Sorge il sole...

Post N° 129


…e inaspettatamente ti ho sentita entrare, come a volte è già accaduto,…non ti attendevo…ma sei giunta sospingendo quella socchiusa porta. Non ho potuto ne vederti ne toccarti ma ho letto le tue diverse parole che via via si sono rilevate sempre più difficili. E come sempre accade inizio ad essere percorso da molte domande…avendo tu sedotto la mia
irrefrenabile curiosità quando sulle tue poche parole espresse, “…ti aspetto…aspetterò i tuoi tempi...”, mi hai aperto la sdrucciolevole strada che conduce fino a te. Così mi sono soffermato a guardare l’angolo delle tue labbra che ha scolpito una piccola mezzaluna sulla tua guancia. In quella mezzaluna cercavo la determinazione di parlarti degli infiniti miei pensieri, ma mi sono accorto di averla raggiunta quando ormai tu eri già…uscita. L’aria di questo “Largo” inaspettatamente penetrante mi aiuta a rivedermi nei muti desideri inespressi e così… mi accorgo che è più semplice parlarti quando sei assente perchè, se tu mi guardassi, abbasserei gli occhi a terra e poteri solo percorrere la circonferenza della tua pupilla come se discendessi veloce lungo un pendio abbracciato ad una incerta bicicletta che gioca sul limite estremo tra l’equilibro e  la velocità.E quindi  il desiderio che ora m’infiamma è quello di voler conoscere l’aria che in te entra bianca e sottile, per respirarla quando poi fuoriesce e restare lì a bocca aperta come un bambino viene rapito dalla magia del venditore di zucchero filato che compone l’asticella in una nuvola d’ irreale dolcezza. E così poi mi chiederei ancora del silenzio più lungo che mai  potresti trattenere nel petto fino a fartelo scivolare tra i seni. Questo silenzio è un silenzio....che si espande veloce sui tanti chilometri che ora ci separano. Questo silenzio viaggia con me spedito lambendo nella notte le cime dei cedri dell'appennino, innalzandosi sulle colline di erba di campo, passando nei fienili, attraversando nel meridiano le vuote piazze di paese per scorrere veloce e tuffarsi nelle strade affollate,…sfuggire tra la gente,…giungere nei vicoli stretti,…inalberarsi lungo i muri delle case,…salire,…salire per poi di colpo sbattere nelle finestre,…rimbalzare nelle stanze,…mescolarsi agli odori della cucina e...poi...giungendo a te…sedersi sul tuo uscio. Lì davanti alla porta distendere le dita, appoggiare i palmi sul legno e sfiorarla, vederne gli intagli e soffermarsi a guardare le tue confuse impronte sulla maniglia e… rubarne una. Annusare il tuo passaggio,…. avvertire la linea della tua figura.....la sinuosità della tua schiena…il velo del tuo vestire e conoscere per la prima volta il suono sospeso della tua voce. Ma non entrare…perché “l’entrare” sarebbe per entrambi più …lacerante ed allora assaporo, convincendomi, che il “lasciare” è più dolce del “ritrovare”, che il “cercare” è più inappagabile “dell’abbracciare”, che il ”desiderare” è ancora più seducente “dell’avere” ed allora non resta che allontanarsi in una silenziosa dissolvenza. E così mi fermerei alla prima taverna del tuo adriatico a riempire le mie vene di sangue d'uva perchè nella gaia ubriachezza  gusto questo tono lieve ma penetrante, questa lingua senza parole, questo suono che tu ascolti con me ora in quest’istante è il suono di una chiave antica che mi entra ogni volta nel cuore e che girandomi nella carne, ad  ogni mandata, ella strizza parole, cava immagini, torchia pensieri lasciandomi come un limone spremuto....che poi si lascia rotolare tra i rifiuti della strada.