Post n°113 pubblicato il 29 Agosto 2014 da emile_2013
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Post n°112 pubblicato il 27 Agosto 2014 da emile_2013
Photo by LAURA MAKABRESKU
Malgrado la sofferenza, la delusione, i dubbi, l'inquetudine , nonostante la voglia di uscirne...in me non smette di affermarsi l'amore come il più alto dei valori. Sento i più svariati argomenti per svilire, sminuire e cancellare l'amore....Considero il discredito nei confronti dell'amore una specie di morale oscurantistica, il credo del piacere perenne (voglio-prendo-uso-cambio) a cui tento di opporre resistenza- . |
Post n°110 pubblicato il 13 Agosto 2014 da emile_2013
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Post n°109 pubblicato il 11 Agosto 2014 da emile_2013
Enso è una parola giapponese che significa "cerchio" e un concetto fortemente associato alla filosofia Zen. Enso è forse il soggetto più comune della calligrafia giapponese, che simboleggia nessun inizio e nessuna fine, il visibile e l'invisibile, assoluta pienezza nel vuoto, semplicità, completezza, perfetta armonia, l'illuminazione, l'unicità della vita, ciclicità dell'esistenza e è anche un "espressione del momento". Si ritiene da molti che il carattere dell'artista è completamente esposto nel modo in cui dipinge Enso, e che solo chi è mentalmente e spiritualmente tutto può dipingere un vero Enso. |
Post n°108 pubblicato il 10 Agosto 2014 da emile_2013
Il senso di sé è qualcosa di cui diveniamo consci da bambini. Appena nati non c'è alcun senso di un sé come di un qualcosa di definito. Man mano che cresciamo impariamo ciò che siamo tenuti ad essere: se siamo buoni o cattivi, se siamo o non siamo simpatici, se siamo accettati o biasimati. In tal modo sviluppiamo il senso di noi stessi. Spesso ci compariamo agli altri e abbiamo dei modelli guida di come dovremmo diventare quando cresceremo. Nella mia stessa esperienza notai che l'ego iniziò veramente a consolidarsi quando fui mandata a scuola: fui gettato dentro quelle classi con tutti quegli strani bambini e cominciai a notare chi era il più forte, chi il più duro, chi era il favorito del maestro. Vediamo noi stessi nei termini delle nostre relazioni con gli altri. E questo atteggiamento si sviluppa attraverso l'intero arco della vita, a meno che non scegliamo deliberatamente di cambiare e iniziamo a guardare più in profondità, invece di vivere solamente attraverso il condizionamento della mente che abbiamo acquisito da bambini. Anche quando diventiamo più vecchi a volte ci comportiamo veramente da adolescenti e abbiamo reazioni emotive infantili verso la vita. Comportamenti e reazioni che non siamo stati capaci di risolvere se non sopprimendoli e ignorandoli. E questo può essere molto imbarazzante o scioccante per noi. Succede dunque, che si è adulti ma inevitabilmente si commettono degli scivoloni. Mi chiedo allora cosa rende un individuo una persona adulta: La prima cosa che mi viene in mente è il senso di responsabilità e dentro a questo concetto inserisco la responsabilità verso se stessi ma soprattutto verso gli altri Responsabilità verso gli altri comprende la lealtà, l'onesta, il rispetto, ma anche il saper accettare le conseguenze delle proprie azioni.
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Post n°107 pubblicato il 29 Luglio 2014 da emile_2013
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Post n°106 pubblicato il 24 Luglio 2014 da emile_2013
James Dean & Liv Tyler Times Square (revisione con fotoshop)
Penso che sorridere sia sempre un ottimo modo per ripartire.
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Post n°105 pubblicato il 22 Luglio 2014 da emile_2013
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Post n°104 pubblicato il 19 Luglio 2014 da emile_2013
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Post n°103 pubblicato il 17 Luglio 2014 da emile_2013
" Padre e madre di Eros, chi sono? Il giorno in cui nacque Afrodite c'era una gran tavolata di dei. C'erano tutti e, tra loro, anche Poros. Alla fine del pranzo arrivò Penia che aveva in mente, come rimedio ala sua miseria, di avere un figlio da Poros: gli si sdraiò così accanto, rimanendo incinta di Eros. Eros s'è dunque trovato conformato nel seguente modo. Intanto povero sempre, non affatto bello come per lo più lo si crede; ispido e scalzo, senza tetto; giace per terra sempre e nulla possiede per coprirsi; riposa dormendo sotto l'aperto cielo nelle vie e presso le porte. Insomma riferisce chiara la natura di sua madre, Penia dimorando sempre insieme con povertà" (Platone) Man Ray, ray effet de masque. Étude en deux tons ‘Value 14-20', vers 1931, années 1950
Premessa al sentimento dell'amore è la condizione di bisogno Tuttavia, il bisogno necessita di essere trasformato in qualcosa altro e di diverso, per poter essere compiutamente definito amore. Dal bisogno deve cioè svilupparsi il desiderio inteso come necessità di un rapporto evoluto, integrato e globale. Ed è quindi dal desiderio che può sviluppare l'esigenza: la realizzazione di interesse verso la realtà dell'altro realizza una "tendenza verso l'altro". Ciò che spinge verso l'altro è una sorta di indefinibile ma consapevole mancanza una necessità che spinge misteriosamente ma ineluttabilmente verso la ricerca della disponibilità ad amare, del saper amare E' questo uno spazio sacro, che tocca il mistero stesso dell'esistenza, come se solo l'incontro con l'altro, sia in grado di di annullare quello spazio desertico che ci invade nel prendere atto della nascita e della morte
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Post n°102 pubblicato il 06 Luglio 2014 da emile_2013
Ho amato profondamento mia nonna. Dopo la morte di mio padre ho trascordo molto tempo a casa dei nonni, ricordo loro con molto amore ma ricordo ancor più struggentemente la casa dove abitavamo. Una volta nascevano tutti in casa. Le donne partorivano quasi sempre là dove vivevano e si attribuiva un grande significato al luogo esatto in cui si nasceva. Non appena iniziavano le doglie, le donne del posto si riunivano per assistere la partoriente. Si partoriva normalmente davanti al focolare, specialmente se il clima era freddo. Durante il parto le donne non avevano altre risorse che quelle offerte dalla loro comunità. "LE DONNE SI AIUTAVANO LE UNE CON LE ALTRE" e "SI PRESTAVANO RECIPROCA ASSISTENZA" sono frasi che spesso sentivo dire da mia nonna (anche se pronunciate in uno stretto dialetto Veneto). La figura chiave era la levatrice, una donna esperta nell'assistenza del parto che aiutava le donne più giovani durante i momneti più critici della gravidanza e del parto. La casa era il luogo di incontro e di aggregazione, le famglie numerose, dove gli anziani erano rispettati e ascoltati perchè ci parlavano con la saggezza popolare. Mia nonna era piegata dagli stenti e dal duro lavoro nei campi dove si recava spesso, con un figlio in spalla e uno in pancia. La sua pelle era avvizzita, rugosa assomigliava alla terra arida, quella stessa terra che per tutta la vita aveva faticosamente lavorato con la zappa. Per nutrire i figli doveva barattare le uova e qualche altro prodotto della sua terra. Mia nonna ha vissuto la guerra, la fame, gli stenti, la morte di due figli. Ma io non l'ho mai vista una volta triste o arrabbiata non l'ho mai vista abbattersi e non l'ho mai sentita lamentarsi eppure ne avrebbe avuto dei motivi. Lei mi ha insegnato a fare il pane, mi ha insegnato a fare le torte e a casa di mia nonna si sentiva quando arrivava domenica, lo si sentiva dal profumo del cibo che, proprio in occasione della festra veniva cucinato. Quanti rimpianti per quei sapori, quell'atmosfera di fermento che ci faceva sentire la festa e faccio un paragone con i tempi moderni. I figli nascono in ospedale, luoghi sicuri ma le madri vengono poi lasciate sole tant'è che dopo il boom economico i casi di depressione post partum sono aumentanti in maniera esponenziale. La festa poi e chi la sente più, le nostre case sono calde e accoglienti e frigoriferi sempre pieni. Certo viviamo più a lungo, abbiamo sconfitto molte malattie, non conosciamo concetti come la fame o gli stenti, Ma Siamo davvero convinti che questo sia progresso. Dove sono i rapporti umani che tenevano uniti, dov'è il profumo del pane che faceva mia nonna? Stanotte ho fatto un incubo: cadevo, cadevo, precipitavo, mi sembrava di soffocare.....sono caduta al suolo senza che nessuno facesse niente per arrestare la mia caduta
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Post n°101 pubblicato il 04 Luglio 2014 da emile_2013
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Post n°100 pubblicato il 02 Luglio 2014 da emile_2013
Ho fiori oggi. Non era il mio compleanno o qualsiasi altro giorno speciale. Abbiamo avuto il nostro primo litigio la scorsa notte e mi ha detto un sacco di cose crudeli che in realtà mi hanno fatto male. So che è dispiaciuto e non voleva dire le cose che ha detto, perché lui mi ha mandato dei fiori oggi. - Ho fiori oggi. Non era il nostro anniversario o qualsiasi altro giorno speciale. Ieri sera, mi ha spinto contro un muro e ha iniziato a soffocarmi. E 'stato come un incubo, non potevo credere che fosse vero. Mi sono svegliata questa mattina dolorante con il corpo pieno di lividi. So che deve essere dispiaciuto perché mi ha mandato dei fiori oggi. - Ho fiori oggi. E non era la festa della mamma o di qualsiasi altro giorno speciale. Ieri sera, mi ha battuto ancora una volta, era molto più violenta di altre volte. Se lo lascio, che divento? Come potrò prendermi cura dei miei figli? E problemi finanziari? Ho paura di lui, ma ho paura di lasciarlo. Ma so che deve essere dispiaciuto perché mi ha mandato dei fiori oggi. - Ho fiori oggi. Oggi è stata una giornata molto speciale, era il giorno del mio funerale. Ieri sera, finalmente mi ha ucciso. Mi ha picchiato a morte. Se solo avessi trovato il coraggio di lasciarlo, non avrei ricevuto fiori oggi. |
Post n°99 pubblicato il 29 Giugno 2014 da emile_2013
Photo by Jacques Henri Lartigue.
Il genere umano contiene in sé un idea della felicità remota, antica intesa come soddisfazione e godimento quasi questa sia l'origine del bene, senza data e senza tempo. Parlo di quella esperienza di felicità stabile e duratura, non limitata o bruciata dall'attimo. La felicità di cui parlo è l'unica possibile in grado di rendere sopportabile il dolore, anche se il dolore fa parte della nostra vita e oltretutto ineliminabile. Ma la vita rappresenta anche apertura a infinite possibilità quindi il piacere di vivere e di esistere non deve coincidere con l'istante del piacere ma deve riferirsi alla realizzazione della vita intera. Non l'istante ma la qualità permanente è l'ambito in cui l'uomo può sviluppare la più alta felicità. Troppo spesso soffriamo per il raggiungimento di mete e finalità sollecitati dalla pressione dei contesti sociali, tuttavia la stragrande maggioranza delle azioni più gratificanti avviene casualmente, senza una finalità precisa con il solo fine di manifestarsi. Il piacere della vita è da ricercarsi nella volontà di viverla fino in fondo, nonostante il dolore, e di portarla a compimento al meglio secondo le proprie possibilità. La felicità si può cercare, attendere e non certo pretendere. l'unica possibilità dunque è quella di predisporsi ad essere felici.
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Post n°98 pubblicato il 27 Giugno 2014 da emile_2013
Photo by Henri Cartier-Bresson Ho letto e leggo tutt'ora molti libri. Alcuni per diletto altri per fame di sapere, anche se ho sempre pensato di saper pensare. In verità penso anche troppo con il risultato poi di perdermi nelle mie elucubrazioni. L'Uomo è sulla terra da abbastanza anni per aver detto tutto e il contrario di tutto. Non ho mai preteso di avere originalità di pensiero ma non desisto, tuttavia nel cercare di capire appieno ciò che mi circonda, anche se so che non è possibile, questo non mi esime dal provarci. Così ho deciso che il senso della vita lo avrei cercato nella vita stessa, nella mia e in quella di coloro che incontro lungo il sentiero. Ho notato che le mie parole spesso, significano per qualcun altro più di quanto io stessa non comprenda: il pensiero va, sovente, al di là delle intenzioni. Questo perchè, a volte, si è come nel gioco della pentolaccia, ciechi di fronte alla verità. Il nostro colpo a volte sfiora il bersaglio, altre ne è talmente distante da provocare l'altrui ilarità. In entrambe i casi manchiamo, ma chi ci osserva, vede quanto il colpo è andato vicino e, se dovessimo centrare, può giudicare se è per buona sorte o arguzia. Dalle fortune e disgrazie altrui si può dunque imparare molto della vita; si deve certo avere il coraggio e la coscienza del giudizio, altrimenti tutto è vano. Ecco, tra tante persone, vi sono alcune dalle quali, per qualche motivo, riesco ad apprendere più cose. In alcuni casi è per empatia, la condivisione delle idee rafforza le stesse; in altre è il piacere del confronto, perchè il contrasto e la diversità ci costringe ad affinare la nostra dote di discernere e, mettendo a prova la nostra capacità di autocritica, ci migliora. In altre è lo stupore di cose non pensate, di territori ove il proprio pensiero non si è ancora posato, perchè sebbene l'Uomo sia sulla terra da molto tempo, io non vi sono che da 46 anni. Queste son le cose che arricchiscono. Di giorno dunque lascio che la mia vita viva, fino a che giunge il buio e con lui il tempo della riflessione. Così penso a ciò che è accaduto e a ciò che ho letto e, soppesando, scopro che fatti e parole possono diventare luci, e che da esse posso essere illuminata.
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Post n°97 pubblicato il 24 Giugno 2014 da emile_2013
![]() Ho sempre provato un profondo senso di avversione e di disagio nei confronti di chi ostenta pubblicamente: ricchezza, posizione economica e sociale, potere, cultura. Ma chi mi ripugna ancora di più sono coloro che sbandierano, quasi a voler dar spettacolo, emozioni e sentimenti intimi che, per come sono fatta io, ritengo andrebbero custoditi gelosamente nello scrigno del cuore. Per non parlare di chi profana esperienze emotive proferendo parole che andrebbero taciute. E' un insulto per coloro che rispettano i propri e altrui sentimenti, per chi riesce a malapena a proferire un monosillabo che esce dallo stomaco prima che dal cuore, per chi non fa promesse se pensa di non essere in grado di mantenerle, per chi non parla solo per dare aria ai polmoni, per chi ha le pupille che annegano solo leggendo certe cose. Ho sempre pensato che chi ostenta mente, è un assunto personale niente che sia stato testato e studiato in laboratorio. Ciò che ha un valore prezioso va protetto gelosamente... Se riveli al vento i tuoi segreti, non devi poi rimproverare al vento di rivelarli agli alberi. „. Kahlil Gibran. |
Post n°96 pubblicato il 19 Giugno 2014 da emile_2013
Vorre parlavi, in questo post, di una persona a dir poco straordinaria che incanta chi ama la fotogria ma non solo. E' un fotografo che affascina per la naturelazza e spontaneità delle sua immagini: un fotografo assolutamente inusuale. Il suo nome è Evgen Bavcar è nato in Slovenia 49 anni fa, autore di fotografie e non vedente. Si avete letto bene, Bavcar rimase cieco all'età di 12 anni, ma nonostante questo tragico incidente non si diede per vinto ma lottò con tutte le sue forze e dapprima laureandosi alla Sorbona di Parigi in filosofia e contemporaneamente avviando la sua battaglia personalissima con la luce , iniziando a "creare" le sue fotografie. Dopo l'incidente che lo colpì, la luce divenne per Bavcar solo un lontano ricordo dell'infanzia: è malinconia negli occhi e nelle visioni di un fanciullo che non vede il mondo ma lo immagina come lo ricorda. Difatti alcuni anni fa Bavcar pubblicò un libro dal titolo: Nostalgia della luce. Buona parte dei suoi scatti sono paesaggi notturni: e le immagini che immortala sono visioni evocative di spazi, luci, odori e forme dell'infanzia, istantanee di percezioni tattili e sensoriali colte dal suo spregiudicato e poetico occhio interiore. Evgen Bavčar ci permette di "vedere" da un'altra prospettiva. Una fotografia - arricchente e inedita - che va al di là di quella tradizionale.
"La mia visione del mondo? La racconto attraverso una favola: in un villaggio di ciechi arriva un elefante. Alla sera, di fronte al fuoco i ciechi descrivono l' elefante. Chi ha toccato il naso dice: e' come un lungo tubo. Chi ha toccato le orecchie: e' come un tappeto. Chi ha toccato una gamba: e' una colonna. Ognuno dava una versione diversa per quello che aveva toccato. Anche noi siamo cosi' : tutti ciechi di fronte all' universo. Io vivo il buio come uno spazio, e in esso creo l' utopia
Per lui la notte è il luogo dove meglio si può apprezzare la luce. Bavcar non è solo un'intuitivo fotografo, ma è un poeta della luce, che oltrepassa la logica visione dei cosidetti normodotati.
Evgen Bavcar costruisce delle immagini mentali, perchè lui scatta in base ai rumori, ai profumi ai suoni. A volte tocca le sue "vittime", sfiora loro i volti, i capelli; insomma crea la sua fotografia, la immagina e poi scatta.
I ciechi hanno gli occhi nelle mani. L'esigenza del toccare e di tradurre il buio in un'immagine. Ed il toccare richiede cura e tempo, non può essere fugace come uno sguardo. Questo è un insegnamento bellissimo non solo per chi fotografa. |
Post n°95 pubblicato il 16 Giugno 2014 da emile_2013
Solamente le virtù che nascono dalla nostra coscienza spontanea rinforzano il nostro io e contribuiscono a formare la base che ne garantisce la sua completezza. L'inettitudine ad operare naturalmente, che si ravvisa in determinati soggetti, l'incapacità di manifestare ciò che realmente si prova e si pensa, la vergogna narcisistica di confessare un fallimento e il conseguente bisogno, quindi, di proporre uno finto io agli altri e a se stessi, è la base del sentimento d'inferiorità e di debolezza. Che ne prendiate coscienza o meno non esiste nulla di cui ci vergogniamo di più del fatto di non essere noi stessi, e non c'è niente che ci inorgoglisca di più che ci renda immensamente felici di pensare, sentire e affermare ciò che è nostro.
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Post n°94 pubblicato il 11 Giugno 2014 da emile_2013
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Post n°93 pubblicato il 07 Giugno 2014 da emile_2013
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Inviato da: vittorio.35
il 31/08/2014 alle 16:06
Inviato da: incielocomeinterra
il 29/08/2014 alle 07:03
Inviato da: incielocomeinterra
il 28/08/2014 alle 14:14
Inviato da: emile_2013
il 15/08/2014 alle 19:09
Inviato da: emile_2013
il 15/08/2014 alle 19:07