NOI EMIGRANTI IT.

capitolo 3


In Sicilia, anche in quel tempo, esistevano i bagni con le fogne e anche se non si aveva l’acqua corrente in tutte le case si avevano dei recipienti che si riempivano regolarmente tutti i giorni o settimane secondo la contrada in cui si viveva. I siciliani hanno un culto per la pulizia e l’igiene e le case dei siciliani anche le più umili brillano come il loro sole!Giovanni, Luigi, Carmelo e tutti gli altri seguivano silenziosi e attoniti la guida che le indicava ad ognuno le proprie “case” …A Giovanni tocco il numero 23… A Luigi il 21, vicini di “casa” dunque,  l’ultima e la penultima della fila… E il mobilio? -Ecco….  disse la guida in italiano, si chiamava Mario ed era veneto. Era arrivato poco prima della fine della guerra e sembrava un capo mastro o qualcosa di simile,- ci sono dei mobili vecchi nel ripostiglio della biblioteca comunale, potete prendere quello che volete e vi daremo il colore per rinnovare e dipingere tutto a nuovo… Anche il colore è nel ripostiglio, prendete quello di cui avete bisogno!Altra delusione…. Altra rabbia…. Vecchi mobili mangiati da topi e miti,  antiche casse e comò scassati, letti di ferro arrugginiti e sedie traballanti.  E il colore… A volontà… manco a dirlo… Verde bottiglia…. Al vocio d’indignazione e per calmare gli animi Mario disse:Andiamo ragazzi i capi hanno pensato che il verde è il colore della vostra isola e della speranza… e poi è solo per  poco, appena sistemata la famiglia avete diritto ad un adeguamento in base al numero di figli che avete.  Coraggio sistematevi e fate presto è quasi il vostro turno di lavoro!Intanto il tempo si era messo “al bello” Un timido sole si era affacciato nel cielo e siccome la speranza è la più dura a morire la gioia di rivedere i propri cari da lì a poco diede loro la forza di sistemarsi alla buona per almeno rendere accoglievole quella specie di tugurio. Si misero tutti compatti come fratelli a sistemare la casa di tutti. Lavoravano sodo a recuperare i mobili e a dividerli in base alle esigenze di ognuno. Alla fine della giornata lavorativa in fondo alla miniera, dopo la doccia comune e il pasto alla cantina, ognuno di loro metteva la propria arte al servizio di tutti. Giovanni faceva il barbiere e il calzolaio mestieri imparati durante la sua prigionia in Albania. Luigi era carpentiere, Gaetano pittore, Antonio s’intendeva di elettricità, e così via, ognuno di loro metteva la propria arte al servizio dell’altro.I belgi del 1946/1947 si sentivano molto importanti. Molto colti. Avevano colonizzato il Congo. Facevano sommosse per migliorare le loro condizioni di vita ed è una delle ragioni per cui ad un certo punto si rifiutarono di continuare a scendere nelle miniere. E in un certo senso ci erano riusciti. Trattavano la gente di colore con disprezzo e lo stesso disprezzo si manifesto verso i nostri connazionali siciliani dalla pelle scura e dagli occhi ardenti! C’è da dire pero che c’era una differenza in quanto le donne belghe subivano il fascino mediterraneo dei nostri giovani uomini dalla voce calda e suadente e dalla personalità   passionale e forte, tutto il contrario dell’uomo belga. Intanto la vita al paese era diventata frenetica!Qualcuna incominciava a ricevere i documenti per l’espatrio. La sera nei cortili e davanti alle porte, seduti sui scalini non si parlava d’altro. Anche in piazza l’argomento era sempre lo stesso…. Il Belgio… l’espatrio… ma soprattutto il ritorno a casa….Si racconta che in quel tempo apparve una pubblicità in Sicilia in cui si mostrava un giovanotto che si accendeva la sigaretta con biglietti da mille. Non so se questo è vero, ma il pensiero era questo e la convinzione era profondamente radicata.Si sentivano frasi tipo…. -Appena mi faccio un po di soldi ritorno, a me basta comprarmi quel pezzo di terra o quella casetta per vivere serena con la mia famiglia! -Qualche anno di sacrificio e siamo di nuovo a casa!Pierina era frenetica. Il tempo materiale che doveva passare prima di avere il passaporto lo viveva con impazienza. Tanta era la voglia di riabbracciare suo marito che dimenticava anche il dolore della separazione dai suoi. Si preparava con molto entusiasmo alla partenza e sopratutto era contenta di partire con compaesane e amiche di lunga data. Convinta che dopo massimi due anni sarebbe ritornata a casa, trovo un deposito per i suoi bei mobili e le cose personali che non poteva portare con séInfatti, aveva diritto a portarsi solo un bagaglio di 50 sacchi meglio se chiusi in due sacchi da 25 chili ognuno. Avete presente i sacchi di patate…. Ecco simile a questi era la regola!Il piccolo Anna era anche lei frenetica! Impaziente di andare a raggiungere il suo idolo, il suo papà.Adesso aveva compiuto sei anni ed era molto brava a scuola. Curiosa e impaziente imparava con facilità e riusciva anche, con l’aiuto di sua madre, a scrivere qualche parolina al suo adorato papà per dirle quanto le voleva bene…. E che gli sarebbe stata vicina più di un figlio maschio! Pierina inizio dunque a fare documenti e foto per il passaporto.( Inserire foto).E con lei la sua amica del cuore, Antonietta anche lei giovanissima e madre di una bambina di due anni chiamata Carmela, e moglie di Luigi che stava in Belgio con Giovanni. Si promisero che il prossimo figlio se lo sarebbero battezzato a vicenda  e sarebbero diventati comare, titolo molto intimo e onorevole fra altri in Sicilia! Intanto era ritornato dalla Libia anche il papà di Pierina che si proponeva di portare la sua figliola fino a Milano, tappa obbligatoria del viaggio in quanto dovevano sottoporsi a visite mediche ed ulteriori accertamenti sia di natura fisica che psichica!La grande avventura stava per iniziare!