elio ciccarelli

La scatola delle lettere Capitolo 6


ALL’ALBA (o quasi) “Toti! Toti! Svegliati! Ma che fai lì sul divano con quella scatola in mano?”“Oh, ciao. Ahhhhaaa! Devo essermi assopito…”“Assopito? Hai dormito tutta la notte sul divano! Altro che! ”“Sì? Davvero? Dev’essere stata la stanchezza del trasloco o forse quella pizza….”“Vieni di là, ho preparato il caffè. Vieni.”“Sì. Un buon caffè è proprio quello che ci vuole. Ahi! Ahi! Le mie povere ossa!”“Ma come hai fatto ad addormentarti?”“Non lo so proprio. Certo, quelle lettere… mi hanno fatto fare un salto indietro di quarant’anni. Sai,ho perfino sognato..”“Che cosa?”“Oh! Se te lo dico…tu te la ricordi Villa d’Orleans?”“No. Dov’è?”“A Palermo. È un posto bellissimo! Ti ci porterò quando ci torneremo. Comunque, ascolta: ti ricordiquel mio amico…”“Sì. Me l’hai già detto. Quello delle lettere….il vecchio compagno di scuola…..Ma, dimmi un po’, toglimi una curiosità: perché ti chiamava Pappo? Che razza di soprannome è?”“Ah! Lunga storia! Devi sapere che lui dava i soprannomi a tutti….A spetta, ti leggo una delle lettere della scatola che spiega tutto… Ascolta…Carissimo,avevo appena preso la penna in mano per comunicarti la lieta novella, quando nel mio studio si affaccia mia moglie: “ A chi scrivi?”. “ A Pappo”, rispondo. “ A chi?”. “ A Pappo!”, ribadisco.“Pappo? E chi è Pappo?”. Già! Chi è Pappo? O meglio, da dove e quando e perché è nata questa ‘ngiuria? Sai che a furia di chiamarti così, quasi non ricordavo più l’occasione in cui ti ribattezzai con questo nomignolo destinato a restarti appiccicato addosso, anche nei ricordi dei vecchi amici! Ho dovuto fare un certo sforzo di memoria che, per fortuna, “ancor non m’abbandona”. Ho ricostruito sinteticamente ben cinque anni della nostra vita, dal quarto ginnasio alla maturità, rivedendo in rapida successione episodi, situazioni, persone e personaggi, gioie e dolori e, per dirla col Poeta, “ Ciò che per l’universo si squaderna”, tutto nel volgere di pochi istanti. Poi, ritrovato il bandolo della matassa: le ho parlato di quell’antica maschera dell’atellana, di quel personaggio sempre pieno di voglie insoddisfatte, vecchio, piccolo e calvo che finisce sempre con l’essere preso in giro per certe sue abitudini... in una parola PAPPUS. Proprio come, appunto, io avevo preso a chiamarti. Certo, allora, vecchio non eri né calvo ma di certo non eri un corazziere! Chissà poi perché ( mettendo da parte certe tue abitudini ) mi nacque quell’ispirazione ma certo mi piaceva proprio quel nome, sarà stato forse per il suo suono... Di certo la cosa piacque e fu così che per tutti diventasti “ Pappo per sempre”. Meno male che mia moglie è del mestiere, così che poche parole sono bastate a farle capire il contesto culturale ch’era sotteso a certe invenzioni e non c’è stato bisogno di spiegarle cos’è l’atellana. Ma tu, piuttosto, carissimo sbitalampe, te ne ricordi più? D’altra parte, dopo aver risposto “ a la question prima”, mi sono quasi sentito in dovere di “seguitare alcuna giunta”; il che, capirai bene, mi ha fatto rivedere volti e momenti, nomi e soprannomi, scherzacci di dozzina e trovate geniali come quella volta in cui attaccammo sulle spalle dell’ignaro E.P. il pizzino tutto oraziano con la scritta “ LONGE FUGE. HABET FAENUM IN CORNU”. Che spasso! Persino la nostra severissima Prof. ssa di Latino non riuscì a trattenersi dalle risate! Non vorrei apparirti presuntuoso ( sai che non lo sono mai stato) ma, dimmi: quanti studenti, oggi come oggi, saprebbero tradurre in gioco quanto vanno apprendendo a scuola? Noi ci riuscivamo e non eravamo certo secchioni! Ti dirò, l’abitudine di affibbiare soprannomi mi è rimasta anche da Prof. e non saprei più calcolare a quanti ho assegnato un nomignolo, magari in riferimento a certi modi di essere o di fare, come a quell’alunno che ribattezzai Nelson ( e sempre lo chiamavo “ Ammiraglio”) perché una volta lo beccai a giocare a battaglia navale. L’unico neo in questa prassi ormai consolidata è che, col passar del tempo, io finisco col ricordarmi solo le ‘ngiurie che ho assegnato e, se mi capita di imbattermi in qualche ex alunno, non so più come chiamarlo! Bene, bando alle ciance, veniamo al dunque. Ti parlavo all’inizio di lieta novella. Eccola: tra pochi giorni, a Pasqua, verrò a trovarti. Sarà la più classica delle rimpatriate. Prepara il racconto sintetico di quel che hai combinato nell’ultimo quarto di secolo, tira fuori le foto dell’epoca, scendi in cantina a selezionare i migliori vini della tua collezione, stendi il tappeto rosso e intona gli strumenti musicali. Sto arrivando e... non preoccuparti per la cassata. Quella te la porto io. A presto.“ Sì, mi ricordo! Fu quella volta che venne a Pasqua, quando eravamo a Bolzano…Quanti anni fa è successo?”.“E chi se lo ricorda più? Lui direbbe “circa venti milioni di capelli fa!”.“Beh, comunque adesso si è svelato l’arcano del nomignolo! Ma anche tu gliene avevi dato uno. Perché lo chiamavi “Jolly”?“No, non glielo avevo trovato io quel soprannome. Fu un altro vecchio amico, Pippo, che cominciò a chiamarlo così per scherzo, non so bene per quale motivo…forse perché si adattava a tutte le situazioni…come il Jolly nel mazzo di carte…”. “Comunque sia, mi pare di capire che a quella scatola ci tieni… Perché non te la porti sul treno e finisci la tua lettura durante il viaggio?”. “Oddio! Sapevo che mi leggi nei pensieri ma stavolta…. Ti sei superata! Quest’idea…è geniale e risolve un bel problema perché non sapevo proprio dove metterla! Sei straordinaria!”.“Ti conosco troppo bene! È questa la verità… Però adesso, fammi il favore: mettila da parte e cerchiamo di completare il lavoro. Si sono fatte le otto e tra un’ora dobbiamo partire”.“Giusto. Svegliamo i ragazzi, ci prepariamo e andiamo. Francesco ! Maria! Emanuele! Sveglia! Si parte! “.SUL TRENO “Eccolo qui il nostro scompartimento. È tutto per noi. Ragazzi sceglietevi i posti che volete, possibilmente senza litigare!”.“ Io mi metto accanto al finestrino”.“Io pure”“Uffa! Ogni volta la solita storia! Ma io quando mi potrò sedere dove voglio?”.“Ragazzi, per favore, non facciamo storie! Magari tra un paio di ore vi darete il cambio”.“Giusto. Ha ragione mamma. Un po’ per uno…. D’altra parte il viaggio è lungo e ci sarà spazio per tutti. Tu hai i tuoi fumetti, tu hai il tuo giochino spaziale…”“E tu hai la tua scatola…”“Embè? Che c’è di male? Sempre meglio del tuo quotidiano sportivo con gli scoop sugli acquisti “stellari” e le formazioni “ideali” di tutti i tempi!”.“Ecco che comincia a muoversi. Speriamo che arrivi puntuale così potremo aprire la casa ed accogliere senza problemi la ditta dei traslochi con le nostre cose. Allora, buon viaggio a tutti. Anzi, buon ennesimo viaggio!IN PARTENZASenti, mi fai dare un’occhiata al tuo giornale? Sono curioso di vedere la formazione dei rosanero. È una squadra incredibile: batte le grandi e poi, magari, le busca con le provinciali al punto che quella che un tempo era “l’inespugnabile Favorita” è diventata terra di conquista e per uno come me, che ha i globuli rosanero malgrado la distanza, è una sofferenza continua. Piuttosto, meno male che ormai tutte le partite vanno in diretta sul satellite e non bisogna per forza andare allo stadio o nelle vicinanze per sapere cosa è successo, anzi, come si diceva a Palermo, “cu signò?”, “comu finìu?”. Dovete sapere che un tempo…“Quanto tempo fa, papà?”All’incirca….45 anni fa, se non sbaglio.“Oh! Appena ieri! Allora, dicci, che succedeva a quei tempi?”Ecco, stavo proprio dicendo che un tempo per conoscere i risultati del Palermo, si doveva necessariamente “scendere” al Politeama e comprare il “ Lampo Sport” che era un giornale che andava in vendita appena mezz’ora dopo la conclusione degli incontri. Sapeste quante illusioni e quanti abbagli ho preso a causa di quello strillone che, per vendere qualche copia in più, puntualmente abbanniava: “ A’ grannissima vittoria r’u’ Palermo!”. Era proprio un gran lazzarone ma ci sapeva fare! Capite?Come si poteva rinunciare a sapere subito se aveva segnato Vernazza o Borjesson, Favalli o Tanino Troja?“Chi?”Erano i campioni di quei tempi. Dicevo che si comprava il giornale e, bene che andasse, si scopriva che era stato un pareggio se non addirittura una sconfitta, magari con l’onore delle armi, ma pur sempre una sconfitta. E ci cascavamo in tanti! Certe volte però quel fetente rinunciava all’inganno, si armava di una sorta di crudele spiritosaggine tutta sui generis e urlava: “ Come si fa battere bene u’ Palermo”. Se non era sadismo....... doveva certamente essere un parente stretto. Ah, lo stadio! Chissà com’è cambiato lo stadio! Mi risulta che hanno fatto lavori di rifacimento della facciata e lo hanno ampliato. Persino il nome è cambiato, hanno realizzato il cosiddetto ” settore ospiti”e tutti i posti ormai sono a sedere e numerati. A dire il vero lo erano anche prima ma nessuno rispettava la posizione avuta in sorte (o in omaggio) e c’erano sempre continue discussioni tra vecchi abbonati e new entry. Ora, invece, ho saputo che le cose vanno diversamente: i biglietti sono individuali e per acquistarli bisogna fornire le generalità; ci sono i tornelli e un po’ dovunque le telecamere spiano ogni mossa degli spettatori. Chissà se ci sono ancora i bagarini che, mescolati alla gente, ripetevano:” Gradinate! Popolari! Sanza fudda!” e ti evitavano, bontà loro, code estenuanti e ressa al botteghino. Oggi, probabilmente, non si potrebbe più verificare un episodio come quello che accadde in un Palermo- Juventus degli anni ’60….“Che accadde?”Dunque, dovete sapere che allora il centravanti rosa era un tal Fernando. Ebbene, costui, solo davanti la porta, con i Rosa in svantaggio per via di una precedente prodezza del grande Sivori, con Anzolin già fuori causa… riuscì a mangiarsi il gol! Roba da invasione di campo per fare giustizia sommaria di quel criminale! E proprio questo, in effetti, avrebbe voluto fare un tale che stava in piedi accanto a me. Questo tipo, che fino a quel momento era stato un distinto signore, non potendo scavalcare la recinzione, si tolse una scarpa e la tirò in campo urlando a squarciagola:” Fernandoooo! Curnutu tu e l’arance brasiliane!” con evidente riferimento alla provenienza di quel cosiddetto “oriundo”.“Toti! Pure le parolacce!”Scusate ma andò proprio così….“Accidenti, papà! Questo sì che è tifo!”Altri tempi, cari ragazzi, altri tempi! Sicuramente oggi non gira più in tribuna quel tale che con aria glaciale lanciava agli spettatori una sorta di ultimatum quando ripeteva: “Caffè Borghetti! Se passo non perdòno!” . Sembrava il Savonarola nell’atto di minacciare l’ormai prossima fine del mondo ai suoi piagnoni! Oggi, probabilmente, gli unici sopravvissuti a quel clima sono forse soltanto quei baldi giovani, dotati di una mira pressoché infallibile, che si aggiravano sugli spalti delle gradinate e dei popolari e in mezzo a selve di gambe abbanniavano: “ Ghiacciuoli! C’ u’ sapuri r’i gol”. Mah! Vediamo un po’ chi gioca oggi…IN VIAGGIO“Toti, scusa se ti distraggo….ma com’è finita l’altro giorno? Sei riuscito a rinnovare la carta d’identità?”Certo. È stata un’avventura ma ce l’ho fatta.“Perché? Che c’è di tanto complicato nel rinnovo di un documento?”Eh! Sembra facile! Come diceva l’omino coi baffi. Tu sai che non mi fido delle cabine istallate per strada e allora sono andato direttamente dal fotografo dove sono stato accolto come un Re.“Prego, s’accomodi! Là c’è il pettine, qui c’è la spazzola, lo specchio….”Mi sono proprio sentito a mio agio. Ho aggiustato il nodo della cravatta, ho dato un veloce colpo di spazzola ai capelli….“Capisco… D’altra parte, a cosa ti sarebbe servito infierire più a lungo sui poveri sopravvissuti?”Spiritosa! Dunque, mi sono sistemato sullo sgabello regolabile ed ho esclamato: “ Signorina, mi faccia venire meglio che può!”.“Ah! Ah! Ah! E la spiritosa sarei io?!”Aspetta e ascolta. Quella, inclina leggermente la testa fino a sporgersi da dietro l’apparecchio fotografico, mi lancia un sorriso gelido e… “ Farò del mio meglio” mi ha risposto, ma si capiva che, tra sé e sé, stava pensando: ”Ma guarda questo rimbambito che vuol fare il malizioso!”.“Già….infatti….”Omnia munda mundis, moglie! Ti giuro che io mi riferivo alle foto- tessera! Ad ogni modo, dopo un’oretta circa ci sono ritornato per ritirarle. Ho visto la prima delle fatidiche quattro e non ho esitato a dire: “ Ma, sono tutte uguali?” e la signorina di cui sopra “Certamente!” mi ha risposto. Poi, forse perché resa guardinga dall’ episodio precedente, ha soggiunto: “Scusi, ma perché me lo chiede? . Ed io: “ Beh, sa com’è….. magari nelle altre sono venuto meglio!”.“Sei il solito incorreggibile!”Suvvia! Non si può più neanche scherzare! Piuttosto, dimmi: che te ne pare? Bisogna proprio stare attenti con la lingua! Quella italiana, intendo! Per carità, adesso non ti ci mettere anche tu a fraintendermi! Comunque sia, sono riuscito ad avere le foto e con quelle sono andato alla delegazione comunale per il rinnovo. Anche lì, come puoi ben capire, ne ho viste e sentite di cotte e di crude. Un tale doveva registrare la figlia alla quale la moglie (non lui che, da buon tradizionalista avrebbe voluto darle il nome della nonna) aveva preteso (ed evidentemente ottenuto) di imporre il nome di Hilary o Ilary o Illary o… Insomma, il poveretto non sapeva come scrivere quel nome ed ha iniziato, di concerto con il funzionario addetto, una sorta di mini sondaggio tra i presenti per determinare esattamente la grafia in questione. Una signora ha litigato con l’impiegato allo sportello perché quello pretendeva di scrivere sulla sua carta d’identità che il colore dei suoi capelli era castano mentre lei insisteva nel dire di essere bionda, bionda naturale! Ti lascio immaginare le motivazioni a sostegno: tecniche di tintura, di colore, differenze tra meches e colpi di sole, messa in piega e bigodini. Meno male che tra le voci della carta di identità non c’è quella che riporta le “ misure” femminili! T’immagini quante novanta-sessanta-novanta ci sarebbero sulle carte d’identità in circolazione! E che argomentazioni tirerebbero fuori certe signore per convicere gli ingenui addetti alla registrazione! Comunque, per concludere, dopo un paio d’ore ce l’ho fatta. Adesso, mia cara, ho un documento nuovo di zecca e per i prossimi cinque anni sono a posto. “Meno male! Tutto bene quel che finisce bene….” Già. Senti, ti andrebbe di leggere qualche lettera del Jolly insieme a me? Però devo avvisarti: potrebbe essere pericoloso!“Addirittura! È così “esplosivo” il contenuto di queste lettere?”.Beh, esplosivo non è esattamente l’aggettivo giusto….ma, sai com’è….ci potrebbero essere parole…espressioni…“Toti! Ma falla finita! Prendi una lettera a caso e vedremo. Il buon Dio ci aiuterà! No?”.D’accordo. Dunque….vediamo un po’….Carissimo,avevo intenzione di parlarti ancora di cibo, ma non ce l’ho fatta proprio ad aspettare la tua risposta alla mia precedente provocazione e mi sono deciso a riprendere in mano penna e carta senza ulteriori esitazioni. Il motivo? E’ presto detto. Hai mai sentito parlare di PERENOFOBIA? No? Nemmeno io, in verità, almeno sino a stamattina. Proprio stamattina però mi è successo quello che vado a raccontarti. Ho portato in classe i compiti di Italiano che avevo fatto svolgere in classe ai miei alunni di terza.La settimana scorsa li avevo corretti e, fra i tanti, ne avevo trovato uno in cui c’era la misteriosa parola PERENOFOBIA. Inizialmente avevo avuto l’impressione di non aver decifrato a dovere quella grafia ma, dopo diverse letture, non ho potuto fare a meno di constatare che proprio PERENOFOBIA c’ era scritto, nero su bianco, su quel foglio. A quel punto, mi sono convinto che s’era trattato di un abbaglio, piuttosto strano in verità, da parte di un alunno che, d’altra parte, non è certo un principiante nella nobile arte del tiro al bersaglio con gli occhi bendati. Dunque, ho sottolineato la parola riproponendomi di chiederne spiegazione al momento della consegna dei temi. Cosa che ho fatto appunto oggi.“ Ma, che cos’è questa PERENOFOBIA di cui mi hai scritto? Cosa intendevi dire?”“ Professore -mi risponde- ma come? Non lo sa? E’ quella paura che tanti hanno degli immigrati, degli stranieri, dei clandestini! L’ho trovata sul vocabolario! Esiste, può controllare!”. Rimango di sasso. Per un istante, anzi molto meno, mi ritorna in mente un episodio simile che risale al mio primo anno di insegnamento, qualcosa come più di 30 milioni di capelli fa quando, per eccesso di giovinezza e di inesperienza, segnai come errata la voce SCANCELLARE, convinto com’ero che si trattasse di parola dialettale, salvo poi a ricredermi dopo averne riscontrata l’esistenza sul dizionario. E’ stato un attimo, quanto basta a dubitare se tanta ostentata sicurezza potesse per caso avere fondamento. In fondo, come tu ricorderai, anche il nostro professore di filosofia ci ripeteva sempre che il dubbio è l’anticamera della verità oltre ad essere la scintilla della ricerca ed assai spesso anche delle scoperte.“ Va bene- gli dico- controllerò”.Già per strada, tornando a casa, mi ero messo a ragionare sulla possibile etimologia del termine, senza però riuscire a trovare alcuna risposta all’interrogativo. Non appena rientrato, vado subito a cercare sul vocabolario. Sfoglio, guardo con attenzione… niente. Cambio dizionario, cerco… niente neanche qui. Richiudo e…in un lampo mi si svela l’arcano! Rifletti con me: come si chiama la paura per gli stranieri? Xenofobia, lo sappiamo bene. E allora? Allora, caro Pappo, sai cosa ha combinato il nostro giovane eroe? Ha letto la parola xenofobia, ne ha compreso il significato e, da bravo scrittore di SMS (come sono ormai diventati tutti o quasi i nostri giovani), ha creduto che la X significasse PER. Proprio come si usa quando ci si scambia i messaggini via cellulare. Da qui a PERENOFOBIA il passo è breve, anzi inesistente. Era dunque vero che la parola esisteva ed era altrettanto vero che era facilmente reperibile sul vocabolario ma quell’ ignorante del professore non lo sapeva proprio! Hai capito, caro mio? PERENOFOBIA, si dice! Altro che! A pensarci bene, come poi ho fatto, una situazione analoga mi era pure capitato di viverla, anche questa comunque un bel po’ di tempo fa. Fu nel corso di un esame di idoneità, più precisamente durante un’interrogazione di Storia, quando un altro arciere cieco mi disse che a Gibilrossa Garibaldi, alla vigilia della sua entrata a Palermo, rivolse a “ Bi per io” la famosa frase:“ Nino, domani a Palermo!”.Quella volta non ci misi molto a capire che si trattava di Nino Bixio. Ma era un’interrogazione orale e non esistevano ancora i telefonini.“Incredibile! A scuola ne succedono davvero di tutti i colori!”.Oh, sicuro. Lì veramente ci sarebbe materia per scrivere libri di barzellette! Ne leggiamo un’altra?“Perché no?”Vediamo. Questa….