Ad ogni artista è dato di raggiungere almeno una volta nella vita il “climax” di quella persistente ed inesplicabile percezione dell’essenziale ambiguità che sorregge la magmatica architettura del reale. Quando nel 1858 Wallis dipingeva il suo capolavoro “La Morte di Chesterton”, egli non faceva altro che tentare di rendere giustizia ad una di queste epifanie dello spirito estetico che, come una linfa afrodisiaca, scorre dietro il mutevole spettro dei sensi. Come quella di altri sommi preraffaelliti quali Burne-Jones, Millais e Rossetti, la visione di Wallis preconizzava in pieno il motivo dell’androgino botticelliano espresso dal pensiero dei grandi Pater e Swinburne, vessilliferi di quel “Movimento Estetico” che riconosceva nel sorriso ermafrodito della Gioconda e nella “femme fatale” di Coleridge le sue più appariscenti ipostasi artistiche. Gravido di un’altrettanta sublime quanto involontaria forza di verità panica, il film americano “Just one of the guys” (nella versione italiana “Un ragazzo come gli altri”) girato durante il rigurgito esofageo degli anni reaganiani, ancora oggi non cessa di esercitare la sua malia subliminale sulla mia sensibilità simil-preraffaellita. Di certo non per merito della squallida e desolante
Joyce Hyser e l'enigma dell'eterno androgino preraffaellita
Ad ogni artista è dato di raggiungere almeno una volta nella vita il “climax” di quella persistente ed inesplicabile percezione dell’essenziale ambiguità che sorregge la magmatica architettura del reale. Quando nel 1858 Wallis dipingeva il suo capolavoro “La Morte di Chesterton”, egli non faceva altro che tentare di rendere giustizia ad una di queste epifanie dello spirito estetico che, come una linfa afrodisiaca, scorre dietro il mutevole spettro dei sensi. Come quella di altri sommi preraffaelliti quali Burne-Jones, Millais e Rossetti, la visione di Wallis preconizzava in pieno il motivo dell’androgino botticelliano espresso dal pensiero dei grandi Pater e Swinburne, vessilliferi di quel “Movimento Estetico” che riconosceva nel sorriso ermafrodito della Gioconda e nella “femme fatale” di Coleridge le sue più appariscenti ipostasi artistiche. Gravido di un’altrettanta sublime quanto involontaria forza di verità panica, il film americano “Just one of the guys” (nella versione italiana “Un ragazzo come gli altri”) girato durante il rigurgito esofageo degli anni reaganiani, ancora oggi non cessa di esercitare la sua malia subliminale sulla mia sensibilità simil-preraffaellita. Di certo non per merito della squallida e desolante