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Emanuela Chirico

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L'uomo e le lacrime

Post n°11 pubblicato il 10 Luglio 2013 da emy83ec
 

C’era una volta un’ uomo che raccontò di un altro uomo, di cui altri uomini raccontavano, che c’era un uomo, che non avesse mai avuto lacrime da versare e che non riuscisse a farlo né a comando, tanto meno per qualcosa che gli fosse successo. La gente ascoltava quegli uomini, non credeva alle lro parole, ma continuava a raccontare questa storia facendo in modo che altri uomini la tramandassero da orecchio ad orecchio. La voce si passò e un giorno, un uomo, stanco di non essere preso in considerazione e mai sul serio, prese a raccontare di questa storia. Smise di biasciare solo qualcosa e cominciò a raccontare, dicendo tutta la verità. Erano solo uomini e da uomini si comportarono e da uomini morirono. Uomini che ascoltarono che...

C’era una volta un uomo incapace di piangere, “l’uomo dalla lacrima impossibile” lo chiamavano. Quest’uomo però, come tutti gli uomini, fu dapprima un bambino e come altri uomini conobbe l’amore e poi il dolore per la famiglia. Fin da piccolo, come gli altri, giocando cadeva sbucciandosi ginocchia e gomiti, aveva mal di pancia, mal di testa, e qualsiasi altro malessere sia concesso all’uomo, ma mai aveva pianto per questo, mai una lacrima aveva rigato il suo viso. Vedeva gli altri soffrire, disperarsi, angosciarsi e versar lacrime fin quando la tristezza non era passata, fin quando il male non aveva smesso di pungere, ma lui mai aveva perso la sua solarità, mai il suo viso si offuscò tutto di un colpo, forse perché in realtà mai era stato felice. Nessuno ci ebbe mai fatto caso, nessuno si curò mai di quel bambino, ma un giorno i genitori di quel bambino persero la vita in un incidente e quel giorno, in una sera torrida e tempestosa tutto cambiò. Fu allora che quelle voce presero forma e colore e divenne leggenda. Gli altri esternavano i propri sentimenti, il proprio dolore, il proprio rammarico per la grave perdita, ma lui mai sentì’ il bisogno di farlo, mai si volle piegare a quelle lacrime, mai si abbandonò a quel gesto. Esternare, trasmettere ad altri la sua gioia, la sua sofferenza, non faceva parte della sua natura, preferiva tenerlo celato dentro di sé, limitandosi ad esprimerlo con le sole parole, con i gesti, ma senza lasciarsi andare a qualcosa che potesse scalfire il suo corpo, il suo viso, la propria anima. Era questo che si diceva di lui, che non fosse capace di provare emozioni, qualcosa di significativo, toccante, e che forse fino a quel momento mai niente l’aveva fatto davvero sentire degno di poter piangere, perché mai niente l’aveva davvero ferito. Si mormorò che a quel ragazzino fosse stato fatto un maleficio, un incantesimo, una maledizione, che fosse stregato da qualcosa che gli impedisse di provare emozioni o semplicemente di piangere. La voce cominciò a diventare una sfida, una provocazione, si trasformò in competizione, chi mai sarebbe riuscito a farlo piangere?chi avrebbe visto la sua prima lacrima nascere dai suoi occhi e morire sulle sue labbra? Lo si portò in giro, parlandogli, raccontandogli le storie più tristi, facendolo assistere a film dalle scene commoventi, canzoni più toccanti, passi, libri e poesie più emozionanti, ma mai niente ebbe l’effetto desiderato. Si provò a intimorirlo, minacciarlo, ma nulla funzionò. Si passò così’, senza accorgersene dalle parole ai fatti, facendolo diventare vittima di incidenti, provocandogli il dolore che tutti gli uomini sentono allo stesso modo, quello fisico. Dita, ossa rotte, muscoli, tendini stirati, legamenti strappati, ferite aperte, laceranti, ma nulla riuscì nell’intento. Si pensò che le torture inflittegli finora, dovessero forse essere inflitte a persone a lui care, che il suo dolore fosse maggiore per gli altri, si torturarono così chiunque si proclamasse suo amico o chiunque lo si trovasse in sua compagnia, ma questo servì solo a farlo rimanere solo, completamente abbandonato da tutti. Visse il dolore nelle sue più svariate forme, ma niente mai riuscì a farlo piangere, nessuno vinse mai la scommessa e il premio che nel frattempo si accumulò sulle lue lacrime mai viste. La sua vita non fu però priva dell’amore, e un giorno al suo cospetto la donna della sua vita bussò e  si presentò per rimanergli per sempre accanto. L’uomo intimorito dal pensiero che potessero fare del male anche a lei, la rifiutò, ma poi imparò a difenderla, a proteggerla a costo della sua stessa vita e si lasciò insegnare l’amore, e si lasciò amare. L’uomo e la donna si sposarono e dalla loro splendida unione nacque una bambina, un altro essere da proteggere, da difendere per l’uomo e anche per la donna, una persona da amare. La donna teneva in braccio la piccola come fosse uno scricciolo, uno scrigno prezioso da custodire, da tenere e proteggere, poi la porse al padre che la colse contento fra le sue braccia dondolandola e stringendola forte al suo petto. D’un tratto sentì una forza pervaderlo, un brivido percorrerlo, la sua manina fragile, piccola, stringeva il suo dito graffiato, ferito e più volte colpito. Ci si attaccò con tutta la forza di cui era capace, aggrappandosi a quell’unico appiglio per non lasciarlo più andar via Fu allora che l’uomo dalla lacrima impossibile non fu più tale. Qualcosa di leggero, ma opprimente, pesante e forte quanto macigno saliva attraversò di sé, trovò luce nei suoi occhi e ne uscì piano rigando per la prima volta il suo viso. Una lacrima nacque dal suo sguardo e percorse le sue guance, solcandole, fino a morire sulle sue labbra. E’ così che l’uomo conobbe le lacrime e si chiese se erano davvero quelle ciò di cui tutti parlavano, Fino a quel momento, quell’uomo credette che le lacrime fossero solo simbolo di dolore, segno di un qualcosa di inguaribile e che mai potessero in realtà essere immagine di gioia, felicità più grande che l’uomo ebbe mai facoltà di conoscere. Mai credeva si potesse vivere e provare una cosa del genere  che si potesse affidare la propria vita a un esserino così piccolo, e che quel piccolo scricciolo potesse dipendere da lui. Quella lacrima sconosciuta, inattesa, fu simbolo della gioia più grande, mettere alla luce un dono della vita, regalare qualcosa alla vita che porterà con se altri regali che la vita custodirà in mezzo il caos più totale, prezioso dono  che sia mai stato concesso: la vita.

Di tutto questo gli uomini, però, non raccontano più, perché ci si è sempre soffermati a raccontare dell’uomo incapace di piangere, omettendo che quell’uomo non conobbe la felicità a causa di quegli stessi uomini, che scambiò il dolore come unico sentimento che si possa provare, facendolo diventare così tutt'uno con se stesso, parte di sé, sentimento da non combattere ma con cui convivere. Non si accorsero che quel dolore inflitto, sempre più forte, fu per lui sua stessa forza, che rafforzandolo, irrobustendolo, rinforzandolo lo condusse fino a non riuscire più a percepirlo come dolore. Non dissero che quell’uomo non ebbe mai una vera famiglia fin quando lacrime non scorse per la prima volta sul suo viso, non ammisero le proprie colpe, ne si preoccuparono mai di raccontarne il seguito, non dissero mai che quello stesso giorno, quell’uomo, quando fu attorniato da tutti loro pianse. Pianse per la loro incapacità nel provare il vero dolore, mancando di rispetto verso altri. L’uomo, la donna e la bambina presero quel premio e ne fecero buon uso, furono loro i primi a vedere le lacrime della vita sul suo viso e vissero per sempre…. Insieme.

L’uomo è solo uomo, c’era una volta un uomo e forse adesso non c’è più, c’era una volta un uomo e non importa quale uomo, c’era una volta un uomo o forse non ci fu mai, quel che posso dirvi però è che c’erano le lacrime, c’era il dolore perché c’era la felicità, c’era il bene perché c’è il male, c’è il buono perché c’è il cattivo e c’è questa storia perché c’era quell’uomo. C’era una volta o forse non ci sarà mai, c’era una volta o forse mai c’e stata, ma C’era una volta la vita, e c’è ancora

 
 
 
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