elio ciccarelli

La scatola delle lettere Capitolo 7


Palermo 26 marzoGrazie, grazie per gli auguri! Ma come hai fatto a ricordarti il mio onomastico? Neanche io, a dir la verità, ci avevo pensato fino alla settimana scorsa. Poi, la festa del papà e, soprattutto, l’arrivo della primavera mi hanno rimesso sulla buona strada. In effetti finalmente le giornate si allungano e il freddo, per quanto ancora fastidiosamente a tratti presente, sembra aver lasciato spazio a sempre più frequenti pause di lieve tepore, di quelle che ti mettono voglia di uscire, di partire, di rinnovarti. E che la primavera sia arrivata te ne accorgi da tanti segni, a cominciare dal traffico per le strade. Non di quello automobilistico parlo: quello, si sa, è sempre presente e con l’inquinamento che provoca, contribuisce, per dirla con un alunno di qualche anno fa, ad allargare “ il buco dell’orzoro” attraverso il quale, come noto, filtrano i pericolosissimi “raggi ultraviolenti”. No. Parlo della gente che si riversa per strada, della “gioventù del loco” che “lascia le case e per le vie si spande e mira ed è mirata”. Dico delle ragazzine che vagano, ombelico al vento e mutanda firmata in bella vista, dal Massimo al Politeama facendo capolinea davanti al Mac Donald. Intanto, nei quartieri popolari e nei mercati torna, a bordo della sua lapa, quel tale che, inconsapevolmente minaccioso, ti ricorda: “ Quando mi cercate non mi trovate” e, pertanto… “Accattativi u’sale!” mentre intanto lui, novello Nostradamus, ben lieto di aver seminato il panico tra le casalinghe, “Di sentiero in sentiero rinnova il grido giornaliero”. Sembrerebbe proprio che nulla sia cambiato nel ciclico ripetersi delle stagioni se non fosse per i prezzi: prima erano “Cingue pacchi milla lira” ora “ Quattro pacchi un euro”. Più o meno come accade per la carta igienica: fino a qualche anno fa avresti sentito abbanniare: “ Ventiquattro rotoli doppio velo li pagate a milla lira”. Ora.... beati gli stitici! Caro Pappo, io ci scherzo su ma certe volte mi verrebbe da ripetere anch’io quella battuta amarissima che ho sentito sull’autobus poco tempo fa. La vettura era, come al solito, piena come un uovo. Alla fermata dell’Arco di Cutò sale un vecchietto, carico dei pacchi della spesa fatta a Ballarò, che va diritto al posto riservato agli invalidi e, fatta alzare una ragazza, posato faticosamente il suo bagaglio, si lascia scivolare, dapprima lentamente e poi pesantemente, sul sedile. Quindi, tirato un gran sospiro esclama: “Ah! S’ u’ sapieva... arristava picciottu!”. Paradossale, surreale, straordinaria, geniale battuta! T’immagini se si potesse fare davvero? Cambiamo discorso. A proposito di spesa appena fatta, ieri me ne è capitata un’altra che mi ha lasciato di stucco. Tornavo a casa cercando di stabilire se poi sia vero o no che “ U’ pipi è megghiu r’a’ carne” e sorridevo tra me e me perchè ancora nelle orecchie mi risuonava l’abbanniata maliziosa del fruttivendolo ( “L’aiu gruossa, l’aiu nivura! A mulincianaaaa!”), quando, all’altezza di Via Trabia, angolo Via Maqueda, mi imbatto in una coppia di giapponesi, con tanto di mappa della città in mano, che si guardavano intorno indicando “or quinci or quindi”, mentre parlavano fitto tra di loro, evidentemente indecisi sulla direzione da seguire. Proprio in quel momento passa un ragazzino, tutto vestito di bianco, a cavallo di una bicicletta con una gran cesta montata sulla ruota posteriore. Hai presente quei garzoni dei fornai che consegnano il pane a domicilio? Esattamente uno di questi. Bene, il cagnolo, volendo fare lo spiritoso, mentre continuava a pedalare, gli passa accanto e prende a scimmiottarli parlando, secondo lui, giapponese: “ Cin ciun cian Kawasaki Mitsubishi....”. Quelli si girano e gli gridano: “SU- KA”. Proprio così. Allucinante. Dapprima ho pensato di non aver sentito bene. Poi ho dubitato che volessero dire “scusa. Poi mi sono chiesto cosa diavolo potesse significare in giapponese. Infine, non mi è rimasta altra spiegazione logica se non quella che nasce dall’esperienza che un po’ tutti, andando all’estero, abbiamo fatto: non sono forse proprio le “parolacce” le prime cose che si chiede di sapere e di imparare quando si visita un altro paese? Che ne pensi tu? Fammi sapere.Fissato! Non c’è altro aggettivo per definirlo. E poi, se avesse almeno girato un po’ per il mondo…. magari avrebbe scoperto che la stessa espressione esiste praticamente in tutte le lingue! Ti ricordi quando mi hanno trasferito a Barcellona?“Certo che mi ricordo… le Ramblas, la Sagrada Familia, il ballo della Sardana ogni domenica a mezzogiorno….che bellezza!”E del mio collega di stanza ti ricordi? Quello che per mandare qualcuno a quel paese gli diceva: “ Vete a chuparla!”, che poi equivale esattamente al palermitano “Suca”.“Già, che simpatico che era…”Beh, a questo punto devo proprio scrivergli! Non foss’altro che per dargli il nostro nuovo indirizzo.“ Giusto. Non dimenticare di mandargli i miei saluti”.Caro Jolly,scusa la mia scrittura a tratti tremolante ma ti scrivo da un treno in movimento. Che ci faccio su un treno? Indovina un po’….. Ancora una volta, come sempre (mi verrebbe voglia di dire), sto cambiando la “location” della mia esistenza. Vado a vivere con i miei in un’altra città dove, per via di una promozione,sono stato trasferito. Per ora di pranzo sarò nella nuova abitazione ed entro stasera anche il trasloco dei mobili sarà concluso. Nel preparare i bagagli mi sono imbattuto in una vecchia scatola dove avevo conservato le lettere che mi hai spedito in questi ultimi anni. Le ho rilette quasi tutte con grande piacere e, perché no, anche con un pizzico di nostalgia. Anzi, a dire il vero, m’è venuta tanta di quella voglia di rivedere Palermo e i suoi colori, di riconoscerla pur nei suoi inevitabili cambiamenti, di risentire i suoi profumi per le strade, le voci, le abbanniate…. Siamo quasi a Maggio e mancano ormai pochi mesi all’arrivo dell’estate. Resisterò fino ad allora e poi….toccherà a te, stavolta, di mettere in piedi il comitato d’accoglienza con tanto di trombe, tamburi e musicanti! Il mio nuovo indirizzo lo trovi sul retro della busta. Fatti vivo al più presto. Ti abbraccio.Tuo Pappo.P.S. Tieni presente che negli ultimi tempi ho mangiato polenta ogni giorno e cicoria nei giorni di festa…. Sai cosa fare!!!!  Ancora una volta........ “ All’alta fantasia qui mancò possa”.  FINE  Dediche:a Zupa, imparziale giudice di primo gradoa Chiara, perché continui a sorridere anche da grandeRingraziamenti:alla memoria di Pietro Vittorietti, prezioso serbatoio di memorieScuse:ai poeti tanto indegnamente citatiEmanuele Ciccarelli, classe 1950, è nato e vive a Palermodove insegna negli Istituti Superiori.Autore di diversi saggi critici su scrittori e poeti italianicontemporanei, ha pubblicato “ L’imperativo popolare”( Sigma edizioni, Novembre 2005) Musica, arte e calcio sono le sue passioni.