei padre anche tu e sai quanto piacciono ai bambini le patatine! Sono certo che capirai. Perdonami. “Altro dirti non vò”.

Ciao. E.C.

 

 

 

 
 
 
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