Un film di Kathryn Bigelow. Con Ralph Fiennes,
Angela Bassett, Juliette Lewis - USA 1995.
"Sai come faccio a sapere che è la fine del mondo Lenny? Perché
tutto è già stato fatto, capisci? Ogni genere di musica è stata
provata, ogni genere di governo è stato provato, capisci? Ogni
ca**o di pettinatura, ogni orrendo gusto di gomma da masticare,
i cereali per la colazione, ogni tipo di schifoso... capisci che
intendo? Che ci resta da fare? Come faremo a sopravvivere,
per altri mille anni."
La potenza dei simboli e dei numeri è tale che, seppure la logica e il
ragionamento ci dicono che la fine del secolo e del millennio coinciderà,
come la fine di tutte le centinaia e le migliaia, con il numero 0 (100 e 1000),
gli umani continuano a pensare, in prospettiva, che la data da celebrare
o da dimenticare debba essere il 31 dicembre 1999.
Così, giustamente, Kathryn Bigelow se ne frega della matematica del
calendario e colloca il suo film Strange Days proprio nei due ultimi giorni
del 1999, vent’anni prima dell’era Biade Runner, con cui l’atmosfera fisica del
film è immediatamente collegata. E dove infatti si svolge Strange Days
se non a Los Angeles, città Babilonia, laboratorio delle paure e dei costumi,
la più grande e contrastata città-non città (a proposito della quale Federico
Fellini, alla domanda se ci fosse mai stato, rispose genialmente: “Sì, sette
o otto volte, ma non sono mai riuscito a trovarla...”)?
Eppure, anche se è girato splendidamente e i cosiddetti
“production values” lasciano senza fiato (in altre parole, anche
se si vede sullo schermo ciascuno dei molti milioni di dollari
che vi sono stati investiti), Strange Days
non ha, rispetto al fascino di Il buio s’avvicina o all’eccitazione di Point Break,
lo stesso potenziale: anzi, è prossimo al punto di rottura - per riprendere il
titolo del precedente film di Kathryn Bigelow - tra ricchezza
produttiva e idea portante.
Scritto dalla regista insieme a James Cameron, suo ex consorte, Strange
Days ha la semplicissima struttura di un hardboiled e molte atmosfere alla
Chandler, ma trasportate in un futuro degradato e inquietante alla Biade
Runner. Secondo la futurologa Kathryn Bigelow, nell’ultimo dicembre del
secolo (ma non succede qualcosa del genere già adesso? non sembrano
le scene degli incidenti di piazza la registrazione del pestaggio di Rodney
King?) Los Angeles sarà percorsa in lungo e in largo dalla polizia
antisommosse, e poveri, diseredati, emarginati saranno pronti in ogni
momento a devastare la città.
In questo clima da fine del mondo Lenny Nero (che è Ralph Fiennes
con la barba lunga dei ribelli), ex poliziotto radiato dal servizio,
perdente di nobili ascendenze letterarie e di umori filosofici che non riesce
a dimenticare una ragazzaccia molto amata (Juliette Lewis), non trova di
meglio che giocare al gioco perverso del voyeurismo, seppure in una forma
moderna ed estrema, facendo “il Babbo Natale del vostro subconscio”.
In altre parole, sotto il suo bel vestito firmato da Armani, Lenny è un trafficante
di “squid”, di emozioni forti registrate direttamente, attraverso una speciale
macchinetta, dalla corteccia cerebrale degli esseri umani: con tutto il loro
carico di passione, angoscia, paura, orrore. E il suo commercio lo porta a
contatto con un mondo di corruzione e di violenza morale dove la vera
droga sono le emozioni altrui, sempre più forti e più terribili (non sarà
per caso una metafora del bisogno di sensazioni sempre più violente, dei
rischi del divertimento e delle passioni vicarie che ci offre il cinema, non
sarà un gesto di autodenuncia della adrenalinica Bigelow, non annuncerà
una svolta nel suo cinema muscolare e “filosofico” insieme?):
in particolare quando si ritrova in mano due dischetti, uno che testimonia
l’omicidio di un rapper e un secondo dove è registrata la morte in
soggettiva di una vittima.
Kathryn Bigelow mescola nel suo “techno-noir” action movie
e love story, denuncia sociologica e arte visuale in un fantastico impasto,
più brillante sul piano della regia che su quello dello sviluppo narrativo.
PerchéStrange Days - che ha in Angela Bassett una inconsueta figura
di protagonista virilmente femminile, una donna del futuro capace di essere
al tempo stesso una madre sola e un’amica senza egoismi - è “troppo”:
rumoroso, trafelato, brillante, virtuosistico, ricco, morboso (anche se si
tratta di denunciare la morbosità del perverso meccanismo che prefigura).
L’ambizione e la dimensione hanno giocato contro Kathryn Bigelow: che
tuttavia con Strange Days si allinea, unica donna, tra i grandi visionari del
grande schermo, nobilitando con le idee l’idea di cinema d’azione.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996