FATTERELLI

SONO UN OLD BOY...della liberta'. Quella vera.


Luci di vita libera Un moderno palazzone di Dongcheng, Pechino. Qui gli stranieri devono bussare per ottenere un permesso di protestare. Un’autorizzazione necessaria, pena l’espulsione o, peggio, il carcere. Un interrogatorio, tra una bottiglia di acqua minerale come gesto di cortese di uomini in divisa e le intimidazioni.10.30 del mattino. Ufficio Informazioni. Sportello 12.Vogliamo organizzare una manifestazione di protesta in una delle tre aree designate dalle autorità cinesi. L’agente chiede di aspettare ma pochi minuti e tre funzionari in divisa azzurra e blu ci indicano di seguirli. Uno di loro impugna una piccola videocamera e comincia a riprendere la scena. Scendiamo le scale e usciamo dal palazzo. Svoltiamo a destra, verso il retro dell’edificio. Qui veniamo fatti accomodare in una stanza dove l’unico mobile è un tavolo con una tovaglia bianca e otto sedie. Attendiamo.Consegniamo visti e passaporto che vengono portati via, controllati e fotocopiati. Poi all’improvviso un rumore secco e ripetuto emerge dal fondo della sala: un primo scatto, un secondo, un terzo. Solo adesso ci accorgiamo che un altro agente ci fotografa. Continuerà ronzare attorno, davanti, di lato, di dietro, foto a ripetizione, forse un centinaio, nelle due ore di interrogatorio.  L’altro indugia con la camera sul volto e i suoi movimenti. Chiediamo perché tanto impegno. “Per i nostri archivi”. Un agente redige il verbale. Chiede nome e cognome dell’albergo e il numero della stanza. Poi, il numero del cellulare cinese che utilizziamo. Domanda il motivo della protesta.Raccontiamo che vogliamo manifestare in favore della parità tra uomo e donna ma lui chiede di spiegare meglio e di specificare qual è la nostra opinione sul tema. Gli diciamo che le donne nei posti di potere sono ancora poche e che non sappiamo bene come funziona in Cina. La tensione si smorza, i volti fanno su e giu in un gesto di approvazione. “Condividiamo la sua preoccupazione, questo è un problema importante e ci fa piacere che si sottolinei, se vuole possiamo metterla in contatto con organizzazioni che potranno spiegarle qual è la situazione in Cina”.Sorprendente. In Italia non si è mai visto un funzionario della Digos che si preoccupa di organizzare per un attivista del Tibet un incontro con un esperto di politica internazione o un colloquio con un giurista per qualcuno contrario alla pena di morte. “Se vuole può incontrare il nostro esperto e dopo decidere se manifestare ugualmente”. Accettiamo l’invito per un meeting ma decliniamo l’invito: vogliamo andare aventi. Il poliziotto legge allora un libricino di poche pagine ed elenca le procedure. Nel frattempo le foto continuano, incessanti, peggio che ad una star di Hollywood. Bisogna preparare una lettera in cinese da consegnare cinque giorni prima della data della manifestazione. Dobbiamo spiegare perché vogliamo protestare, indicare luogo e giorno, dettagliare gli slogan che vorremmo urlare e quelli da scrivere su manifesti e striscioni. La frase deve essere approvata dall’ufficio di polizia. Il consiglio è di scrivere due o tre slogan alternativi e saranno loro a stabilire quale quello più appropriato. Va specificato se intendiamo utilizzare registratori e megafoni e di che tipo di manifestazione di tratti: un corteo o un presidio. Va indicato il percorso, va scelto poi un responsabile…e se c’è un cittadino cinese nel gruppo dovrà poi recarsi personalmente dalla polizia a effettuare la registrazione. Percorso e luogo della protesta saranno soggetti a cambiamenti che la polizia riterrà opportuno.“Abbiamo imparato molto da voi sulla sicurezza a Torino durante le Olimpiadi…” dice chiarissimo una voce in italiano. All’improvviso. Il verbale ci viene fatto leggere: se non aspetteremo l’autorizzazione a protestare avremo violato le leggi cinesi. Si sta dai 3 ai 5 anni dentro.Fuori l’aria è calda e inquinata. (Questa e' la testimonianza di Angelo Micuzzi per IL SOLE24ORE) Luce di un Est