FATTERELLI

Se una notte di Settembre un viaggiatore...


Tesoro mio, mio bel caratterino, tu che oggi compi quella stupidaggine che sono gli anni…ti sono vicino, c’è in te malinconia, quel sentimento che ci lega alle cose, quel filo che lega a noi, dietro di noi, le cose saltellanti a ogni passo. Davanti a noi vorremmo vedere solo il segno curvo della barchetta di tutta una vita, mentre tutto è un trottare di traballanti bagattelle, chiacchiere che rimbalzano, stronzate, miscugli d’interessi rozzi e grevi, ammicchi, insinuazioni, alambicchi, finte intese perché un terzo escluso intenda, minacce, avvertimenti, persuasioni non occulte, ammonimenti, prediche, catechismi. Devi scusarmi se lo dico a te, proprio nel giorno del tuo compleanno, ma è per l’attualità, e oggi è il 5 settembre, e questo è il giorno in cui tu compi quella cosa passeggera che ti conta la vita. E oggi, per l’attualità, vieni con me, ti porto, come regalo, a guardare quei segni incomprensibili. Non ci leggerai trame deludenti che la storia e la cronaca rattoppano, senza avere la mano competente di una sarta costumista, con pezze adattabili e remissive per far quadrare conti che mai non torneranno dal passato. Caligola fece di un suo cavallo un senatore così come monarchi ridotti in polvere incoronano statue, persino giardini, residenze, ponti che ancora regnano, realisti più del re e più del re viventi. La chiesa per esempio sbaglia sempre ma con anni, secoli di anticipo, secoli misurati, lungimiranti sui propri opportuni e puntuali ravvedimenti. Eppure investe. Invece io, proibisco che mi si chieda scusa. Più che essere assolto o bruciando, le mie urla trafiggono l’inferno e lo gelano, slittano sul ghiaccio verso il cielo, lancinanti tanto che per l’attrito il paradiso avvampa. E cosa ti fa il tempo? Ti combina i compleanni! Allontana le cose dal corpo, dal corpo le strappa come lattughe, sedani, cipolle, carote, pomodoretti da spaccare con le mani. Dal corpo quando è un orto tra le brume, fantasma dei controesodi e i discorsetti degli ostentati di abbronzatura dentro l’autobus tipo “come stavo bene a quest’ora l’altra settimana” e che non rendono grazia all’inizio di ogni stagione e non ringraziano chi non è mai partito.L’uomo non è che un setaccio, si colma di realtà, sfarina aneddoti. E il mondo è come una battuta che si capisce dopo, molto dopo, ridendo come ebeti persino del dolore, senza afferrare più quanto abbia fatto male. Quella teglia in fondo a quel lavabo, dove dobloni d’olio emergono, quella teglia dove resta bruciata la patata nel fondo e raschi finché cerchi traiettorie, disegni, maneggi, espedienti. Altro che quei pasticci, intrugli, imbrogli, mosse, piste astruse battute dall’uomo che intriga…che inzeppa di sé le cose, che spinge, che fomenta. Questo ghiribizzo è un segno che ti regalo. Cerchi incompiuti. Immagini apparentemente senza significato. Come quella giornata libera, stupida…”e chissà quando ne capiterà un'altra” del giornalista Perozzi di “Amici miei”. E ogni segno diventa il gusto di gradirlo osceno: e allora guizzerà sopra quelle espressioni da mattonella insulsa come sui cessi un pennarello svelto. E sarà un ghigno, una boccaccia, un tic. E basterà quel ceffo un po’ smorfiato a dirla tutta, perché avere un volto, quella faccia, vuol dire spesso portare sul viso la più potente irrisione di sé. Queste pasticchette del re sole, tutto questo grigio senza l’eminenza. Al diavolo i consigli d’amministrazione e le domeniche a piedi con quegli stupidi palloncini: le assunzioni sotto il cielo, i lezzi e i miasmi, gli spifferi, la carne umana che diventa in terra soffio su quanto può essere soffiato. E pensare che siamo stati spediti sulla luna da un “secondo me…” e verso le stelle da un “io penso…” cui seguivano tutti i risucchi di barattoli di lenticchia andata a male in chiacchiera, svuotati in un colpo con lo sturalavandino…e dopo rotolavano su tutte le parole i risonanti zoccoli della latta vacua. Per questo io ti regalo i segni che non si sa che sono, i ghirigori sulle loro facce cancellate, le facce di quelle carni. Mio caro Filottete o Emanuele, nel giorno in cui d’un tratto compi gli anni.