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Post n°99 pubblicato il 29 Giugno 2014 da emile_2013
Photo by Jacques Henri Lartigue.
Il genere umano contiene in sé un idea della felicità remota, antica intesa come soddisfazione e godimento quasi questa sia l'origine del bene, senza data e senza tempo. Parlo di quella esperienza di felicità stabile e duratura, non limitata o bruciata dall'attimo. La felicità di cui parlo è l'unica possibile in grado di rendere sopportabile il dolore, anche se il dolore fa parte della nostra vita e oltretutto ineliminabile. Ma la vita rappresenta anche apertura a infinite possibilità quindi il piacere di vivere e di esistere non deve coincidere con l'istante del piacere ma deve riferirsi alla realizzazione della vita intera. Non l'istante ma la qualità permanente è l'ambito in cui l'uomo può sviluppare la più alta felicità. Troppo spesso soffriamo per il raggiungimento di mete e finalità sollecitati dalla pressione dei contesti sociali, tuttavia la stragrande maggioranza delle azioni più gratificanti avviene casualmente, senza una finalità precisa con il solo fine di manifestarsi. Il piacere della vita è da ricercarsi nella volontà di viverla fino in fondo, nonostante il dolore, e di portarla a compimento al meglio secondo le proprie possibilità. La felicità si può cercare, attendere e non certo pretendere. l'unica possibilità dunque è quella di predisporsi ad essere felici.
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