FATTERELLI

L'usura non del tempo


PROLOGOLa pecora non “sa” di produrre lana. L’uomo non si accorge di creare valori monetari. Come il pastore tosa la lana, così le banche centrali tosano il gregge umano della sua moneta: della sua “lana monetaria”.LA SITUAZIONELa moneta di metallo o di carta o di altro ha valore solo per il fatto che ci è messi d’accordo: solo perché esiste una convenzione sociale della sua accettazione e per il convenire dei cittadini nell’accettarla in cambio di bene. Questo mezzo incorpora sé stesso e conferisce a chi se ne serve (al suo portatore) il potere di acquisire beni: cioè poter cedere o ricevere beni in cambio di simboli monetari proporzionati, ossia il potere d’acquisto.LA CRESCITA DEL RACCONTOAccettare, codificare e disciplinare da una legge dello Stato e convenire tra i cittadini di questa prescrizione, dà origine al valore, il significato, l’utilità di questi segni, diventano una convenzione fatta materia al portatore. Creato dalla comunità nazionale, il valore monetario è proprietà originaria e patrimonio comune dell’insieme dei cittadini che lo causano in radice.IL DISCORSO DEL DOTT. GIACINTO AURITILo Stato è solo il custode e l’amministratore di questo patrimonio comune. Solo in quanto tale lo Stato può disciplinare le condizioni dell’emissione, della circolazione e della distribuzione dei concreti e parziali mezzi monetari per il bene comune. Chi volesse indurre o pretendesse di costringere una comunità nazionale o lo Stato che ne incarna la rappresentanza ad accettare in prestito la moneta stessa della nazione, ossia ad accettare di ricevere come prestito ciò che già le è dovuto, che già è originariamente SUO e che le è vitalmente necessario, affermerebbe  falsamente di potersi porre come PROPRIETARIO di ciò che presta. Affermerebbe inoltre di poter asservire alla condizione esplicita di DEBITORE la comunità nazionale così derubata. Affermerebbe ancora di potersi porre come sovranità reale che subordina a sé la sovranità fittizia della comunità nazionale in questione, che sarebbe così non soltanto derubata e asservita, ma anche INDEBITATA in misura equivalente al furto subìto; e tenuta oltre che a restituire al ladro il PRESTITO che ne ha ricevuto, anche a versargli gli interessi su ciò di cui è stata derubata e indebitata di ciò che non soltanto è già suo ma di cui essa stessa è a far sorgere il valore monetario. IL CLIMAXLa comunità nazionale, mentre da un lato accetta di riconoscere un determinato segno o supporto materiale come moneta e per ciò stesso la causa del valore monetario (anche se ignora di farlo), dall’altro essa ne accetta il valore stesso come prestito da parte di chi gliene trasmette o emette i segni materiali.L’INGANNONell’accettare della sua stessa moneta come prestito, la comunità nazionale pone allora una falsa asserzione esplicita: l’ovvio riconoscimento di essere debitrice di quanto le è stato prestato. E debitrice non certo e non solo del costo di produzione del supporto materiale (che può essere infimo) ma dello stesso valore più gli interessi. Accettandolo contraddittoriamente come prestito da parte della banca centrale, la comunità nazionale riconosce implicitamente e falsamente alla banca la PROPRIETA’ della moneta e di fatto autorizza la banca a prestargliela. Ma il prestare è prerogativa di chi è proprietario di ciò che viene prestato.EPILOGOLa banca tosa quindi due volte la comunità nazionale della sua “lana”, del suo valore monetario: la prima perché la espropria di tutto il suo ammontare, “prestandoglielo”; la seconda perché la INDEBITA stabilmente della sua somma e dei suoi interessi.